Migranti, anche Fico contro Renzi: “Le quote obbligatorie sono politicamente morte”

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Migranti, anche Fico contro Renzi: “Le quote obbligatorie sono politicamente morte”

01 Novembre 2016

Il premier slovacco Robert Fico ha attaccato il capo del governo italiano Matteo Renzi. Perché? Ancora una volta di mezzo ci sono i migranti e la minaccia di bloccare il bilancio europeo sulle quote Ue di redistribuzione dei migranti.

Le quote obbligatorie proposte dalla Ue sono politicamente morte, questo, sinteticamente, il punto di vista di Fico convinto che sia necessario ricordarlo a tutti, sopratutto al primo ministro italiano Renzi. Dei 160 mila migranti da ricollocare, solo alcune migliaia sono stati realmente ripartiti. Ed è davvero assurdo scaricare ogni sorta di responsabilità per tale situazione sulle nazioni che sono diventate il simbolo della lotta alla immigrazione selvaggia: Slovacchia, Repubblica ceca, Ungheria e alcuni altri stati.

Il primo ministro del paese titolare dell’attuale semestre di presidenza del Consiglio della Ue, insomma, ci ha tenuto a ribadire, con semplicità, come il progetto delle quote obbligatorie è fallito. Fico, che da sempre si è distinto per le critiche contro Bruxelles e che ha respinto con insistenza ogni ipotesi di accoglienza su base obbligatoria, non ha fatto che anticipare una proposta di compromesso che ha intenzione di presentare in vista del prossimo vertice Ue di dicembre. A suo parere, infatti, è giusto che tutti abbiano il dovere di dare un contributo, ma ogni paese deve essere lasciato libero di scegliere il contributo che ritiene più opportuno. E ha voluto ribaditre, “siamo contrari a qualsiasi a ogni ipotesi di quote su base obbligatoria”.

Come si sa, non è solo. Varsavia, già riottosa sul fronte della ripartizione dei profughi, sta intanto sfidando in questi giorni l’Ue anche sullo Stato di diritto e respinge le richieste della Commissione europea, che puntano a tutelare l’imparzialità della Corte costituzionale polacca. Un muro che rischia di far scattare sanzioni senza precedenti nella storia dell’Unione. Verhofstadt ha chiesto che la Commissione, per la prima volta nella storia dell’Ue, attivi “la procedura dell’articolo 7” del Trattato unico europeo, quello che commina sanzioni per difendere i valori comuni, compreso lo stato di diritto.

La Polonia, assieme a Ungheria, Repubblica ceca e Slovacchia, fa peraltro parte del Gruppo di Visegrad, i quattro Paesi dell’Europa centrale che si oppongono con varie sfumature ma in maniera coordinata alla ripartizione dei migranti. Varsavia fa valere il fatto di aver già accolto “un milione” di stranieri ma ci calcola soprattutto ucraini e ceceni con un chiaro profilo di immigrati economici e non di profughi di guerra. I sondaggi rilevano che la posizione ha il sostegno di oltre il 60% dei polacchi che non vuole i profughi in particolar modo per paura dell’Islam