Mastella – Di Pietro zero a zero, arbitro Prodi

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Mastella – Di Pietro zero a zero, arbitro Prodi

Mastella – Di Pietro zero a zero, arbitro Prodi

23 Ottobre 2007

Alle 17,30 di martedì del pomeriggio Mastella ha incassato la “piena fiducia “ di Prodi e quindi almeno per oggi il caso è chiuso.

Certo oramai la stabilità dell’attuale maggioranza è legata a questa singolar tenzone tra Antonio Di Pietro e Clemente Mastella, rispettivamente ministro per le infrastrutture e di grazia e giustizia. Con in mezzo, quale terzo incomodo, il magistrato della procura di Catanzaro Luigi de Magistris. Che anche oggi non ha potuto fare a meno di dare la propria intervista quotidiana a Radio 24 affermando tra l’altro di avere detto quello che ha detto in tv e sui giornali agendo per “legittima difesa”  e di non volere commentare “le parole in libertà” del ministro e che a ogni buon conto il conflitto di interessi non è il suo personale ma “quello di altri”.

Specificando inoltre che lui sta facendo tutto ciò (leggi: si sta sovresponendo mediaticamente,ndr) “per difendersi” da chi lo delegittima. Un copione già visto tante volte nelle vicende politico giudiziarie all’italiana degli ultimi venti anni.

E naturalmente Di Pietro gli ha tenuto bordone profetizzando per De Magistris la stessa fine che ha fatto lui, l’ex “eroe di mani pulite”, allorchè varie inchieste cominciarono a coinvolgerlo.

A metà mattinata, dopo che ciascuno aveva parlato con il proprio referente mediatico, facendo a gara a chi la sparava più grossa, c’è stato anche “il giallo” delle dimissioni.

Che vengono date, annunciate, ritirate, paventate, ma  mai definitivamente rassegnate da Clemente Mastella.

Infatti il ministro di grazia e giustizia, oramai si dimette o fa finta di farlo a settimane alterne. Circostanza che sarà accaduta almeno una decina di volte dall’inizio della legislatura.

E, a dire il vero, anche il  suo immaginario antagonista Antonio Di Pietro, ministro delle infrastrutture, minaccia un giorno sì e l’altro pure, senza mai mettere il nero sul bianco, di presentare mozioni ad hoc contro Mastella in Parlamento.

In tutta questa sceneggiata però è lo stato di diritto a rimetterci. Perché i retroscena della partita che si sta giocando sulla pelle della giustizia e dei cittadini italiani sono pesantissimi, e tra Mastella e Di Pietro la vera gara è quella a compiacere i giudici.

 Il cui strapotere ormai produce casi come quello di questo pm Luigi de Magistris che, pur partendo da un’inchiesta sacrosanta, crede di potere e di dovere andare avanti a colpi di intercettazioni telefoniche a cascata, mettendo praticamente sotto inchiesta e sotto sorveglianza le telefonate dell’intera classe dirigente italiana.

Alla fine tutto il can can iniziato intorno alle 11 con una nota Adnkronos, poi smentita, che diceva che Mastella si era recato da Prodi per rassegnare le proprie dimissioni, partoriva questo misero e criptico comunicato in puro stile democristianese:

“L’ufficio politico dei Popolari-Udeur prende atto con viva preoccupazione che da settimane una componente della maggioranza parlamentare ritiene sbagliata la politica giudiziaria dell’intero governo. A tali ripetuti giudizi questa componente non fa seguire le conclusioni tipiche di una democrazia moderna e trasparente, e cioè il ritiro della propria delegazione da un governo di cui non si condivide la politica giudiziaria. Il Guardasigilli ha il dovere di determinare nell’odierno Consiglio dei ministri un chiarimento definitivo sulla linea che il governo ha sin qui seguito nella politica giudiziaria, chiedendo a ciascuno di ripristinare quella coerenza tra giudizi e comportamenti senza la quale non sarà più possibile mantenere in vita l’attuale coalizione. Qualora fosse disattesa questa richiesta di chiarimento, l’ufficio politico invita il Guardasigilli e la delegazione governativa ad assumere le conseguenti determinazioni e decisioni. L’Ufficio politico si augura che il senso di responsabilità istituzionale prevalga su tutto, così come giustamente ha osservato il capo dello Stato”.

Il balletto delle dimissioni è poi andato avanti sino alle quattro del pomeriggio, alternato con dichiarazioni da sagra dell’ovvio come “l’inchiesta vada avanti velocemente”, o “io non replicherò più a De Magistris”.

Si diceva però che la vera materia del contendere tra Di Pietro e Mastella è un’altra, opportunamente celata ai più: ossia una sorta di non nobile gara a chi si dimostra più giustizialista all’opinione pubblica di sinistra  e a quella della cosiddetta anti politica.

 Cioè coloro che hanno Grillo per la testa. Con effetti collaterali da non sottovalutare: ad esempio lo strapotere dato dallo stesso Mastella al partito dei giudici. Le cui quinte colonne siedono al ministero nei posti chiave dell’ufficio legislativo del ministro, con l’incarico, praticamente, di espungere dalla costituzione il giusto processo e dal processo penale le garanzie per gli imputati.

E , in una relazione consegnata alcuni giorni orsono e letta al congresso dell’Unione delle camere penali italiane a Treviso, queste garanzie vengono descritte come “superflue”. Così come gli avvocati vengono dipinti come una casta dedita a “tattiche dilatorie” per difendere i propri clienti dal processo più che nel processo.

 E a proposito di processi, i magistrati distaccati generosamente dal Csm al ministero di Mastella oramai celebrano solo quelli “alle intenzioni” dei politici. E fanno e  disfano leggi cercando di saziare a più non posso il coccodrillo giustizialista.

Al ministero inoltre, vista la scelta emergenzialista che si è fatta grazie anche  alle imposizioni dei suddetti magistrati fuori ruolo, vengono tenuti accuratamente nascosti i dati dell’applicazione della legge Gozzini (bersaglio grosso di tutti i forcaioli in servizio permanente effettivo) per l’anno in corso.

Dati che sono però stati scovati da alcuni deputati della Rosa nel Pugno e che parlano assai chiaro: in un anno su 42,340 persone cui è stato applicato un qualche beneficio della legge in questione, dai permessi premio al lavoro esterno, dagli sconti di pena all’affidamento in prova ai servizi sociali, solo 132 di esse non hanno ripagato quella fiducia tornando a delinquere.

 Percentuali quindi del tre o quattro per mille, quasi ridicole, che non giustificano questa campagna mediatica ossessiva. Che è stata abilmente orchestrata dai giornali vicini tanto al partito dei giudici quanto alla maggioranza di governo per forzare la mano all’esecutivo e all’opinione pubblica affinchè ancora una volta prevalga una logica emergenziale che, per ora, rischia di partorire solo paradossi.

 Se infatti è giusto punire più severamente chi mette a repentaglio la vita altrui guidando ubriaco o drogato, prevedendo specifiche aggravanti nel caso di perdite di vite umane, è assurdo dare dieci anni di carcere per un omicidio colposo quando per quelli volontari la media delle pene che vengono comminate è inferiore a quattordici anni . Ma tant’è: la vera posta in gioco in queste continue ammuine tra Di Pietro e Mastella è appunto lo smantellamento totale di quel poco di stato di diritto che ci rimane in Italia. E visto che nel 2008, il 18 giugno, verranno commemorati i venti anni dalla morte di Enzo Tortora, si può senza tema di smentite affermare che la sua lezione e il suo calvario non sono serviti a niente ai politici italiani.