McCain, questione di carattere

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McCain, questione di carattere

30 Aprile 2008

“Negli anni ha preso posizioni impopolari ed anche se non sono sempre d’accordo con lui, riconosco che è un uomo di carattere. Gli altri due, invece, direbbero qualsiasi cosa pur di prendere voti”. A pensarla così su John McCain, riporta USA Today in un reportage, è Tim Quinn, 61 anni, elettore indipendente dello Stato di New York. Un’opinione condivisa da tanti americani stanchi della sfida infinita, sempre più virulenta e sempre più autoreferenziale, tra Hillary Clinton e Barack Obama. Secondo un sondaggio del centro studi “Pew Research”, solo il 29 per cento degli statunitensi sta seguendo con attenzione la campagna elettorale, mentre il 50 per cento giudica negativamente i toni del confronto tra i due senatori democratici (a metà febbraio, erano il 28 per cento). McCain, che intanto promette più peso alle famiglie e meno al governo nel sistema sanitario, se ne avvantaggia giorno dopo giorno. E così, quello che solo sei mesi fa sembrava impossibile, ora appare perfino probabile.

 

Paradossalmente, le chance del senatore dell’Arizona dipendono in buona parte da fattori esterni alle sue capacità: lo stato dell’economia nazionale, gli sviluppi della situazione in Iraq, le scelte dell’inquilino della Casa Bianca. Per due terzi degli americani, McCain è un eroe di guerra che in politica ha sempre mantenuto un profilo indipendente rispetto agli interessi di partito. Ma, e questo “ma” potrebbe costargli la presidenza, pesa come un macigno il suo rapporto con il presidente uscente. McCain deve infatti distanziarsi dall’impopolare Bush senza tuttavia perderne il sostegno. Equazione non facile. Anche nei giorni scorsi, il senatore dell’Arizona è tornato ad attaccare l’amministrazione per il modo in cui ha gestito l’emergenza Katrina. Sulla strategia in Iraq (“the surge” del generale Petraeus), invece, Bush e McCain sono in sintonia. Non potendo attaccare la persona, i Democratici – in particolare il presidente del partito Howard Dean – puntano perciò a far passare l’idea che l’elezione di McCain regalerebbe “un terzo mandato a George W. Bush”.

 

D’altro canto, il senatore repubblicano non ha ancora il supporto unanime della base conservatrice. Sintomatico il risultato delle primarie del partito dell’Elefante in Pennsylvania, ovviamente oscurate da quelle apertissime in campo democratico. Nonostante McCain abbia già conquistato il numero di delegati necessari per la nomination, in Pennsylvania 200 mila elettori hanno deciso, complessivamente, di votare per Ron Paul, strenuo oppositore della guerra in Iraq, o per il cristiano conservatore Mike Huckabee, per di più già ritiratosi da tempo. Ogni tanto, poi, arriva qualche scossone: in questi giorni, il New York Times ha “svelato” che, per alcuni mesi di campagna elettorale, John McCain ha usufruito del jet della moglie, a capo della “Hensley and Company”, per risparmiare soldi. E ciò dopo avere dichiarato, l’estate scorsa, che non avrebbe fatto ricorso al patrimonio della moglie Cindy nella corsa verso Pennsylvania Avenue.

 

Detto questo, McCain ha però un enorme vantaggio rispetto ai suoi avversari: un solo fronte su cui combattere. Obama e Hillary si attaccano a vicenda, ma allo stesso tempo devono fronteggiare il senatore repubblicano con enorme dispiego di energie. La loro strategia appare confusa, a volte contraddittoria. Caso eclatante di questi giorni è la proposta di John McCain di sospendere la tassa sul carburante nei mesi estivi, in modo da far risparmiare gli americani sulle spese per la benzina. L’idea ha trovato il sostegno di Hillary Clinton. Obama, invece, si è opposto bollandola come una trovata demagogica. D’un tratto, è sembrato che ci fosse un asse comune Clinton-McCain opposto ad Obama, giudicato da entrambe insensibile alle esigenze dei meno abbienti. Il senatore afro-americano, peraltro, sta vivendo il momento più difficile della sua campagna elettorale. Il pastore Jeremiah Wright, di cui Obama è stato parrocchiano e seguace, non ha alcuna intenzione di tacere dopo aver messo in grave imbarazzo il candidato democratico con le sue dichiarazioni antisemite e antiamericane (l’11 settembre, aveva detto, gli USA se lo sono sostanzialmente meritato). Obama ha già nettamente preso le distanze dal reverendo da settimane, ma la vicenda (riesplosa in questi giorni) lo sta mettendo in seria difficoltà. Wright, estimatore del leader islamico Farrakhan, ha affermato che il corpo dei Marines è paragonabile alle legioni romane che crocifissero Gesù e che la bandiera americana e quella di Al Qaeda sono la stessa cosa. Affermazioni censurate da McCain e Cinton, ancora una volta fianco a fianco contro Obama. Il soldato McCain sa come spaccare il fronte democratico: “Divide et impera”.