Migranti: la dura lezione di Colonia continua

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Migranti: la dura lezione di Colonia continua

07 Novembre 2016

“Ingenui”: si sono autodefiniti così al collettivo “Conne Island” di Lipsia, uno dei più noti centri sociali tedeschi. Motivo? Le serate organizzate per i migranti che richiedono asilo finite nel peggiore dei modi, cioè costretti addirittura a chiedere aiuto alla polizia. “Approcci sessisti e aggressioni corporali sono avvenuti da noi e in altri locali, e di frequente – anche con la conseguenza di indurre molte donne a rinunciare a partecipare, per evitare molestie e litigi”.

Un “effetto Colonia” (ricordando le pesanti aggressioni a sfondo sessuale avvenute lo scorso capodanno da parte di gruppi di stranieri nei confronti delle donne nella piazza tedesca) esteso anche a omo e transessuali, condito da sbronze di gruppo e risse furibonde, ma non solo. Quelli di Conne Island si lamentano anche di molti “zelanti antirazzisti che hanno rimproverato i nostri uomini del servizio d’ordine” se osavano riprendere un migrante, e denunciano la banalizzazione delle aggressioni sessuali, con “giustificazioni para-culturali (che ne sanno che non si trattano così le donne?)”.

Onore al merito ai gestori del centro sociale tedesco (e a Repubblica che ha riportato la notizia), che hanno cercato di aprire un dibattito a sinistra, ammettendo il fallimento pure di questo tentativo: dopo vari incontri con gestori di locali in cui si erano verificati episodi simili “tutti i partecipanti erano incerti su come condurre una discussione pubblica di questo tipo senza rischiare toni razzisti”. 

La verità è che l’immigrazione non è “solo” una questione di aprire le porte a chi scappa da guerre, fame e miseria. Magari fosse la favola dei “buoni” che accolgono altri “buoni” che scappano dai “cattivi”, e vissero tutti felici e contenti. I migranti non sono numeri ma persone, e in quanto tali portano con sé la loro storia, cultura, tradizione, che si confrontano necessariamente con la nostra storia, cultura e tradizione: bisognerà pure cominciare a riconoscere che non sono tutte uguali, e ce ne è qualcuna peggiore e qualcuna migliore, usando proprio questi aggettivi.

Bisognerà pure cominciare a giudicare pubblicamente un comportamento sbagliato, e punirlo, distinguendolo da uno rispettoso, senza timore di passare per razzisti. Non è con il politicamente corretto che si affronta il problema dell’immigrazione, altrimenti, nella migliore delle ipotesi, succederà come nei centri sociali tedeschi dove, a malincuore, hanno dovuto ammettere che “la socializzazione molto autoritaria e patriarcale tipica di alcuni paesi di origine dei profughi e la liberalità della cultura (e festaiola) occidentale possono creare anche da noi un miscuglio esplosivo”.

E’ fondamentale prendere consapevolezza di questa realtà, se non vogliamo ridurci tutti, come al Conne Island, al paradosso di dover chiamare la polizia per evitare lo scontro di civiltà.