Milano declina tra nomine bloccate e soliti andirivieni
03 Aprile 2009
di Tobia Ratti
Il declino di Milano sta tutto nell’ immagine che proietta il gioco di poltrone nel quale è impegnata la “presunta” classe dirigente della città. Innanzitutto una nota a margine. Ventiquattro ore dopo la celebrazione della nascita del più grande partito moderato d’Europa, due prodiani tenui vengono designati rispettivamente alla direzione del Sole e del Corriere. Trionfa Giovanni Bazoli, perde Cesare Geronzi. Sarà certamente vero che al Cav della carta stampata importa poco perché non “sposta” voti. Peccato che tra il 2001 ed il 2006 lo stillicidio quotidiano sul declino dell’ Italia non abbia granchè aiutato il centrodestra e, se non andiamo errati, la rimonta in quella campagna elettorale fu tutta sulle spalle del Cav, visto che i suoi stessi alleati per primi erano convinti di aver governato male e di non potercela fare. Oggi, con la staffetta al Corriere, si conferma una storia fatta di indifferenza al “prodotto” e di distacco dai lettori.
Del Sindaco di Milano è quasi meglio tacere. E’, senza timore di smentita, di gran lunga il peggiore degli ultimo quarant’anni. Inesistente la visione, disastrosa la gestione della macchina comunale, grottesca la vicenda dell’ Expo, assoluto il distacco dalla città. Letizia Moratti si è insediata nel 2006 convinta di essere la naturale erede del Cavaliere, certa di poter contare su un certo spirito “ Kadimista”, incoraggiata in questo dal suo grande estimatore e noto portafortuna Massimo D’Alema. Peccato che nel frattempo il Pd si sia squagliato e Berlusconi le abbia azzeccate tutte. Circolano sondaggi che danno Letizia Moratti intorno al 10%. In effetti non sembrerebbe il momento di pensare a terzi poli. Casomai sarebbe il caso di pensare a come, con garbo, accompagnare il Sindaco verso un prestigioso incarico internazionale e immaginare la candidatura di un virgulto del PdL , oppure, meglio ancora, di riconsegnare lo scettro a Gabriele Albertini.
Last but not least, l’ incresciosa vicenda di Assolombarda. E’ dalla presidenza Benedini che non si hanno notizie della più grande associazione industriale del Paese. Diana Bracco ha avuto la fortuna di competere con Letizia Moratti, la qual cosa ha attenuato la clamorosa percezione di inconsistenza che ben conoscono gli imprenditori milanesi. Sembrerebbe che per la successione sia favorito un clonino della stessa Bracco.
Unica speranza: la ricandidatura di Benedini. Non sarà una prospettiva d’ avvenire, ma potrebbe essere un freno all’ ineluttabilità di una selezione al ribasso senza fine, della mortificazione della città, della perdita, per molto tempo di quel ruolo baricentrico, che specialmente in un momento di crisi acuta come l’attuale, sarebbe bene Milano mantenesse, nell’ interesse dell’ Italia.