Mastella stacca la spina al governo e segna la fine del centrosinistra
21 Gennaio 2008
Clemente Mastella ha deciso di staccare la spina al governo. Di dire “basta” all’ esperienza del centrosinistra. L’Udeur esce dalla maggioranza e si avvia, come lo stesso ex Guardasigilli ha spiegato in una conferenza stampa al termine di un difficile ufficio politico del partito, a votare. “Siamo per le elezioni anche se non è nostra prerogativa”. Lavorando “con tutte le forze che saranno disponibili a prendere in mano la bandiera della libertà e della giustizia senza le quali non c’è politica che non sia avvilente pratica politicante”.
L’annuncio è arrivato nel tardo pomeriggio a conclusione di una giornata febbrile e concitata per il governo, dove umori e sensazioni di diverso segno si sono succeduti. Anzi nel pomeriggio sembrava che Prodi avesse trovato la quadra nella sua maggioranza. Alla Camera per domani sulla relazione sulla giustizia che avrebbe dovuto presentare lo stesso Mastella e poi sulla mozione di sfiducia a Pecoraro Scanio per mercoledì al Senato. A Palazzo Chigi si respirava addirittura un cauto ottimismo condito dalla convinzione che così come erano passati altri momenti difficili sarebbe passato anche questo. Ed invece la situazione è precipitata con la scelta del leader dell’Udeur di sfilarsi e di dichiarare “finita l’esperienza nel centrosinistra”. Il tutto dopo un ufficio politico del Campanile che però nei fatti, come raccontano i presenti, è servito più per ratificare la decisione. Una scelta che lo stesso Mastella ha comunicato in una lettera circostanziata a Romano Prodi, in cui precisa i punti che lo hanno spinto a mettere in crisi il governo.
All’origine della sua scelta, neanche a dirlo, gli eventi giudiziari dello scorso fine settimana che portarono Mastella prima alle dimissioni e poi alla decisione di appoggio esterno. Sotto accusa il governo e la coalizione che per il leader di Ceppaloni si sarebbe dovuto caratterizzare “per la capacità di porre fine allo scandalo della giustizia ingiusta, delle intercettazioni usate come grimaldello per violare i diritti elementari della persona, e questo a ogni livello della vita sociale e politica, dall’uomo comune, dall’imprenditore, dal sindacalista, dal politico al ministro”. Da qui l