Michelle “the Rock”, ritratto di una First Lady
08 Novembre 2008
Se diventi l’uomo più potente del mondo e, incredibile a dirsi, anche il più amato è facile sentirsi una divinità. Per tua fortuna, però, c’è una moglie che ti tiene con i piedi per terra e che ti ripete: “Sarai anche il leader del mondo libero, ma ricordati di non lasciare i vestiti in disordine e non fumare davanti alle bambine”. Dietro un grande uomo c’è una grande donna, recita un vecchio adagio. Dietro il successo di Barack Obama c’è senza dubbio Michelle “the Rock”. La “roccia”, come la ama definire suo marito a sottolineare la tempra (qualcuno direbbe il “caratterino”) della nuova First Lady.
Nata 44 anni fa a Chicago, nel quartiere povero di South Side, Michelle LaVaughn Robinson è davvero una figlia della “Windy City” a differenza dell’hawaiano Barack che a Chicago ha messo piede solo in età matura. “Molto prima che Barack Obama diventasse qualcuno, Michelle era già una star in questa città”, ha sintetizzato Avis LaVelle ex portavoce del sindaco di Chicago Richard M. Daley. Cresciuta in una famiglia modesta (il padre, fervente democratico, impiegato; la madre segretaria) Michelle dimostra che, nonostante le difficoltà, se hai qualità e carattere, “si può fare”. Una storia la sua che, per certi aspetti, ricorda quella di Condoleezza Rice, altro simbolo vincente della comunità afro-americana.
Appassionata del gioco “Monopoli” e virtuosa dell’hula hop (ancora adesso si esibisce in performance che strabiliano il marito), Michelle non perde troppo tempo a giocare con le barbie (al massimo sfida a basket il fratello Craig, oggi allenatore alla Brown University). A quattro anni già sa leggere. Brucia le tappe della scuola e si diploma a 17 anni. A 21 consegue la laurea con lode in sociologia nella prestigiosa Princeton University e tre anni dopo ottiene lo “Juris Doctor” ad Harvard. Risultati prestigiosi, ma sofferti. In questi anni, infatti, Michelle sperimenta quanto pesi ancora il colore della pelle. Nella tesi di laurea intitolata “Princeton-Educated Blacks and the Black Community” scrive: “Quando mi relaziono con i bianchi all’università mi sembra spesso che per loro prima sono una nera e poi una studentessa. Per quanto liberal siano i professori, mi sembra di essere solo in visita al campus”. E’ in questo periodo che Michelle partecipa a manifestazioni che chiedono maggiori opportunità di studio per i giovani afro-americani.
Il futuro marito lo incontra, nel 1989, allo studio legale “Sydley Austin” dove Michelle è approdata dopo gli studi. Lei è già un nome nell’ambiente, mentre il giovane Barack è agli esordi come “summer associate”. Michelle le farà da mentore. All’inizio, la futura First Lady non è particolarmente colpita dal collega. Ma Barack sa come conquistarla: la invita ad una sessione di “community-organizing”, il suo programma sociale. Michelle rimane ammirata dalla passione che Obama mette nel suo lavoro e ammaliata dalla sua oratoria. Tempo tre anni e si sposano. Dopo il matrimonio, la sua carriera non si arresta, mentre il marito entra in politica. Michelle Obama lavora prima come assistente del sindaco, quindi viene nominata direttore esecutivo di un’organizzazione no-profit. Nel 1996, riceve un prestigioso incarico all’Università di Chicago dove sviluppa un Centro di servizio alla comunità. Infine, nel 2002 entra nell’organismo direttivo degli ospedali della città.
Pragmatismo, capacità di persuasione, efficienza (anche nel raccogliere fondi, proprio come il marito) sono i punti di forza di Michelle, che tuttavia, con la nascita di Malia e Sasha, decide di ridurre i suoi impegni di lavoro per dedicarsi quasi a tempo pieno alle figlie. La famiglia, in effetti, è la vera priorità, la ragione di vita di Michelle. In tutte le interviste rilasciate, in questi ultimi due anni, ha tenuto a ribadire che lei è “Mom first, political wife second”. Per questo, anche durante la campagna elettorale, non ha mai lasciato casa per più di una notte, mentre le figlie erano affidate alle cure della nonna materna. D’altronde, per quanto sia evidente la sua influenza sulle scelte del marito, ha sempre dichiarato che non è né si sente un “consigliere” di Barack Obama. Al marito, dice, ha solo chiesto di smettere di fumare in cambio del suo appoggio per la candidatura alla Casa Bianca.
Bella ed elegante (secondo “Vanity Fair”, addirittura una delle dieci donne meglio vestite al mondo), non rinuncia mai alla sua tagliente ironia. Un’arma a doppio taglio, specie se usata nei confronti del marito osannato dalle folle. Ad inizio primarie, la First Lady in pectore ha raccontato l’umanità del “divo Obama” senza filtri: Barack russa, è disordinato, la mattina ha l’alito cattivo e quando serve sbriga le faccende di casa. Insomma, un uomo come gli altri. Eppure, qualcuno ritiene eccessivo il tono usato da Michelle. L’editorialista del “New York Times”, Maureen Dowd, obamiana della prima ora, ha reagito così alle rivelazioni della signora Obama sull’aspirante presidente: “Potrebbe non essere una mossa politica intelligente quella di ridicolizzarlo, facendolo scivolare dalle vette dell’aura di Kennedy al fondo del mondano Gerald Ford, alle prese con il proprio muffin per la colazione”.
Tuttavia, i problemi più seri (tanto da suscitare l’interrogativo se Michelle fosse diventata un ostacolo per la corsa del marito) scaturiscono da un suo commento durante un comizio a Milwaukee, lo scorso febbraio. “Per la prima volta nella mia vita”, afferma la signora Obama, “sono orgogliosa del mio Paese”. La dichiarazione, giudicata antipatriottica da molti commentatori, offre il destro ai repubblicani per dipingerla come una “donna di colore arrabbiata” legata a logiche del passato. La difende invece la First Lady uscente Laura Bush: “E’ stata male interpretata”, dichiara in un’intervista. Da allora, comunque, Michelle è stata più cauta nelle sue affermazioni. Abbassato anche il profilo dei suoi interventi incentrati più sull’esperienza di moglie e madre e meno sulle sue idee politiche. Alla Convention democratica di Denver, a fine agosto, Michelle si prende una bella rivincita: il suo intervento, tutto patria e famiglia, riceve l’elogio unanime dalla grande stampa.
L’elogio più atteso però arriva il 4 novembre, nella notte magica al Grant Park di Chicago. Davanti a duecentomila sostenitori in visibilio, suo marito Barack, meglio il presidente Obama, la ringrazia con emozione: “Sei la mia migliore amica da 16 anni, la roccia della mia famiglia, l’amore della mia vita”. Forse di nascosto non ha ancora smesso di fumare, ma tutto sommato, pensa Michelle, lo si può perdonare.