Mentre in Africa continua a scorrere sangue il mondo resta a guardare

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Mentre in Africa continua a scorrere sangue il mondo resta a guardare

20 Aprile 2012

Terra africana bagnata dal sangue delle vittime dell’estremismo. Un anno fa, quando denunciammo che era in corso la guerra mondiale africana, nessuno ascoltò, chiosando semplicisticamente con una considerazione retrodatata alle guerre civili africane passate o ancora in corso. In cui i signori della guerra massacrano la popolazione per diamanti o soldi, e in cui l’elemento religioso è un contorno ma non una condizione sine qua non. Anche allora, quando la Costa d’Avorio grondava sangue da ogni via e le donne erano mezzo di estensione del potere grazie a massacri e stupri di massa, nessuno si scosse a denuncia. Del resto, lo comprendo bene, c’era Gheddafi da abbattere e da uccidere, come si potè apprendere in seguito, e quindi il sangue africano, delle donne africane non faceva notizia.

Era l’11 marzo 2011. Esattamente un anno fa e l’Africa vedeva con i suoi occhi l’espansione devastante e tentacolare dell’estremismo di matrice islamico-fondamentalista. Che si congiunge mortalmente alle peculiarità di ogni guerra africana, che mutila e sfregia non solo corpi ma anche coscienze collettive morte prima di nascere. Compresa quella occidentale dell’ultimo ventennio. Il Mali, laddove l’estremismo salafita imperante ormai al potere saccheggia bar e ristoranti per bruciare le casse di alcol e insegue le donne sulle strade con coltelli affilati per costringerle a velarsi integralmente. La Guinea, dove il colpo di Stato apre la strada all’avanzata trionfante del radicalismo che taglia le teste con il consenso dei militari, che intanto giocano la loro sporca partita per il potere e per le risorse da barattare con l’Occidente.

Per non parlare della Nigeria; da Kaduna, dalla strage che nel 2011 insanguinò la sfilata di Miss Nigeria nel 2011, il dolore ha avvolto e stritolato il Paese praticamente in maniera costante, senza che nessuno, ripeto nessuno dalle alte sfere internazionali, abbia saputo né voluto fare qualcosa per fermare la furia fondamentalista di Boko Haram. E nel mezzo la morte di Lamolinara, in un blitz dai contorni per l’Italia ancora dolorosi e intrisi di rabbia. È l’elastico. Quel pericolo che nessuno voleva vedere e che oggi è realtà. Da una sponda all’altra del continente africano, dal nordafrica ormai in mano all’estremismo salafita, fino al capo più meridionale e in entrambi i lati, il contagio è virale e passa di villaggio in villaggio, mozzando teste e dissenso, piegando con la forza resistenze e voci contrarie. “Se cado io l’Africa esploderà”, disse una volta il Colonnello Gheddafi. E non si può certo dargli torto. Anche perché le ultime parole conosciute della realtà libica non vanno molto oltre. Da quando Gheddafi è morto e il suo regime rovesciato grazie alla Nato e ai suoi missili, nel Paese il buio. In tutti i sensi, politico e civile. Sociale e umano. Città fantasma, in preda alla razzia salafita, uomini rinchiusi e massacrati nelle prigioni, esattamente come durante il regime.

Per poi ricucirli e ricominciare, ovviamente, a torturarli. Alla faccia della liberazione di un popolo che tutto chiedeva tranne che di essere liberato col sangue. Popoli torturati fino all’osso, in longitudine e latitudine, dalla Tunisia, che vede repressi nel sangue i moti di piazza per chiedere la laicità dello Stato che An Nahda ai loro occhi (e non solo) minaccia seriamente. I giovani che fanno lezione in piazza perché all’Università vogliono imporre alle studentesse un niqab che è simbolo di un dramma dell’oppressione infinito. Passando per l’Egitto, in mano al salafismo che ha fatto e fa da esempio fulgido per il crimine radicalista che azzanna alla gola l’Africa, eliminando politicamente prima e fisicamente poi tutti gli oppositori. E la Siria, poi? Che ci sia l’inizio di una guerra civile non v’è dubbio, ma armata da due fazioni differenti; e la circostanza che nemmeno una riga sia stata scritta sulla manifestazione pro Assad in piazza, mi fa riflettere seriamente su questa volontà di mettere sempre più acido nella ferita. La Siria non è pronta a fronteggiare l’estremismo anche se lo conosce bene e non molla nemmeno un metro alla sua espansione.

Che la Giordania tenta di bloccare sul nascere, estromettendo i Fratelli Musulmani dal Parlamento, con quali effetti non è dato sapere. Mentre accade tutto questo, l’Africa sta per implodere e la longa manus del Qatar, che punta anche “all’acquisto dell’Occidente”, ha la meglio con il pugno di ferro del salafismo militante e il seducente tintinnio del denaro, che tutto compra e tutto corrompe. Il sangue bagna la terra d’Africa, la cecità avvolge gli occhi del mondo. L’estremismo domina incontrastato. Saccheggia, devasta e affila la lama per la conquista della seconda sponda. L’elastico del terrore sta per sferrare il suo contraccolpo più micidiale. Mentre al Qaeda guarda sorniona all’Arabia Saudita e al suo ruolo da leader del radicalismo internazionale, mai così a portata di mano.