Medio Oriente: “Jerusalem Post”, Trump in Israele e l’importanza dei simboli

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Medio Oriente: “Jerusalem Post”, Trump in Israele e l’importanza dei simboli

23 Maggio 2017

Il presidente degli Stati Uniti è arrivato in Israele poco dopo mezzogiorno lunedì per la seconda tappa del suo tour ufficiale all’estero. Trump ha trascorso il pomeriggio a Gerusalemme, incontrando il presidente e il primo ministro di Israele e facendo tappa presso alcune delle attrazioni della Città Vecchia. Al centro della visita ci sono stati sicuramente gli sforzi di Washington per rilanciare il processo di pace israelo-palestinese. “L’Iran non avrà mai armi nucleari”, è stata la inequivocabile dichiarazione di Trump alla conferenza stampa con il premier israeliano. Il “Jerusalem Post” dedica, intanto, un lungo editoriale alla visita nel quale si esvince che per quanto Trump possa essere accusato di imprevedibilità e, “dai più iperbolici, addirittura di essere una minaccia alla democrazia“, l’inquilino della Casa Bianca resta “il leader eletto del più importante alleato di Israele nel mondo”, e la sua visita “un inequivocabile segnale ai nemici di Israele che gli Usa restano con decisione alle spalle del paese”. 

Israele, prosegue l’editoriale, “ha bisogno di un abbraccio per sentirsi sicuro”. Del resto le accuse riguardanti i presunti contatti del presidente Usa con la Russia occuperanno le prime pagine della stampa statunitense, scrive ancora il “Jersualem Post”, ma non occupano certo le menti degli israeliani, che sono interessati in gran parte al sostegno della prima potenza mondiale: un sostegno trasmesso pubblicamente tramite “le dichiarazioni pubbliche” che segnano la visita del presidente a Israele. Il quotidiano, in questo modo, evidenzia uno dei problemi che il paese aveva con l’ex presidente Barack Obama. Ricordando, poi, come la prima visita di Obama a Israele richiese quattro anni, mentre quelle ad altri paesi della regione – a cominciare dalla Turchia, passando poi per Egitto e Arabia Saudita – arrivarono dopo appena sei mesi. 

Intanto i leader arabi che hanno incontrato il presidente Usa Donald Trump domenica scorsa a Riad hanno ribadito di essere pronti a nuove aperture verso Israele sul piano economico e commerciale, a patto che si registrino progressi concreti sul fronte dei negoziati di pace israelo-palestinesi. Stando a fonti governative anonime citate da “Haaretz“, Trump ha sottolineato, durante i colloqui con il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, e con il presidente Reuven Rivlin, che tutti i leader arabi presenti al vertice di Riad, e in particolare il re saudita Salman, hanno sollecitato una ripresa effettiva del dialogo per la soluzione della crisi mediorientale. “Trump ha parlato approfonditamente dei suoi incontri in Arabia Saudita, e ha assicurato che il mondo arabo vuole la pace e che la pensa così anche il presidente palestinese Mahmoud Abbas“, ha dichiarato il funzionario israeliano.

Durante la conferenza stampa alla residenza del premier Netanyahu a Gerusalemme Trump ha voluto anche ribadire  a Israele le accuse di promozione del terrorismo mosse contro Teheran, ed ha citato l’esigenza di contrastarne l’influenza nella regione.”Gli Usa e Israele, insieme agli alleati della regione, devono cominciare ad affrontare la minaccia del regime iraniano, che sta causando cosi’ tanta sofferenza nell’area”, ha detto il presidente statunitense. E come prova di buona volontà, ieri il governo di Gerusalemme ha annunciato una serie di misure tese a migliorare le condizioni economiche della Cisgiordania. Nel corso della sua visita in Israele, inoltre, Trump è divenuto il primo presidente Usa in carica a visitare il Muro del pianto.