Misure anticrisi senza dl e i frondisti restano la spina nel fianco del Cav.

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Misure anticrisi senza dl e i frondisti restano la spina nel fianco del Cav.

02 Novembre 2011

Niente patrimoniale, nessun prelievo forzoso sui conti correnti. Le voci circolate nelle ultime ore tra le cose possibili da fare per onorare l’impegno coi partner europei si scontrano prima col muro di Palazzo Grazioli dove il Cav. presiede l’ufficio di presidenza del Pdl, poi con quello del vertice notturno del Consiglio dei ministri. Si fa strada l’ipotesi di un decreto legge da inserire nella legge di stabilità per dare subito corso non solo alla lettera di intenti che Bruxelles ha apprezzato ma anche a quella di agosto della Bce. L’idea, però, non piace a Tremonti e neppure al Colle così a tarda sera si torna al maxiemendamento alla stessa legge già incardinata al Senato, da approvare in 15 giorni.

Un’altra giornata ad altissima tensione nel centrodestra, con in più il timore della tenuta dei numeri in parlamento dove i delusi, i malpancisti, gli scontenti, insomma la pattuglia di quelli tentati dallo staccare la spina ma non convinti fino in fondo, si agita, si riunisce, discute (cene e aperitivi), pensa al da farsi.

Certo, alla vigilia del G20 a Cannes, è come se Berlusconi dovesse far passare la crisi (politica ed economica) dalla cruna di un ago. Passaggio stretto e pericoloso. Lui non molla, lo ha ripetuto ai suoi, è sicuro di portare al vertice francese un pacchetto di misure efficaci e concrete in grado di fermare l’altalena dei mercati e la diffidenza degli operatori finanziari internazionali. Se il compito di serrare i ranghi della maggioranza e superare pure questa prova in parlamento dovesse riuscirgli, allora avrebbe in tasca la garanzia di arrivare a fine legislatura, ma niente in queste ore così concitate è scontato.

La ‘vigile attenzione’ del Quirinale da un lato può rappresentare per il Cav. un autorevole sostegno per tradurre in atti i provvedimenti annunciati nella lettera a Bruxelles, dall’altro però pesa come un macigno sul destino del governo perché anche ieri il Colle ha proseguito il giro di consultazioni informali per verificare se vi sia convergenza tra le forze politiche attorno alle misure anti-crisi e al tempo stesso se vi siano le condizioni per un esecutivo di larghe intese. Ieri è stata la volta di Casini, Rutelli, Bocchino. Bersani e Di Pietro, oggi saliranno al Quirinale le delegazioni di Pdl e Lega.

Se ad agosto Terzo Polo e Pd dettero prova di responsabilità contribuendo ad approvare in 72 ore la manovra finanziaria, oggi non è più così e tutti in coro ripetono lo stesso ritornello: pronti a fare la nostra parte ma Berlusconi deve lasciare Palazzo Chigi. Il centrodestra ribatte: niente ribaltoni nessun governo diverso da quello eletto democraticamente nel 2008. Veti incrociati, stallo.

A questo si aggiungono gli scricchiolii dentro la maggioranza. E’ su questo che le opposizioni stanno speculando (politicamente), al pari di chi nel contesto finanziario internazionale vorrebbe mettere l’Italia sulla stesso piano della Grecia. Come se non bastasse, Bossi ci mette del suo e ai cronisti dice che è inutile chiedere il passo indietro a Berlusconi “tanto quello non lo fa”. Segnali.

Ma il Cav. non intende fare il gioco delle opposizioni o di chi dentro il Pdl fa l’indignato vagheggiando chissà quali governi alternativi. No, stavolta è deciso ad andare fino in fondo e a sfidare tutti in parlamento sulle misure anticristi, come gli suggerisce da giorni Giuliano Ferrara. A tarda notte da Palazzo Chigi escono le linee guida che oggi Berlusconi porterà al G20: vendita di immobili del patrimonio pubblico, infrastrutture, liberalizzazioni delle professioni, sburocratizzazione.

Per ora non ci sarebbero provvedimenti sulla riforma del mercato del lavoro che potrebbero essere inseriti successivamente nel maxi-emendamento alla legge di stabilità. Quello che di sicuro non c’è nel pacchetto anti-crisi è la patrimoniale e il prelievo forzoso dai conti correnti. Allo studio ci sarebbe – ma il condizionale è d’obbligo – un prestito forzoso. In altri termini, per chi ha redditi molto alti, superiori al milione di euro, si ipotizza l’obbligo ad acquistare titoli di stato; ciò consentirebbe di incidere sull’abbattimento del debito.

E se l’opposizione alza il muro anche se Di Pietro non vede la lettera della Bce come un dogma e avanza perplessità sulla reale efficacia di un governo di salvezza nazionale come lo chiama Casini, l’ok al pacchetto anticrisi in Aula dovrà arrivare dalla maggioranza. Ed è proprio questo l’altro nodo da sciogliere: i frondisti sono tentati dalla costituzione di un gruppo parlamentare autonomo ma ancora non sanno come muoversi. Ieri Roberto Antonione che ha annunciato l’addio al Pdl (ma che Berlusconi è convinto di poter recuperare) ha riunito una decina di parlamentari tra i quali anche gli scajoliani Destro e Gava (non hanno votato la fiducia al governo) per capire da che parte andare. Pure Luciano Sardelli già passato al Misto medita la via da percorrere.

In più e a sorpresa, Maurizio Paniz, capogruppo Pdl in Giunta per le autorizzazioni, ieri ha dichiarato che il Cav. ha sbagliato candidando Gianni Letta o Renato Schifani alla guida di un governo di centrodestra che accompagni il paese al voto nel 2013. Segnali. L’allarme è alto e lo fa capire il segretario del Pdl Angelino Alfano quando parla di “un’opa ostile contro di noi” messa in piedi per “attirare” nel disegno anti-Cav. “una decina di deputati dando loro l’illusione di non fare un’operazione di trasformismo, ma di andare in un partito nuovo, con un finto simbolo nuovo”.

Non a caso in via dell’Umiltà si lavora per respingere l’assedio: niente ribaltoni o governi alternativi. Se a gennaio l’esecutivo dovesse cadere, c’è una sola strada: elezioni.