
Metà uomini metà animali: gli embrioni chimera di una scienza per cui tutto è possibile

19 Luglio 2007
Il loro nome scientifico è “embrioni ibridi citoplasmatici”,
o “cibridi”, ma nei media vengono indicati come embrioni chimera, o ibridi,
cioè embrioni uomo/animale, entità che fanno pensare più che altro ai clienti
del bar di Guerre Stellari: sono al centro di una grande polemica scoppiata in
Gran Bretagna e che ha velocemente
varcato
embrionali per ricerca scientifica (che finora non ha prodotto nessun
protocollo terapeutico). Il tentativo è quello di creare embrioni per la
cosiddetta “clonazione terapeutica”: ad un ovulo di donna viene tolto il
nucleo, sostituito con quello di una cellula somatica umana. Opportunamente stimolato, l’ovocita
modificato dovrebbe cominciare a crescere e moltiplicarsi fino a diventare un
embrione, che andrebbe poi distrutto per poterne estrarre cellule staminali.
Queste avrebbero lo stesso patrimonio genetico della persona che ha fornito la
cellula adulta, e sarebbero quindi in grado di essere utilizzate per eventuali
trapianti o comunque trattamenti medici nel donatore, senza causare rigetto.
Ma il condizionale è d’obbligo, perché tutto ciò non si è
mai realizzato: la clonazione terapeutica non ha mai funzionato negli esseri
umani, e a tutt’oggi non esistono cellule staminali embrionali prodotte così.
L’unico lavoro scientifico che annunciava di aver raggiunto il traguardo è
stato quello del veterinario coreano Hwang, rivelatosi la più grande frode
scientifica di tutti i tempi.
Secondo gli scienziati gli ovociti femminili disponibili
sono troppo pochi per avere qualche
probabilità di successo, e da qui l’idea: perché non utilizzare quelli degli animali?
In questo modo, niente più donne per gli embrioni: bastano le vacche.
proposito alla National Bioethics Advisory Commission, “profondamente turbato” dopo
l’annuncio della Advanced Cell Technology di aver creato un ibrido umano/mucca:
in seguito si disse che l’esperimento non era riuscito, ma la strada era quella
giusta ( ed è successo ancora negli anni successivi, quando
Robert Lanza ha annunciato che nei suoi laboratori era stato clonato il primo
embrione umano (2001) e di aver creato
cellule staminali embrionali senza distruggere embrioni (2006). Tutti annunci
sensazionali di esperimenti falliti).
Ma anche il rapporto Dulbecco del 2000, cioè il rapporto di
una Commissione Ministeriale sull’utilizzazione delle cellule staminali,
istituita dall’allora ministro Veronesi, prevedeva ed auspicava l’uso di
materiale cellulare proveniente da “altre specie animali” per poter ricavare
cellule staminali embrionali per clonazione.
Pare che i primi a riuscirci siano stati i cinesi. Nel 2003
su Cell Research la descrizione del primo esperimento portato a termine:
cellule del prepuzio di due bambini di cinque anni, della faccia di una donna di
60 e di due uomini furono fuse con ovociti di coniglio. Dei 400 embrioni
creati, circa 100 sono arrivati allo stadio di blastocisti, cioè capaci di dare
cellule staminali embrionali, da cui originare linee cellulari.
La comunità scientifica accolse con un certo scetticismo la
notizia, ma questo non ha impedito che nel dicembre 2005, nell’ambito del VI
programma quadro, l’Unione Europea finanziasse con 600.000 euro CHIMBRIDS, un
intero progetto per “analizzare le problematiche scientifiche, etiche,
filosofiche e giuridiche sollevate dall’utilizzo di chimere e ibridi
nell’ambito della ricerca europea e internazionale”., a cui partecipano 15
Stati membri dell’Unione europea, insieme a Canada, Cina, Israele, Giappone,
Svizzera e Stati Uniti. Nella presentazione del progetto si rassicura la
comunità internazionale: gli “horror-scenarios” di possibili creature mostruose
uomo/animale non sono reali, anche perché nessuno scienziato è intenzionato a
far sviluppare queste creature fino a farle nascere. Lo scopo della ricerca
sarebbe sempre quello: lo studio di malattie come l’ Alzheimer,
il Parkinson e
mediante cellule staminali embrionali.
E adesso hanno chiesto di poterne fabbricare anche loro, gli
inglesi. Hanno presentato domanda due gruppi di ricerca, per la creazione di
“cibridi”; l’HFEA, l’autorità britannica che ha il compito di regolare le procedure per la fecondazione
assistita e la ricerca sugli embrioni, è sempre stata orientata a dare la
licenza, ed ha aperto una consultazione pubblica che terminerà il prossimo 20
luglio. Il governo inglese, dal canto suo, in un primo tempo ha cercato di frenare, preoccupato
dei numerosi pareri contrari raccolti. Immediata la risposta: cinquanta scienziati, fra cui tre premi Nobel,
hanno firmato una lunga lettera, pubblicata dal Times, in cui si motiva la
ricerca sugli embrioni umani/animali, e se ne chiede il supporto.
