Migranti, Visegrad pensa al Muro dell’EST

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Migranti, Visegrad pensa al Muro dell’EST

17 Febbraio 2016

Il fronte dei Paesi dell’Europa centro-orientale si compatta. Mentre la prospettiva di una politica europea coordinata sull’immigrazione sembra allontanarsi sempre più, in Europa dell’Est sembrano avere le idee chiarissime, anche troppo. A pochi giorni dal Consiglio Ue che giovedì e venerdì discuterà di rifugiati, i leader del Gruppo di Visegrád si sono riuniti a Praga allargando il tavolo a Bulgaria e Macedonia. Proprio a "Visegrád" all’inizio degli anni Novanta si era cercato di tracciare una via comune dei Paesi appartenenti all’ex blocco sovietico verso la integrazione comunitaria. Integrazione che questi Paesi sembrano intendere a modo loro, visto che i premier di Polonia, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca fanno blocco  in opposizione alle aperture tedesche sulla crisi dei rifugiati e al programma di redistribuzione dei richiedenti asilo sostenuto da Bruxelles.

 

Il nuovo muro. «La Grecia ha fallito nella difesa dei confini Schengen dall’immigrazione di massa, quindi dobbiamo attuare un piano B con la costruzione di un muro a Sud» così il premier ungherese Viktor Orbán. La nuova barriera dovrebbe sigillare le frontiere di Macedonia e Bulgaria per arginare gli ingressi dalla Grecia e limitare il flusso di profughi e rifugiati che risale i Balcani. Se Atene non dovesse rispettare l’ultimatum di tre mesi lanciato dalla Ue, potrebbe scattare la sospensione dell’area di libera circolazione Schengen. Un tema destinato a incidere sul dibattito politico in Grecia, nel pieno delle verifiche dei creditori internazionali sulle riforme imposte dal terzo salvataggio. Se Paesi come l’Ungheria e gli altri che non accettano la redistribuzione dovessero perseverare su questa linea, e’ probabile che il flusso dei migranti tornerebbe a premere verso il Mediterraneo, Lampedusa e l’Italia. A Berlino non piace il progetto di Visegrád: meglio rafforzare la rete degli hotspot e puntare sul piano di cooperazione da tre miliardi di euro con la Turchia.

 

I negoziati. In queste ore procede l’offensiva diplomatica congiunta del premier britannico David Cameron e del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. Dopo il giro delle capitali orientali, Cameron ieri è volato a Parigi per strappare il sostegno del presidente François Hollande alla bozza di accordo che dovrebbe tenere Londra nella Ue in cambio di maggiore autonomia e ridotti benefici sociali per i lavoratori immigrati. Anche Tusk ieri era a Parigi, prima di partire per il tour promozionale tra Berlino, Praga e Bucarest. Il Centro-Est si è ritagliato un ruolo cruciale nella trattativa che entra nella fase finale.