Merkel, l’Europa e i tabù dell’immigrazione

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Merkel, l’Europa e i tabù dell’immigrazione

26 Dicembre 2016

Sull’orlo del suicidio demografico, l’Italia costringe i giovani a emigrare, mentre dal 2011 accoglie chiunque arrivi a Lampedusa, anche persone con reati alle spalle, come il tunisino Anis Amri, che la Tunisia, come tanti paesi africani, si rifiutava di rimpatriare, temendo attentati o nuove rivolte. Per il ministro Poletti è un bene “non avere più tra i piedi” i centomila giovani italiani emigrati nel 2015. Non sono solo “cervelli in fuga”. I nostri giovani all’estero fanno i piazzaioli e i camerieri dovunque, e i muratori nei cantieri di Londra. Il Pd obamiano e clintoniano manda via il futuro dell’Italia, e riserva le risorse ai “migranti”. Solo quest’anno ne sono arrivati 70-80 mila dall’Africa e il governo arriva a offrire 30 euro al giorno (900 euro al mese) a chi li ospita.

Come sostiene l’economista Paul Collier di Oxford, esperto di problemi africani, la immigrazione è  negativa per l’Europa e l’Africa. Da Die Welt al Financial Times, Paul Collier, autore di Exodus. I tabù dell’immigrazione, pubblicato nel 2015 in Italia, afferma che l’immigrazione non rientra nei diritti umani, né è un problema morale, come nella narrazione di Angela Merkel. Come spiega Collier, Merkel è interessata all’Africa. Chi arriva a Lampedusa dall’Africa, non fugge da guerre, fugge dalla povertà. Però l’Europa in recessione non può dare lavoro a questi  “migranti”, che finiscono per oziare in centri raccolta o nelle periferie delle città. Diventano piccoli delinquenti, entrano ed escono dal carcere, come Anis Amri, possono “radicalizzarsi” e anche essere usati da qualcuno come foreign fighters.

Da pragmatico e razionale britannico, Collier propone di creare dei campi di lavoro permanenti, una specie di Marshall per l’Africa, a cui Merkel è molto interessata: basta individuare le zone dell’Africa. Chi frequenta i tedeschi, sa da anni che vogliono fare dell’Africa il granaio del mondo. La questione dell’immigrazione va quindi sottratta alla narrazione moralistica e alla strumentalizzazione politica della Merkel, che oggi considererebbe populista pure Thomas Hobbes, per il quale il primo dovere dello stato è difendere la vita del popolo. Insieme a populisti e lepenisti oggi finirebbe pure John Locke, per il quale i cittadini hanno il diritto di ribellarsi e rovesciare i governi che non operano nell’interesse del popolo. Dei morti di Parigi e Berlino sono responsabili i governi, che permettono ai tanti Anis Amri di circolare per l’Europa senza frontiere. 

Nel 2011 i servizi francesi avvertirono il governo indiano di un attacco imminente all’ambasciata indiana di Parigi ad opera di Mohamed Merah, ma – come rivelò il Foglio – non furono capaci di fermare l’algerino Merah, quando nel marzo 2012 attaccò la scuola ebraica a Tolosa. Merah finì freddato dalla polizia francese. “Al Qaeda attacca la Francia” titolarono i giornali francesi, mentre il governo francese armava con Obama la al Qaeda siriana contro la Siria. È il modello delle “arab spring”, le primavere arabe, finanziate dall’Arabia saudita, dal Qatar e dalle monarchie del Golfo. Prima di Parigi e Berlino tante città, come Baghdad e Damasco, sono state massacrate dal terrorismo di Isis, ma ai media europei non importa. Patrick Cockburn scrive sull’Independent del 23 dicembre che, soltanto a novembre, ci sono state 2.885 vittime in Iraq, risultato della guerra tra Isis e i soldati iracheni.

L’Occidente ha concentrato l’attenzione su “Aleppo martire” ma non si è accorto che Isis ha tenuto a Mosul, dove l’offensiva è in stallo, e ha ripreso Palmira in Siria. La separazione tra quanto accade in Siria e in Iraq, dove si combatte lo stesso nemico, è la prova per Cockburn del fallimento della leadership americana e dell’Europa obamiana. L’internazionale jihadista ha subito una sconfitta ad Aleppo, non può più contare su al-Nusra in Siria, ma non è finita, può andare avanti per anni, e l’Europa sarà ancora vittima di attentati. Quando un attentato come quello di Berlino – afferma Cockburn – non è in grado di cambiare l’agenda politica della Germania (e Paul Collier spiega perché) per Isis è un grande vantaggio e continuerà a colpire. Questa è la trappola micidiale in cui si è cacciata l’Europa di Angela Merkel.