Matrimoni omosex, la Consulta rimanda la discussione e Bersani delude i gay

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Matrimoni omosex, la Consulta rimanda la discussione e Bersani delude i gay

24 Marzo 2010

La Corte costituzionale ha rimandato a sorpresa la discussione sulla questione dei matrimoni gay a dopo Pasqua, probabilmente al 12 aprile, una volta che la campagna elettorale sarà finita e le urne saranno ormai chiuse. Una decisione che sembra trovare il consenso di tutte le parti, visto l’alto rischio della strumentalizzazione politica dell’argomento da parte dei candidati alle regionali del prossimo 28 e 29 marzo. Ma la dichiarazione del leader del Pd Pier Luigi Bersani, che si è "guadagnato" una bacchettata sia dalle associazioni gay sia da alcuni suoi colleghi di partito dopo le dichiarazioni rilasciate in un’intervista, dimostra che non tutti sono disposti a non interferire nella decisione della Consulta.

Bersani non è riuscito a contenersi e nel corso di "Mentana Condicio", in onda su Corriere.it, ha detto: “E’ giusto regolare le unioni anche tra i gay, ma non come matrimoni. Uno Stato che non regola le convivenze stabili viene meno a un suo compito”.

Dichiarazioni che non sono piaciute né ad alcuni colleghi di partito né alle principali associazioni gay. Per la deputata del Pd Anna Concia, fare dichiarazioni mentre la Corte Costituzionale era ancora riunita in camera di Consiglio è “una cosa inopportuna”. Infatti, la parlamentare tiene a sottolineare che quelle del leader dell’opposizione sono solo opinioni personali: “Il Pd è un partito plurale, prima di decidere una posizione sui matrimoni tra persone dello stesso sesso, Bersani dovrà fare una discussione democratica, che coinvolga tutti”, chiosa la Concia sottolineando che questo dovrà avvenire solo dopo il pronunciamento della Consulta.

“Bersani la smetta di pontificare sui sì e sui no ai matrimoni gay. Piuttosto ricordi che il suo Governo ha già fallito tutte le vie di mezzo: i Pacs, i DiCo e i Cus. Ripensi a quando con la balla dei diritti individuali erano riusciti di fatto a far sparire la coppia” ha detto Daniele Priori, segretario di GayLib (omosessuali di centrodestra). Anche Franco Grillini, presidente dell’associazione Gaynet ed ex parlamentare, esprime la sua perplessità nei confronti di Bersani: “Sarebbe stato meglio invece una sincera autocritica sull’incapacità della sinistra di portare a casa alcunché su questi temi anche quando è stata in maggioranza, anche quando è stata al governo”. In particolare, Grillini accusa il leader del Pd di “esprimersi solo a parole” sui diritti delle minoranze ma, nei fatti, “la chiassosa minoranza teodem con i suoi ‘principi non negoziabili’ riesce sempre a mettere il veto anche a livello locale”. Non meno irritati sembrano i membri dell’associazione 3D – Democratici per Pari Diritti e Pari Dignità, il cui presidente Carlo Santacroce accusa apertamente Bersani di aver voltato faccia: “Al Congresso nazionale di Arcigay aveva annunciato l’apertura di un dibattito sul tema nel Partito Democratico. Oggi assistiamo, al contrario, a una presa di posizione netta e ben definita”.

Nel calderone delle proteste non è mancata una voce, sicuramente fuori dal coro. Il Movimento Italiano Genitori (Moige), lancia infatti una provocatoria (e ironica) osservazione e invita a non perdere tempo a discutere sulla regolarizzazione delle unioni gay attraverso il matrimonio: tanto oggi, per colpa di un sistema fiscale che penalizza le famiglie, non conviene sposarsi!

I fatti. I giudici della Corte Costituzionale, nella seduta dello scorso 23 marzo, hanno deciso di non discutere le questioni di legittimità sollevate da quattro tribunali italiani dopo che gli ufficiali di Stato civile dei Comuni di Firenze, Venezia, Trento e Ferrara avevano rifiutato a quattro coppie omosessuali le pubblicazioni matrimoniali. Dopo le festività, quindi, la Consulta dovrà stabilire se, alla luce degli articoli 2 e 3 della Carta costituzionale, l’accesso all’istituto del matrimonio debba essere garantito a tutti i cittadini senza alcuna discriminazione.

Dopo il fallimento dei Pacs (patto civile di solidarietà) e il miraggio dei Dico (diritti dei conviventi) in Parlamento, per i sostenitori del matrimonio tra omosessuali, quella di appellarsi alla Corte  Costituzionale è ormai l’unica “via legale” da perseguire. Nel caso in cui dovesse rilevare che nel Codice Civile esiste una violazione della Carta, il Parlamento si troverebbe di fronte all’obbligo di sanare un’incostituzionalità presente nel sistema giuridico italiano. In questo caso, dopo 40 anni di lotta per i diritti civili, il legislatore sarebbe così costretto dal massimo tribunale a prendere posizione in materia intervenendo nella disciplina dei matrimoni oppure in quella delle unioni civili. Per di più, anche la giurisprudenza comunitaria, e varie sentenze delle Corti di Strasburgo e Lussemburgo, hanno sollecitato più volte gli stati dell’Unione europea a dare una risposta alle esigenze delle coppie di fatto, incluse quelle omosessuali.

Dal canto suo, la Presidenza del Consiglio, tramite l’avvocatura dello Stato, ha ribadito però che il matrimonio si basa sulla differenza tra i sessi e ha rivendicato il primato del legislatore a decidere su una materia tanto delicata. Carlo Giovanardi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri con delega alle politiche per la famiglia si dice sicuro della bocciatura del ricorso: "La Consulta non può bocciare la Costituzione italiana” ha affermato riferendosi all’incrontrovertibilità delle coppie classiche rappresentate da un uomo e da una donna.

Ma il rinvio della sentenza rappresenta, per le associazioni gay, soprattutto una speranza. Il fatto che non sia stata data una bocciatura secca “indica una volontà di riflessione della Consulta sull’argomento” afferma Paolo Patanè, neopresidente di Arcigay, che sottolinea come, comunque vada, “almeno è stato riaperto un dibattito sui matrimoni gay e sulle unioni civili, due battaglie parallele”. Anche per il Comitato “Sì, lo voglio” la decisione è “un buon segnale” perché “in questo modo si evita lo sciacallaggio della campagna elettorale e il pericolo di una strumentalizzazione politica” e perché mostra “un grande senso di responsabilità istituzionale”.