Meno caveat più Tornado: l’Italia rafforza la Nato sul fronte afghano

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Meno caveat più Tornado: l’Italia rafforza la Nato sul fronte afghano

12 Giugno 2008

Più flessibilità e meno caveat. Questo il senso dell’audizione dei ministri Frattini e La Russa alle commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato sulla missione in Afghanistan. L’Italia riallinea così il proprio impegno a quello dei maggiori alleati NATO. Il segnale è forte soprattutto politicamente ed indica l’intenzione del Governo di non essere da meno rispetto ai paesi ISAF impegnati in prima contro i talebani, condividendone in pieno rischi e costi. Per oltre due anni l’Italia, come del resto Francia e Germania, è stata sottoposta a un pressing deciso da parte dei comandi NATO affinché rafforzasse il suo impegno in Afghanistan. E per oltre due anni il pressing era stato elegantemente eluso con dribbling degni di un Cristiano Ronaldo. La NATO non chiedeva la luna visto che in discussione non era tanto un incremento di truppe, quanto piuttosto la libertà per i comandanti di poter utilizzare senza limiti e vincoli tutto ciò che era disponibile sul campo, assetti italiani compresi. Nulla di straordinario, semplicemente la possibilità di pianificare le operazioni sapendo di poter contare anche su alpini o bersaglieri. 

Finora le truppe italiane non potevano operare fuori dalle loro aree di responsabilità o in azioni che riguardassero la ricerca e la neutralizzazione di elementi ostili anche in assenza di minaccia diretta, le azioni cosiddette “preventive” (search and destroy). Erano previste deroghe, ma solo previa autorizzazione del Governo, che aveva 72 ore di tempo per dare o negare il via libera. Un’eternità in un contesto asimmetrico come quello afghano. In alcune occasioni Prodi aveva concesso la deroga, ma solo per le forze speciali e mai per casi in cui fosse previsto un loro impiego fuori dal settore di competenza. Adesso, con il ritorno di Berlusconi a Palazzo Chigi, il lasso di tempo si è ridotto a sei ore e anche i reparti “convenzionali” potranno essere impiegati in operazioni “preventive” o fuori dalla loro area di responsabilità. In termini operativi ciò significa che un comandante d’ora in avanti potrà pianificare un’azione militare fidando sul contributo delle truppe italiane anche in settori caldi come il sud, o utilizzare gli elicotteri d’attacco Mangusta fuori dalla regione di Herat dove attualmente sono schierati. Politicamente la decisione è ancor più importante perché manda un chiaro segnale agli alleati: l’Italia c’è. Un segnale soprattutto per chi, come gli inglesi, ci aveva sempre duramente contestato, in via riservata beninteso, per i limiti posti finora all’impiego delle nostre truppe sul campo. Ora siamo come tutti gli altri, visto che anche la Francia si è riallineata grazie al new deal sarkoziano, inviando un nuovo battaglione di manovra al confine con il Pakistan e rafforzando il proprio contingente a Kabul. Restano solo spagnoli e tedeschi che ancora non ne vogliono sapere di fare qualcosa in più rispetto al semplice mostrar bandiera.

Dall’audizione parlamentare è venuta anche la conferma della ridislocazione del nostro dispositivo sul campo e la disponibilità ad inviare cacciabombardieri Tornado e altri 40 carabinieri per l’addestramento dell’Afghan National Civil Order Police. Quando ad agosto scadrà il nostro turno di comando a Kabul e la responsabilità passerà ai francesi, nella capitale resterà solo un battaglione, mentre, a partire da ottobre, verrà rafforzato il nostro contingente di stanza ad Herat. In particolare, secondo La Russa, essendo stata “rilevata la necessità di aumentare le capacità di sorveglianza e controllo del territorio della porzione meridionale della regione ovest, dove si sono manifestati preoccupanti episodi di violenza, a partire dal prossimo mese di ottobre, verrà effettuata una graduale immissione di una parte degli assetti resi disponibili dalle economie operate nella regione di Kabul”. Entro la fine dell’anno, ad Herat dovrebbero pertanto operare due battaglioni di manovra. Uno di questi potrebbe essere rischierato a Farah a fianco della Task Force 45 – il mega contingente di forze speciali composto da parà del Col Moschin e incursori di Marina del Comsubin – finora unico baluardo contro il dilagare talebano nella regione. In questo modo, la capacità operativa del contingente italiano nell’ovest di fatto si quadruplicherà. Ma quel che più conta è che i due nuovi reparti potranno operare anche con compiti “preventivi” come fatto in questi anni di conflitto solo dalle forze speciali della Task Force 45. Un bel salto di qualità, anche perché la regione di Herat, soprattutto nella sua appendice meridionale di Farah, sta diventando uno snodo strategico fondamentale per le sorti del conflitto, anche alla luce di ciò che potrebbe accadere nei prossimi mesi su altri fronti come quello iraniano. Teheran opera direttamente in questo settore con propri agenti e probabilmente anche con elementi della Brigata Qods, l’unità per le operazioni all’estero dei Pasdaran. Dal suo territorio, inoltre, entrano regolarmente carichi di armi che vanno ad alimentare gli arsenali della guerriglia. Da due anni, ormai, i talebani sono presenti in forze nella regione di Herat: messi in fuga dalle violente offensive americane ed inglesi nel sud, vi hanno trovato un’area relativamente più sicura per via della scarsa presenza di truppe operative ISAF e per i loro limiti di impiego. Non è un caso che, per ovviare a tale handicap e tappare i buchi, sia stato necessario in più di un’occasione l’intervento di truppe di Enduring Freedom, meno vincolate al rispetto di caveat e con regole di ingaggio più aggressive. 

Per quanto riguarda i Tornado, la cosa è già da tempo allo studio dello Stato Maggiore italiano. In realtà, si tratta di rispolverare un vecchio progetto del precedente Governo Berlusconi, che sul finire della scorsa legislatura aveva deciso l’invio di cacciabombardieri AMX. Gli aerei erano già pronti e già da tempo si stavano addestrando ad operazioni di bombardamento nel poligono sardo di Capo Frasca. L’avvento di Prodi ha fatto poi abortire il progetto. Ora la questione è tornata all’ordine del giorno, ma gli aerei prescelti dovrebbero essere, appunto, i Tornado e non gli AMX. I velivoli dovrebbero essere dislocati presso l’aeroporto di Herat con compiti di sorveglianza e ricognizione, e all’occorrenza potrebbero essere chiamati ad operare in appoggio alle truppe a terra. Anche in questo caso siamo in presenza di una decisione che riallinea l’Italia agli alleati NATO – inglesi ma anche francesi, olandesi e tedeschi – che da anni impiegano a rotazione loro distaccamenti aerei dagli aeroporti di Kabul e Kandahar. L’ultima decisione del pacchetto Afghanistan presentato ieri in Commissione interessa invece i Carabinieri. La Russa ha annunciato che potrebbero essere inviati in Afghanistan altri 40 uomini per rafforzare la Task Force Ancop, incaricata della formazione di un reparto dell’Afghan National Civil Order Police, l’unità di elite della Polizia Afghana, di stanza proprio ad Herat.