Mastella indagato. Si aggrava la tensione tra politica e magistratura

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Mastella indagato. Si aggrava la tensione tra politica e magistratura

19 Ottobre 2007

Accontentarli è pressoché impossibile. Ai magistrati
associati, se dai un dito
pretendono il braccio. E adesso tutti o quasi i procuratori capo d’Italia sono
pronti a marciare su Roma, anzi sul ministero di Clemente Mastella, per protestare
contro la direttiva che di fatto azzererà entro poche settimane  i vertici degli uffici giudiziari  che abbiano superato i quattro anni di permanenza
nell’incarico direttivo. Si sono già organizzati eleggendo loro capo carismatico
Marcello Maddalena, lo storico procuratore capo di Torino, quello che fa i
libri insieme al polemista Marco Travaglio, e adesso pretendono che il
ministero ritorni sui propri passi: non si può interrompere un’emozione
giudiziaria così di botto.

Naturalmente c’è anche una lezione da imparare, per Mastella
certo – che proprio ad oggi, secondo quanto rivela il quotidiano Libero, risulterebbe iscritto nel
registro degli indagati proprio da parte del pm Luigi De Magistris – ma anche per tutto il centro sinistra e per quelle aree del centro
destra che ancora ingenuamente coltivano l’idea di farsi amico il cosiddetto “partito
delle procure”: il coltello dalla parte del manico, o meglio l’ordine di
custodia cautelare o di disporre imbarazzanti intercettazioni telefoniche e poi
di divulgarle, ce l’hanno loro. Non la politica.  E questo postulato implica un
corollario: la suddetta politica non può attuare con la magistratura associata
e fattasi partito il famoso proverbio tuareg che dice “bacia la mano che non
puoi tagliare”. Infatti di fronte a questo impotente centro sinistra, e in
futuro probabilmente di fronte agli omologhi responsabili del settore giustizia
del centro destra, c’è un coccodrillo mai sazio ed illudersi di accontentarlo
con dei bocconcini che al massimo possono servire come ouverture rimanda solo
la data (ma non di molto) del piatto forte.

Che poi è la politica stessa che alcuni magistrati pretendono
non solo di condizionare pesantemente ma di guidare per mano. Specie quando sono in
ballo gli interessi della loro casta. Un ulteriore esempio si è visto in questi giorni, con un gip
come la Clementina Forleo
che può permettersi di svillaneggiare il ministro in carica reo di averle
offerto la propria solidarietà, sia pure di routine, alla notizia del recapito
della busta contenete un proiettile spedita tanto a lei quanto al
collega Luigi de Magistris.

Rispedire al mittente la solidarietà  di un ministro,
indicandolo esplicitamente come uno dei responsabili indiretti della propria
situazione di “isolamento” nonché delle minacce ricevute equivale a tirare un
bel guanto di sfida in faccia non solo a Mastella, o al centro sinistra, ma a
tutta la politica italiana. E infatti questo tipo di magistrati preferiscono
delegare alla piazza, compresa quella televisiva di alcuni spregiudicati anchor
man, le loro ragioni nonché le loro stesse inchieste.

Cosicché ieri sono apparse quanto meno frettolosi i sarcasmi
di uno come Francesco Storace (cui i magistrati recentemente non hanno proprio
fatto mancare nulla) che si è affrettato a chiedere con disprezzo allo stesso
Mastella se ora “aveva intenzione di fare cacciare anche la Forleo dopo de
Magistris”. E che doveva fare Mastella per compiacere la Forleo? Suicidarsi in
diretta?

La verità è che mai come in questi momenti la politica deve
avere il coraggio di superare le fazioni e gli schieramenti per fare fronte contro
queste ingerenze e contro queste prepotenze.

Così forse si riuscirà anche a spiegare ai cittadini, che la
cosiddetta anti politica pretende di rappresentare, come mai la gran parte dei
procuratori capo d’Italia è decisa a protestare anche clamorosamente contro una
semplice norma contenuta nella riforma Mastella (che fra poco entrerà in vigore
sostituendo quella di Castelli che lo stesso centro sinistra si è impegnato,
anzi prodigato allo spasimo, a vanificare per “fare un favore ai magistrati”)
che prevede che gli incarichi direttivi diventino temporanei. E cioè che
sulla poltrona di capo di un ufficio giudiziario non si potrà sedere per più di
4 anni, rinnovabili una sola volta, ma solo comunque partecipando a un nuovo
concorso. E che inoltre i responsabili degli uffici giudiziari saranno sottoposti
a un controllo di gestione ogni due anni: chi si rivelerà inadeguato perderà
l’incarico. Che c’è da mobilitarsi contro questa legge? Dove sta la carica
eversiva del tutto? I magistrati a capo di questi uffici, alcuni anche da dieci
anni, temono di perdere il potere 
acquisito peraltro senza che nessuno li abbia mai eletti? Oppure
dobbiamo fare finta di credere alla storia che raccontano loro in questi casi?
E cioè che, trasferendoli ad altra sede, “si perde la memoria storica della
lotta alla mafia”, alla ‘ndrangheta, alla camorra, al terrorismo islamico e
nostrano, ai pedofili, ai lavavetri, e via di seguito, ciascuno secondo quello
che passa il rispettivo convento giudiziario?