Minimo nei sondaggi e labour a picco: per Brown un anno da dimenticare

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Minimo nei sondaggi e labour a picco: per Brown un anno da dimenticare

28 Giugno 2008

Ieri il governo di Gordon Brown ha compiuto un anno alla guida della Gran Bretagna. Ma a 365 giorni dall’insediamento del primo ministro scozzese a Downing street, ci sono pochi motivi per festeggiare. Finora il bilancio è negativo: indici di gradimento al minimo storico, continui mal di pancia dei deputati laburisti “minori” che minacciano scissioni, il peggior risultato di sempre del Labour alle elezioni amministrative e un generale senso di disfatta che serpeggia all’interno del partito al governo. 

Un sondaggio del quotidiano The Guardian rivela che il 67% degli elettori laburisti considera Brown peggio di Tony Blair, mentre il 24% dell’intero elettorato confessa di parteggiare per il partito laburista, ma non gradire la persona del primo ministro. Le proiezioni sono confermate anche dalle intenzioni di voto dei britannici: solo 25% darebbe ancora fiducia ai Labour. Un dato bassissimo, specie se confrontato con il 45% ottenuto dei Conservatori nei sondaggi. Il partito laburista mantiene quindi un trend negativo, che lo ha fatto sprofondare fino al livello minimo di popolarità dal 1943, quando si sono cominciati a fare i sondaggi nel Regno Unito. Neppure l’ultima, azzardata mossa di Brown, che ha chiamato personalmente al telefono i cittadini scontenti, ha dato esiti positivi. La campagna per cercare il contatto con gli elettori e ribaltare i sondaggi sfavorevoli non ha avuto evidentemente gli effetti desiderati. 

Fin dal suo arrivo a Downing street, il primo ministro, successore di Tony Blair, ha dovuto affrontare eventi tormentati. Già pochi giorni dopo il suo insediamento, il neo premier ha fronteggiato la rinnovata ondata di attacchi terroristici, per fortuna sventati. Prima un’autobomba a Londra, qualche ore dopo un’altra trovata davanti all’aeroporto di Glasgow. Poi l’inondazione che ha colpito l’Inghilterra a nord-ovest della capitale; i sei casi di afta epizootica che hanno portato all’abbattimento immediato di migliaia di capi di bestiame nel tentativo di stroncare sul nascere l’epidemia, e infine l’emergenza del virus “lingua blu”, prima di allora sconosciuto nel paese.

Insomma, una serie di eventi negativi che avrebbero potuto far traballare la recente leadership, invece Gordon Brown ha gestito bene queste turbolenze, accumulando un forte vantaggio sull’avversario conservatore, David Cameron, e staccandolo di dieci punti nei sondaggi a fine settembre 2007. Ma la luna di miele con i cittadini inglesi è stata tutto sommato intensa e breve. 

Le  quotazioni del premier hanno iniziato a crollare con lo scandalo della Northern Rock, l’istituto di credito ed erogatore di mutui che, chiedendo un prestito di emergenza alla Banca d’Inghilterra, scatenò il panico nei correntisti britannici.  L’emergenza della banca è stata risolta con la nazionalizzazione della stessa da parte del governo, ma per Brown, da sempre considerato esperto economista, sono iniziati i dolori. La crisi del credito ha intaccato duramente anche il sistema economico inglese, nonostante il potere solido della sterlina. I consumi hanno iniziato a raffreddarsi e il mercato immobiliare è stato travolto dalla grave difficoltà. Quindi l’abolizione dell’aliquota del 10% per i redditi più bassi ha scatenato le critiche dei Conservatori e ha provocato la fronda del “correntone” laburista. Tanto da obbligare Brown alla retromarcia. Infine la legge che porta da 28 a 42 giorni la detenzione preventiva nelle inchieste di terrorismo in caso di “minaccia eccezionale e grave”. Questa ultima battaglia è stata vinta dal primo ministro grazie all’appoggio in extremis di nove deputati del partito protestante nordirlandese e ha creato molti dissapori all’interno del Labour. 

Al di là dello scontro politico, a pesare ci sono anche le ansie dei cittadini: perdita del potere d’acquisto, costo della vita alle stelle, dipendenti pubblici in rivolta sono solo alcuni dei problemi che l’inquilino di Downing street deve fronteggiare. La colpa, come in molte altre economie, è per lo più da attribuire alla congiuntura internazionale negativa e alla corsa del super-petrolio, ma ciò colpisce Brown dove fa più male: dopo aver passato 10 anni ad occuparsi dell’economia del Regno Unito, il premier sembra aver esaurito le soluzioni d’emergenza. Sicché molti elettori e oppositori politici, lo accusano di essere il vero colpevole della crisi attuale.

Come se tutto questo non fosse sufficiente per stilare un bilancio negativo, o comunque fortemente criticabile, l’anniversario di oggi è segnato da un’ulteriore sconfitta. L’ultima umiliazione arriva dal seggio di Henley, chiamato alle urne per nominare il sostituto di Boris Johnson, eletto sindaco di Londra. Come previsto, i conservatori mantengono intatta la loro dominazione nella propria roccaforte e consolidano la serie di risultati positivi, dopo la conquista della capitale e dei seggi di Crewe e Nantwich, storicamente di orientamento Labour. Così, mentre l’elezione di John Howel, candidato Tory, non meraviglia più di tanto, è il quinto posto ottenuto dal rappresentante dei laburisti, Richard McKenzie, a stupire. L’elezione, come previsto, è stata una lotta tra conservatori e liberal-democratici, ma il quinto gradino ottenuto dai laburisti non può che far suscitare ulteriori malumori. Impossibile non chiedersi come mai il partito al governo abbia raggiunto un risultato tanto deludente da essere dietro ai Nazionalisti e ai Verdi. 

Ora i commentatori più perfidi rinfacciano a Brown di essere il leader dopo un’elezione che non c’è mai stata, perché ha ereditato il posto di primo ministro da Tony Blair. Viceversa il premier di origini scozzesi sembra deciso ad andare avanti e ha più volte ribadito che non ci saranno nuove elezioni politiche fino al 2010. Basta ricordare che nel giorno della staffetta con il suo predecessore Blair, Brown è entrato al numero 10 di Downing street pronunciando il motto del suo liceo scozzese: “Io farò il mio meglio fino all”estremo”.