Marino, il libro e il Pd. Cronache marziane dalla Capitale
01 Aprile 2016
Il libro di Ignazio Marino, "Un marziano a Roma", questo l’appellativo con cui è passato alla storia l’ex sindaco della capitale, parla di politica, del Partito democratico, di Mafia Capitale. Marino nel volume ripercorre i due anni, dal 2013 al 2015, in cui guida il Campidoglio, dopo l’esperienza della giunta Alemanno e il ritorno al potere della sinistra. In un contesto caratterizzato da una forte divisione nel pd romano, i big del partito, a ripercorrere la storia raccontata da Marino, decisero di puntare su un outsider, il "marziano" appunto, il chirurgo venuto a soccorrere la grande malata d’Italia, Roma.
Marino, dopo aver sconfitto alle primarie David Sassoli e l’attuale ministro Gentiloni, divenne sindaco di una città a cui, politicamente, era estraneo. Per il Pd, doveva essere l’arma della società civile, il portatore aggiunto pronto ad aprire ai matrimoni gay, che avrebbe compattato l’elettorato di sinistra e arginato l’avanzata dei 5 Stelle, ma proprio l’estraneità di Marino alle logiche romane, nel medio periodo, ne ha segnato la fine dell’esperienza politica. Al ballottaggio, Marino vinse con oltre il 60 per cento dei voti, ma da quel momento il sostegno piddino al sindaco inizia a scemare progressivamente. L’inchiesta su Mafia Capitale fa il resto, con gli arresti scattati tra 2014 e 2015.
Poi le tante polemiche: la panda rossa parcheggiata in centro mentre ci si vantava di averlo pedonalizzato, le bastonate del New York Times sul degrado della capitale, i "gialli" degli scioperi di Atac e della metropolitana, il botta e risposta con Papa Francesco, lo scandalo dei presunti rimborsi, fino alle dimissioni ormai sfiduciato dal Pd, dimissioni presentate, poi ritirate, fino alla fine prematura del mandato. Nel libro di Marino, è Renzi, il presidente del consiglio, ad aver voluto la sua testa. E adesso? Non è chiaro se il chirurgo sia pronto a candidarsi a sinistra di Giachetti, l’ex sindaco assicura di no ma verso dove andranno quei voti ancora legati a Marino?
Il j’accuse dell’ex primo cittadino, è stato pesantissimo: "Se avessi seguito tutti i consigli del Pd forse mi avrebbero messo in cella di isolamento", ha detto nei giorni scorsi Marino, spiegando di essere stato silurato da "partiti voraci" che "fingono di litigare durante il giorno e poi si siedono tutti a tavola con persone adesso anche arrestate". Il Pd? Lo voleva "in Alaska o in Nuova Zelanda", "avrebbe molto gradito che emigrassi" e giù all’attacco dei dirigenti romani del partito, della segreteria nazionale e di Renzi "un capo di governo che non è stato eletto da nessuno, che "un commissario governativo rispetto a un sindaco eletto direttamente da centinaia di migliaia di cittadini", si sarebbe reso artefice di "una lesione della democrazia che è stata considerata con molta attenzione e preoccupazione dalle cancellerie di tutti i Paesi stranieri".
Attacca, Marino, ma non si capisce quale sia l’obiettivo delle cannonate. Il Pd, a livello locale, risponde. Causi si è detto "offeso e rattristato", Esposito ha liquidato le ricostruzioni dell’ex primo cittadino come "balle marziane", Orfini ha parlato di "romanzo fantasy", Carbone di "delirio", Guerini si è riservato di leggere l’opera integrale per sporgere eventualmente querela, insomma i soliti stracci che volano a sinistra, e che non c’è bisogno di leggersi un libro per saper riconoscere.