Migranti, Macedonia chiude frontiere. Stop alla rotta balcanica
09 Marzo 2016
E’ la Slovenia il primo Paese dell’Ue ad applicare l’intesa raggiunta lunedì notte a Bruxelles con la Turchia. I termini non sono ancora perfezionati e con Ankara ci sarà un nuovo incontro, il 17 marzo. A Lubiana l’accordo raggiunto basta e avanza e va allora applicato al confine con la Croazia, Paese che a sua volta non è dell’area Schengen. Da mezzanotte, la polizia accetterà solo chi ha il visto, chi chiede asilo e chi ha bisogno d’aiuto umanitario.
E’ la chiusura totale. Il premier Cedrar ha annunciato: «Da oggi la rotta balcanica non esiste più. Da adesso si ricominciano ad applicare rigorosamente e in pieno tutte le procedure di Schengen». Non oltre una cinquantina di rifugiati al mese, 567 all’anno, meno di due al giorno, insomma, «che è un numero sostenibile e ci permetterà l’integrazione».
Cedrar è stato immediatamente imitato dalla Serbia, che non è membro dell’Unione, ma lo stesso ha deciso d’adeguarsi alle decisioni di Bruxelles, sbarrando il suo confine con la Macedonia. Un vero effetto domino. Perché se la Slovenia chiude, via, via lo faranno tutti i vicini che si trovano in casa la marea migratoria. Il ministro dell’Interno di Belgrado ha, difatti, dichiarato: «Non possiamo trasformarci in un enorme campo profughi». E il suo collega croato Vlaho Orepic ha confermato che pure Zagabria adotterà nuove regole dalla mezzanotte.
Le dichiarazioni di Cerar ricalcano quelle di altri leader dell’Est europeo e dello stesso premier austriaco Faymann, a sua volta il primo a limitare gli accessi e a sigillare il confine di Vienna con la Slovenia: il domino dei migranti s’è interrotto proprio da lì. Il sostegno dell’opinione pubblica è pressoché totale in quelle zone di fronte a queste decisioni. Ad ogni modo, come gli altri Paesi balcanici, né la Slovenia, né la Serbia, né la Croazia sono la meta finale di chi migra: su 478mila persone fatte passare da ottobre a oggi, solo 460 hanno chiesto asilo politico a Lubiana.