Successivamente
e Tecnologia della Camera dei Comuni ha dato parere favorevole alla creazione
dei mix uomo/animale, ma soprattutto nell’attuale proposta di revisione di
legge che regola fecondazione assistita e ricerca sugli embrioni in Gran
Bretagna, si prevede che i laboratori di ricerca possano chiedere di creare tre
tipi di questi embrioni: embrioni ibridi citoplasmatici, innanzitutto, e poi
embrioni umani transgenici – cioè embrioni umani con geni animali inseriti in
un primo stadio di sviluppo – e ancora embrioni chimerici umani, cioè embrioni
umani in cui sono inserite cellule animali, sempre nel primissimo sviluppo. Entro
quattordici giorni dalla creazione tutti questi embrioni andrebbero distrutti,
e per ora rimarrebbe il divieto di creare veri e propri ibridi, cioè creature
nate mischiando direttamente i gameti animali con quelli umani.
L’Accademia delle Scienze
britannica, però, in un suo documento specifica che “Non siamo a
conoscenza di alcuna ragione scientifica per generare veri embrioni ibridi (mischiando
gameti umani e non-umani) in vitro.
Comunque, data la velocità di questo settore di ricerca, non può essere escluso
in futuro l’emergere di ragioni scientificamente valide”, e anche l’Hfea spiega
“Gli scienziati potrebbero, in futuro, vedere un uso nella creazione di
embrioni ibridi (mischiando i gameti) o embrioni umani chimera per la ricerca
e, nel Regno Unito, potrebbero chiedere una licenza all’Hfea per portare avanti
questo tipo di ricerca”.
si esclude, insomma: in nome della Scienza, tutto si può.
è: cosa sono queste entità? Umani o animali? Quanto umani e quanto animali?
I sostenitori della produzione di cibridi dichiarano che
l’embrione che ne viene fuori è umano al 99.9%, ed ha solo lo 0.1% di materiale
genetico non umano. Peccato che quel 0.1% sia di fondamentale importanza, e che
pesi molto nel corredo genetico: quello 0.1% viene dal DNA dei mitocondri,
corpuscoli all’interno dell’ovocita. Questo DNA ha importanza fondamentale per
la funzionalità dell’intero organismo, e pesa molto più di quello 0.1%
calcolato semplicemente contando il numero dei geni. Che razza di entità si
andrebbe a creare, allora? E visto che da alterazioni di questo DNA derivano gravi
disfunzioni, come sarebbe possibile poi utilizzare eventuali cellule
staminali con un patrimonio genetico tanto compromesso?
Dal mischiare i DNA di animale e uomo, sempre ammesso che la
tecnica funzioni, scaturirebbe poi una
serie di problemi non indifferenti, alcuni dei quali prevedibili, altri meno. Ad esempio,
possiamo pensare che la produzione di un ibrido sia assimilabile a quanto
avviene negli xenotrapianti, cioè trapianti fra specie diverse. Per questo tipo
di operazione, uno dei rischi più importanti è il superamento delle barriere
interspecie per i virus. Siamo sicuri di poter escludere qualsiasi possibilità
che questo avvenga nella produzione di embrioni ibridi? Il pericolo, in questo
caso, sarebbe quello di una pandemia ingestibile. Dal paese dell’emergenza mucca pazza, una simile rassicurazione sarebbe
quantomeno auspicabile. La stessa Accademia delle Scienze inglese, mentre
afferma che chi lavora con procedure standard di sicurezza non corre rischi,
specifica anche che nel caso in cui si producano linee cellulari da embrioni di
questo tipo, si renderebbe necessario farne uno screening per escludere la
presenza di retrovirus endogeni.
preoccupano. Un anno fa Hultrud Breyer, dei gruppo dei Verdi al parlamento
europeo, ha presentato un’interrogazione parlamentare sul progetto CHIMDRIDS,
in cui fra l’altro si precisava: “Presso
l’Istituto di chimica biofisica «Max Planck» di Gottinga sono già stati svolti
numerosi esperimenti di impianto di cellule staminali nel cervello di scimmie.
Si rende pertanto necessario elaborare una normativa comunitaria in materia per
fare chiarezza nell’ambito in questione”.
commissario
che la produzione di chimere animali/umane non è esclusa per principio dalla
Comunità europea, ma soggetta a uno “stringente” giudizio etico, ha affermato
rassicurante che “l’uso di animali negli esperimenti, specialmente quello di
primati non umani, è strettamente regolato a livello nazionale ed europeo”,
evitando accuratamente di pronunciarsi sui possibili risultati di tali
esperimenti.
tira, ecco a proposito un editoriale della prestigiosa rivista Lancet: dopo
aver criticatole autorità inglesi per essersi lasciate intimorire dai titoli
dei giornali, che mettevano in guardia dalla creazione di “conigli-Frankestein”,
si legge:
giustificabile essere cauti nel regolare nuove biotecnologie, la comunità dei
ricercatori deve continuare a ricordare al governo inglese di non regolare
oltremodo le attività degli scienziati. Il Regno Unito è leader nella ricerca
sulle cellule staminali, soprattutto per via della stretta regolamentazione
negli USA e per lo scandalo della frode che ha rallentato gli scienziati
sud-coreani nel 2005. Questo vantaggio potrebbe essere perso rapidamente.
Molti membri dell’opinione
pubblica inglese vedono benefici nel creare embrioni chimera umani/animali per
puri scopi di ricerca, una volta che le argomentazioni della ricerca sono
spiegate chiaramente.Comunque, c’è il pericolo che la consultazione sia
dominata da chi crede che la ricerca sugli embrioni sia moralmente sbagliata.
E’ essenziale che gli scienziati educhino essi stessi il pubblico e insistano
che la consultazione si tenga utilizzando un campione scientificamente
selezionato”.
insomma. Sono capaci di badare a se stessi, e anche a tutti noi.