“Mi hanno aggredita, gridavano Trump, Trump!”, premio Miss Bufala 2016 alla ragazza con l’hijab
16 Dicembre 2016
Ormai in America si cavalca l’onda delle accuse di xenofabia e razzismo mosse dagli alfieri del politically correct nei confronti di Donald Trump anche per evitare una punizione dei genitori, perché sei tornato tardi a casa la sera o hai combinato qualche marachella. Non è uno scherzo, bensì il finale (non tanto) a sorpresa di una vicenda che risale al primo dicembre scorso.
Yasmin Seweid, diciottenne musulmana di Brooklyn, figlia di immigrati, iscritta al corso di business administration al Baruch College di Manhattan, denuncia alla polizia di essere stata aggredita da tre uomini ubriachi, “gridavano, Trump Trump”, racconta, “mi dicevano sei una terrorista” mentre era sulla metropolitana, dopo essere uscita da un evento al college. I trumpisti avrebbero poi continuato a molestarla sul vagone del treno. La ragazza espone quindi con dovizia di particolari alla polizia l’aggressione subita, scrivendo sul suo Facebook: “L’America di Trump è reale e ne sono stata testimone l’altra notte! Una notte traumatica”. Come se fosse stato Trump in persona ad ordinare quell’aggressione o a legittimarla in qualche modo.
Tuttavia, gli investigatori del New York Police Department, chiamati a indagare su questa su questa vicenda di crimine d’odio razziale, dopo aver fatto le dovute verifiche, non hanno trovato uno straccio di prova che confermasse la versione della ragazza. Qui è scattato il sospetto che ha spinto gli agenti a mettere sotto torchio la giovane musulmana, che alla fine, alcuni giorni fa, ha ceduto, confessando di essersi inventata tutto di sana pianta forse per sfuggire alla punizione dei genitori per il ritardo dalla festa con gli amici. Ora Yasmin è accusata di falsa denuncia, e ieri 15 dicembre si è dovuta presentare insieme al padre di fronte ai giudici della Corte criminale di Manhattan. Non è una vicenda isolata. Forse la giovane si è ispirata a un’altra bufala sui razzisti trumpiani.
A novembre, un’altra giovane ragazza musulmana iscritta all’Università della Louisiana, a Lafayette, aveva denunciato alla polizia l’aggressione da parte di due uomini uno dei quali indossava un cappellino con la scritta “Trump”. Ma anche in quell’occasione, la giovane si era inventata tutto di sana pianta. Da notare come gli alfieri del politically correct sui media e social media ingigantiscano questi episodi, vere e proprie bufale, per infangare o delegittimare Trump usando, alla fine dei conti, lo stesso strumento che dicono di voler denunciare: il razzismo. Perché in fondo seminare bufale sulle aggressioni razziste e islamofobe dei sostenitori di Trump è solo un modo per canalizzare l’odio nei confronti del presidente eletto. Del resto far passare il Don per un nuovo Hitler è la specialità del politicamente corretto.