Meglio trattare con i finiani che cadere nella trappola del governo tecnico
02 Agosto 2010
Proprio perché nel PdL non esiste il precetto del “credere, obbedire e combattere” ci prendiamo la libertà di esprimere qualche riserva – ovviamente a titolo assolutamente personale – sulle vicende che, la scorsa settimana, hanno portato alla nascita di un nuovo gruppo parlamentare all’interno della maggioranza (sempre che esista ancora). Che la situazione fosse ormai divenuta difficilmente sostenibile era a tutti evidente; che si dovesse arrivare ad un momento anche traumatico di chiarimento lo era altrettanto. Ma c’è modo e modo.
Innanzi tutto, era proprio necessario infilarsi in questo tormentone alla fine di luglio, un attimo dopo che la Camera aveva varato la manovra? E ancora, non bastava deferire ai probiviri i deputati più esposti, senza attaccare direttamente il Presidente Gianfranco Fini con una reprimenda (il documento) parecchio discutibile? Bastava avere occhi ed orecchie in Transatlantico per accorgersi che una buona parte dei c.d. finiani non sarebbe stata disponibile a “morire per Danzica”, trattandosi della sorte di Bocchino, Granata e Briguglio. Ma non era difficile immaginare che, espellendo, Fini si sarebbero promosse ben più ampie solidarietà.
Evidentemente al presidente non sono arrivate informazioni corrette. Ad uscire non sono stati “quattro gatti”, ma 33 deputati in grado di costituire a Montecitorio un gruppo di tutto rispetto. In sostanza, Fini è diventato il Ghino di Tacco della Seconda Repubblica. Come presidente (inamovibile) è in grado di condizionare i lavori della Camera; come leader di un gruppo ha la possibilità di negoziare, nelle Commissioni e in Aula, i contenuti di ogni provvedimento. Molto di più di quanto avessero fatto, lui e i suoi, fino ad ora. Già prima del “botto” di giovedì scorso, la sicurezza della maggioranza dipendeva in larga misura dall’atteggiamento dell’Udc. Quando il partito di Casini votava con l’opposizione la maggioranza se la cavava, spesso, solo per pochi voti.
Oggi – si dice – che ci sono i numeri per governare anche senza la pattuglia dei finiani (i cui ministri e sottosegretari vengono pregati di continuare a far parte dell’esecutivo). Sarebbe anche vero, a condizione però di raccogliere i voti di alcuni gruppuscoli parlamentari, abbastanza mobili ed irrequieti, e soprattutto non alieni a porre delle condizioni per il loro appoggio. C’è poi un altro aspetto evidentemente sottovalutato. Qualcuno, vicino al Cavaliere, si è posto il problema delle ricadute in periferia, nelle assemblee elettive del Paese? Quante maggioranze nelle Regioni, nelle Province e nei Comuni potrebbero andare in frantumi?
Ma è inutile piangere sul latte versato. Molto meglio aggiustare – Berlusconi se ne è convinto subito, per fortuna – ciò che non è rotto definitivamente, evitando ulteriori polemiche e più pesanti insulti, prestando invece attenzione alle posizioni articolate e diverse all’interno del gruppo di “Futuro e Libertà” affinché non si compattino tutte intorno a quelle più radicali. Insomma, meglio negoziare una convivenza ancor più difficile, piuttosto che sfasciare tutto. Basti pensare – la cosa è paradossale, ma è comunque un segnale – che i finiani sono usciti dal gruppo ma non dal partito. Poi è chiaro che si andrà a votare prima della fine della legislatura. Nelle attuali condizioni non si andrebbe da nessuna parte; bisognerebbe durare almeno fino alla prossima primavera. Ed andare al voto con la legge in vigore (anche se cercheranno di impedirlo e di fare anche dei “ribaltoni” pur di cambiarla).
Attenzione, però: se il quadro politico dovesse precipitare scatterebbe, infatti, la trappola dell’esecutivo tecnico in nome della governabilità del Paese. Se il PdL vi si opponesse non sarebbe capito dall’opinione pubblica sulla quale potrebbe fare presa l’esigenza di tenere sotto controllo la crisi ed accompagnare la ripresa.
Alla fine di tutto, dovremo pure interrogarci sul perché gli effetti della più clamorosa vittoria elettorale degli ultimi anni – quella del 2008 – si sono consumati in un tempo così breve. Che i nemici di Berlusconi abbiano messo in campo delle forze oscure, potentissime e spietate è sicuramente vero. Ma ci saranno pure stati degli errori anche da parte nostra?