Mario è ad una festa in spiaggia e io tra ustione e lacrime sembro Moira Orfei

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Mario è ad una festa in spiaggia e io tra ustione e lacrime sembro Moira Orfei

14 Agosto 2009

Sono stesa sul letto come un sacco di patate, a pancia in giù perché la schiena mi brucia terribilmente.

Dopo giorni di protezione solare pensavo di essermi fatta una buona corazza e oggi ho pensato bene di non darmi la crema per niente. PER NIENTE! Ma come mi è venuto in mente?

Sono un’idiota, me lo diceva sempre mio padre.

Poi si è trovato un’altra famiglia e ora lo dirà a qualcun altro.

Ho provato a chiamare Marta ma ha il cellulare staccato. Ho bisogno di parlare con qualcuno, vorrei poter entrare su facebook ma anche lì non troverei nessuno. Questa è una serata di festa per molti. Ma non per tutti.

Per Mario sì, lui è rimasto a fare i bagordi sulla spiaggia, chissà se almeno si è accorto della mia assenza. Mi guardo allo specchio: ho già pianto così tanto che ho le palpebre a salamino.

Tra ustione e lacrime sembro Moira Orfei di prima mattina. O forse uno dei suoi elefanti, tutta rugosa e col naso grosso.

Marzamemi è orribile e questo bungalow è il posto più brutto dove potessimo capitare, non ci sono nemmeno oggetti da tirare. (Cosa che non ho mai fatto in vita mia ma ora capisco perfettamente lo stato d’animo di chi lo fa nei film.)

Premessa: l’occasione a Mario l’ho trovata io.

Oggi in spiaggia mentre facevo finta di leggere un romanzo ma in realtà mi preoccupavo per il mio cicciopasticcio, partito mezz’ora prima per raggiungere a nuoto (!!!) l’isola di Vendicari (manco fosse la Pellegrini), mi si avvicina questa ragazza, Maria.

E’ in cerca di un accendino, le allungo il mio e iniziamo a chiacchierare. Mi chiede di dove siamo io e il mio fidanzato, se siamo venuti a trovare degli amici, mi racconta che lei è della zona ma ci torna solo d’estate perché il resto dell’anno vive a Milano, vorrebbe fare la giornalista, mi stordisce con la storia del suo impegno politico.

Praticamente una sorta di Mario al femminile, però con la quarta.

Parlando con lei non penso a tutte le catastrofi a cui può essere andato incontro la mia metà sull’isola e mi rilasso. La trovo carina (decisamente troppo, ma me ne accorgerò solo più tardi), esuberante (insopportabile, sempre col senno di poi), simpatica (una civetta odiosa).

Fatto sta che ci invita la sera stessa ad una festa sulla spiaggia. Accetto volentieri, l’ustione e il mal di testa non mi erano ancora saliti all’epoca… Mi congeda dicendo che passa da casa per una doccia veloce e ci diamo appuntamento, stessa spiaggia stesso mare, due ore dopo.

Quando Mario torna è sfiancato ma entusiasta per la nuotata, io lo sono per la festa e per la nuova “amica” sicula, ci raccontiamo, ci abbracciamo, ci rilassiamo ed ecco che Maria è già di ritorno con un gruppo innumerevole di persone che iniziano a montare barbecue e a offrire birre e pizzette.

Maria è una sirena. Bella come il sole. Abbronzantissima, con un top di pailettes che mette in risalto il seno rigoglioso, le gambe lunghe e ambrate avvolte in una microgonna di jeans.

Mario quando la vede deglutisce visibilmente.

Li presento e non posso non notare da subito un certo feeling.

Quando lei scopre che Mario lavora nella redazione di un giornale nessuno li ferma più.

Io intanto mi guardo.

Guardo le mie spalle ustionate, guardo i miei capelli mezzi cotonati dalla salsedine, la mia maglietta sbiadita e informe usata come copricostume. Guardo loro che parlano, ridacchiano e parlano di tessere. Parlano di tessere? M’infilo, cercando di essere spiritosa.

“Di che tessere parlate? Io ne ho a bizzeffe… da quella del supermercato a quella del benzinaio”.

Mario mi risponde serio: “Tessera di partito. Quella ti manca eh!”.

Le svela che a me la politica fa innervosire, mi sfottono un po’ e poi riprendono il loro téte à téte.

Sono frastornata, il mal di testa inizia a farsi sentire, li osservo ma non riesco a seguire i loro discorsi, capto solo qualche parola. PD, Grillo, l’immancabile Berlusconi, Franceschini…

Mi allontano un po’ pensando che così Mario verrà a cercarmi. Ma niente.

Bevo una birra, la testa mi scoppia, ho tutto il sole della Sicilia sulla pelle.

Provo a chiacchierare un po’ con gli altri che sono anche simpatici, ma non ce la faccio.

Raggiungo quello che dovrebbe essere il mio porto sicuro, l’altra metà della mela, il compagno della mia vita e gli dico che sono stanca e vorrei andare a dormire.

Lui mi abbraccia, mi dà un bacino sulla testa e mi sussurra: “Ciccia dai! La festa non è nemmeno iniziata! E poi restare potrebbe essere un investimento sul futuro della vacanza: se mi sfogo con Maria poi non vorrò sempre parlare di politica anche con te!”.

Il fatto che lui mi abbia chiamata Ciccia in quel contesto mi ha dato non fastidio, di più.

Il bacio sulla guancia e non sulle labbra mi ha provocato il primo tremolio labiale da bambina stupida. Il nome Maria pronunciato dalla bocca del mio fidanzato ha fatto tutto il resto.

Così me ne sono tornata in stanza, da sola e a piedi perché le chiavi della macchina ce le aveva lui.

Lui vuole una come Maria, non come me. Oltre a essere una zappa per quel che riguarda la politica, mi sento pure un cesso!

Ricomincio a piangere come una fontana, m’infilo sotto le lenzuola.

Sento la porta della stanza che si apre, è sicuramente lui. E ora che faccio? Una cosa che tutte le donne hanno nel DNA e che viene sempre fuori in momenti come questo: faccio finta di dormire. 

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