Massimo D’Alema, Repubblica e gli inventori di favole
16 Giugno 2016
Il retroscena di Repubblica su D’Alema che avrebbe detto voterei Raggi al ballottaggio è la cartina al tornasole del sistema dell’informazione renzizzata: siamo entrati nell’epoca della pubblicazione di intercettazioni mai realizzate, o, come ci spiega il cinema, degli inventori di favole.
Nel merito, si tratta di una ‘non notizia’. Lo sa pure la sora Cecioni che un elettore “storico” di sinistra del Pd, non capendo più che cosa ci si rimasto di sinistra nel Pd di Renzi, possa annusare l’aria e andare nella direzione del cambiamento votando 5 Stelle oppure votando No al referendum costituzionale di ottobre.
Ma una cosa è attribuire tutto questo a uno sconosciuto elettore piddino, altra cosa affibbiarlo a un leader di caratura nazionale qual è Massimo D’Alema. Quest’ultimo oggi ricorda di aver già preso da tempo posizione pubblica per il No al referendum, mentre sul ‘voterei Raggi’ smentisce decisamente: “Non ho mai parlato della Raggi”, nemmeno nello scambio di battute avvenuto a margine di un evento della Fondazione ItalianiEuropei con Magna Carta, che comunque non rappresenta certo una dichiarazione pubblica.
E questo ci porta al ‘metodo’ Repubblica. In passato i republicones ci avevano già deliziato con la loro particolare idea del giornalismo dando alle stampe ogni tipo di intercettazione, anche quelle buone solo a mascariare il malcapitato di turno. Oggi fanno un passo avanti adeguandosi alle bad practices della stampa scandalistica, quella che spara notizie virgolettando cose non ascoltate direttamente dal giornalista, e prive di fonte certa.
La questione del “voterei Raggi” avrebbe potuto chiudersi subito dopo la prima smentita di D’Alema, ma il direttore dei republicones ha voluto aggiungerci un carico da novanta scrivendo un editorialino nel quale si rivendica la notizia e pure il metodo del virgolettato. In sintesi ha detto: ho più fonti (ma non le cita e restano misteriose) e il virgolettato l’ho riportato sulla base di quanto mi è stato riferito.
Grande scuola di giornalismo, roba da vero aplomb anglosassone. Che ne pensa Scalfari, il fondatore del quotidiano? Con questo stesso metodo si potrebbe virgolettare qualunque frase (cose inventate, come “Calabresi afferma: su D’Alema ho scritto quello che mi chiedeva Renzi”) e poi dichiarare che si hanno un sacco di fonti che però non si possono svelare.
Il renzismo, dopo aver agito sulle istituzioni, ha spostato la sua attenzione e i suoi metodi sulla stampa, che ora è allineata al manovratore, attenta a pubblicare cose gradite e utili alla causa. La causa: trovare un capro espiatorio comodo per la prevedibile batosta piddina al ballottaggio romano da una parte, fare propaganda per il Sì al referendum renziano dall’altra.
Ecco, per capire fino in fondo dove può spingersi questo ‘metodo’ giornalistico suggeriamo ai nostri lettori di vedersi un film molto istruttivo sulla materia e dal titolo eloquente: l’Inventore di favole, appunto. La storia (vera) di un reporter di un giornale americano, Stephen Glass, che fa rapidamente carriera a suon di scoop spettacolari sulla politica Usa fino a quando un suo collega non lo coglie in castagna scoprendo che gli articoli di Glass erano in gran parte o del tutto inventati.
Nel caso specifico, il giornalista deformava e falsificava le notizie per una questione di celebrità e successo personale. Il caso D’Alema è diverso, e lo spiega proprio il più autorevole opinionista di Repubblica, Stefano Folli. “C’è il rischio concreto che il premier-segretario metta in conto alla minoranza la sconfitta nelle città”, scive Folli oggi, e aggiunge: “le affermazioni attribuite a D’Alema definiscono il quadro di un’operazione siffatta, sono un’involontario favore al nemico di Palazzo Chigi”.
Ecco. Il problema è quella parola, “involontario”. La libertà della stampa, il giornalismo corretto e onesto si gioca tutto su quella parola: bisognerebbe capire quanto involontarie siano state le dichiarazioni di D’Alema (false, secondo lui), e quanto l’operazione possa essere stata volontaria, e organizzata, da parte di altri.