Mia Zia e le forze della natura (terremoti compresi)
08 Aprile 2009
di redazione
Patrizia è ormai una donna adulta. Sin dalla nascita è portatrice di un gravissimo handicap che non le consente un’esistenza autonoma. Patrizia deve essere continuamente accudita, aiutata a camminare, a mangiare. Esprime disappunto, rabbia, gioia, amore attraverso gli occhi e con un linguaggio elementare, fatto di versi che i suoi cari hanno imparato a decifrare. Sua madre, che poi è mia zia, ha avuto, dopo di lei, altri due figli. “Per garantirgli un futuro quando io non ci sarò più”, mi ha detto un giorno che non dimenticherò finché vivo. Claudia, così si chiama mia zia, ha sconfitto la natura nell’unico modo possibile: facendo la madre.
La scorsa estate ho incontrato in ascensore un omone tutto sudato. Non lo conoscevo, ma questo non gli ha impedito di urlarmi nelle orecchie “ho il condizionatore a casa, in ufficio e in macchina; non capisco perché devo sudare su questo cazzo di ascensore”. Quell’agitato signore di mezza età sosteneva anche di “non ricordare un’estate così calda”. La scorsa estate non ha fatto registrare alcun record climatico ma, come ci hanno insegnato scienziati (?) e ambientalisti, andiamo verso il surriscaldamento e, quindi, deve fare molto caldo
Se andate su facebook troverete una fotografia nitida di come gli italiani reagiscono al terremoto che ha ferito in profondità l’Abruzzo. Alcuni, tanti in realtà, si danno da fare; spesso intasano il network riproponendo all’infinito le iniziative umanitarie prese da altri (una mia amica ha scritto sulla sua bacheca “vi prego, non trasformiamo una tragedia in una psicosi collettiva”), però “ci sono”, collaborano. Magari solo virtualmente.
Ma sempre su facebook troverete tanti, tantissimi che maledicono chi non ha saputo o, peggio ancora, voluto prevedere. A questi non interessa capire se fosse possibile prevedere; hanno già deciso: si poteva, la scienza l’aveva detto e la politica infame non l’ha ascoltata.
Credo che l’uomo contemporaneo sia vittima di un disturbo psichico grave: non concepisce ciò che non controlla. Una malattia, un terremoto, un’estate torrida. Così, quando la natura ci mette di fronte all’imprevisto, anziché riflettere sui nostri limiti, cerchiamo scorciatoie. Perché non è possibile che nell’era della tecnologia nascano figli handicappati, i fiumi travolgano gli argini, i terremoti spazzino via le città. Dovrà pure esserci un farmaco per guarire in fretta, un esame di laboratorio che scongiuri il pericolo di mettere al mondo degli infelici, un attrezzo che predica i terremoti e un enorme condizionatore globale che stemperi le estati e addolcisca gli inverni. E piove sempre poco. O troppo.
Così si fondono, in un’alchimia inquietante, le nostalgie per un passato mai esistito nel quale la natura era buona madre e le illusioni generate dal peggiore scientismo. Così i reazionari nostalgici della civiltà contadina si saldano con i “progressisti scienza&natura” che pretendono di stabilire, per legge o in tribunale, quale vita sia degna di essere vissuta. Così si dimentica il senso vero e progressivo della ricerca e delle conquiste tecnologiche: rubare lembi di territorio all’ignoto senza pretendere di controllarlo come i pulsanti del condizionatore.
Mentre noi vaneggiamo, altri uomini, nei laboratori, nelle università, nelle aziende trovano strumenti nuovi per ridurre lo strapotere della natura. Lo fanno nella consapevolezza che questo compito immane non avrà mai fine, con l’umiltà che tanti di noi non hanno. E soprattutto non si sentono Dio
PS: Carletto vede pochissimo, poco più di niente. È il più robusto, intelligente e allegro tra i miei gatti. Toglierlo dalla strada non è servito solo a salvargli la pelle; gli ha garantito la felicità. Questa volta la natura ha perso.
(Paolo Palleschi)