Mentre scala il Pd il prof Marino scivola sui rimborsi spese
24 Luglio 2009
C’è una lettera nel passato recente di Ignazio Marino, senatore Pd oggi in corsa per la leadership del partito. Uomo politico, ma insieme icona dell’antipolitica. Una lettera che getta un alone opaco attorno all’aura che il prof, da Eluana in giù, si è costruito in questi tre anni passati a calcare la scena politica. Fino al grande salto, la guida del partito democratico cui aspira. Nulla in contrario se il chirurgo esperto in trapianti d’organo ha scoperto la passione per la res publica e neppure che vi si sia buttato a capofitto, ma quando si pretende di fare la morale e automaticamente stilare l’elenco dei buoni e dei cattivi ci si attende che chi lo fa non abbia scheletri nell’armadio. Altrimenti non è credibile.
Una lettera da Pittsburg per Ignazio Marino. L’ha pubblicata (integralmente) il Foglio. Si tratta di un documento datato 6 settembre 2002, indirizzato a Marino e da lui controfirmato. Arriva dagli States la lettera per il prof che quattro anni dopo (governo Prodi) varcherà per la prima volta la soglia di Palazzo Madama. Il mittente è l’University of Pittsburg Medical Center con la quale aveva lavorato e contribuito a fondare a “l’Istituto mediterraneo per i trapianti e terapie ad alta specializzazione” (Ismett) a Palermo, nato da una joint venture tra la stessa università americana e l’Italia. Marino diventa direttore della prestigiosa struttura, ma il giorno dopo la lettera ricevuta dall’America (il 7 settembre 2002) è lo stesso chirurgo a scrivere una lunga missiva di commiato dall’Istituto parlemitano, motivata con “importanti ragioni di carattere familiare”.
Apriti cielo. Allora, dal centrosinistra si levò un coro unanime di solidarietà al prof Marino e di strali contro chi (guarda caso al governo c’era Berlusconi) consentiva la “fuga di cervelli” dal Paese per via dei soliti tagli alla ricerca e per la mancata valorizzazione delle eccellenze made in Italy. Ma la storia non sta così. E la verità è contenuta nella lettera spedita da Pittsburg nella quale si sancisce la fine del rapporto di lavoro con Marino non solo come docente universitario ma anche per gli incarichi ricoperti nelle varie attività collegate alla vita del prestigioso centro di ricerca, dal Centro nazionale trapianti all’Ismett di Palermo. Il motivo? Rimborsi spesa taroccati.
Nel documento firmato da Jeffrey A.Romoff si parla di “una serie di irregolarità intenzionali e deliberate” scoperte durante una verifica scattata dopo la richiesta da parte di Marino di rimborsi per spese sostenute. Dalla verifica – si legge nella lettera da Pittsburg – salta fuori che il prof in questione aveva presentato la richiesta sia all’università americana, sia alla sua filiale italiana. Il tutto per un ammontare di ottomila dollari. Cifra non eclatante, per carità, ma è il metodo che conta e il metodo in questo caso è privo della morale tanto cara al senatore del Pd.
La conseguenza delle “irregolarità” riportate dettagliatamente nella lettera è molto netta: Marino viene invitato a controfirmare il documento accettando di rinunciare alla cattedra del prestigioso ateneo e a tutti gli altri incarichi, compreso quella della direzione dell’Ismett. L’accordo in via “consensuale” prevede poi l’impegno dell’Università di Pittsburg alla riservatezza sui motivi che hanno portato alla rottura e a fornire “referenze neutrali” su Marino nel caso in cui venissero chieste da altri “potenziali datori di lavoro”.
C’è un altro particolare curioso che si innesta nella vicenda. Fino a qualche giorno fa sul sito ufficiale di Marino, alla voce biografia, compariva una pagina – scritta in italiano – con il suo curriculum vitae che rimandava al sito della Jefferson University Hospitals. Oggi quella pagina non c’è più, né in Italia, né in America.