Mitrovica divisa. La questione del Kosovo non è ancora risolta

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Mitrovica divisa. La questione del Kosovo non è ancora risolta

Mitrovica divisa. La questione del Kosovo non è ancora risolta

08 Luglio 2010

La Serbia ha ribadito per l’ennesima volta il suo no all’indipendenza proclamata dal Kossovo il 17 febbraio 2008. Lo ha fatto con un discorso che il presidente Boris Tadic ha pronunciato davanti al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, riunitosi su richiesta di Belgrado dopo gli ultimi episodi di violenza registrati a Mitrovica, la città del nord del Kossovo divisa in due, tra serbi e albanesi. Secca la risposta del ministro degli esteri kossovaro, Skender Hyseni, che ha ribaditto come gli ultimi episodi di violenza scoppiati nella città di confine non possano esseri addebitati agli albanesi del Kossovo.

Venerdì scorso, un uomo era rimasto ucciso in una esplosione mentre domenica ad essere ferito, sempre a Mitrovica, è stato un parlamentare kossovaro di etnia serba, Petar Miletic, leader del Partito Liberale indipendente, che ha riportato una serie di ferite alle gambe. Miletic, secondo fonti della polizia locale, aveva delle non meglio chiarite questioni terriere in sospeso con altri abitanti della zona. Questa spiegazione non ha fermato serbi e albanesi dallo scambiarsi reciproche accuse sull’attentato, definito un "atto terroristico" sia dalle autorità di Prishtina che da quelle di Belgrado.

Mitrovica è il simbolo della divisione e delle contrapposizione etniche che ancora persistono in Kossovo, e negli ultimi tempi è stata a più riprese teatro di incidenti e tensioni fra le due comunità che ci vivono. La metà dei 120mila serbi del Kossovo, tra cui i 20mila di Mitrovica, abitano nel nord del Paese, collegato da una serie di strade alla Serbia – rifiutano le istituzioni kossovare e considerano Belgrado la propria capitale. I serbi kossovari respingono inoltre il "piano del nord" messo a punto da Prishtina e dal rappresentante della missione EULEX, Pieter Feith, che punta a una più massiccia integrazione del Nord del Kossovo all’interno del tessuto istituzionale della nuova repubblica, puntando allo smantellamento delle strutture di "governo parallelo" tenute ancora in piedi dai serbi. Belgrado ha accusato Feith di aver avvallato l’apertura di un ufficio amministrativo di Prishtina a Mitrovica, un’altra delle cause della protesta serba.

Tornando all’incontro che si è svolto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, gli ambasciatori delle potenze occidentali di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia, hanno definito deplorevoli gli incidenti scoppiati negli ultimi giorni, ma nello stesso tempo si sono rifiutati di giudicarli un atto di terrorismo. La posizione dei "grandi" ha innervosito il Presidente Tadic che si è allontanato dalla sala del Palazzo di Vetro mentre il ministro kossovaro Hyseni era sul punto di completare il suo discorso. Insieme a Tadic hanno lasciato la sala il ministro degli esteri, Vuk Jeremic, e altri membri della delegazione serba. Nel frattempo il rappresentante della Federazione Russa criticava la missione europea EULEX per il mancato rispetto della risoluzione ONU 1244, invitando Bruxelles a rivedere la sua missione in Kosovo e a prendere provvedimento contro il piano d’azione dell’inviato Feith. La Russia ha definito una "provocazione" le parole del ministro degli esteri kossovaro.

Il capo di EULEX, da parte sua, ha dichiarato che i serbi non consentono alla polizia kossovara di incontrare Miletic, tutt’ora ricoverato in un ospedale nel nord di Mitrovica. Secondo Feith gli incidenti dei giorni scorsi non evidenziano un rischio effettivo per la stabilità generale di Mitrovica, come per altre parti del Kossovo. Il problema, se mai, sono gli estremisti radicali serbi nel Nord del Paese che minacciano il personale EULEX, chiedendo alla popolazione di non collaborare con la missione europea. Di tutt’altro parere il presidente Tadic che ha avvertito il Consiglio di Sicurezza che, "se l’attentato contro i serbi non verrà condannato, Belgrado rivedrà le relazioni con i Paesi presenti in Kossovo". Secondo Tadic, la granata esplosa venedì scorso è stata lanciata dai cantieri di una casa albanese nel quartiere dei bosniaci. L’uomo di Belgrado ha accusato le istituzioni kossovare di aver aperto provocatoriamente una sede nel nord, serbo, di Mitrovica, estendendo le sue accuse a Feith e all’International Civilian Office. Tadic ha giurato, ancora una volta, che la Serbia non riconoscerà mai lo stato del Kossovo.

A Tadic ha risposto il ministro degli esteri kossovaro Hyseni, spiegando che le indagini sul duplice incidente di Mitrovica non sono ancora state completate. Tra i manifestanti serbi che hanno dato vita alle proteste, secondo il ministro, c’erano anche degli uomini armati, e potrebbero essere stati loro i responsabili dell’esplosione che è costata la vita a un medico Bosniaco, oltre a fare dieci feriti tra i serbi. L’ufficio del governo a Mitrovica? Non è minaccia per i cittadini, ma solo per le forze estremiste e radicali serbe. Hyseni ha ricordato la sanguinosa storia del Kosovo degli ultimi anni dicendo che nella Regione non ci sono Paesi che hanno "colpe unilaterali", perché "nei Balcani occidentali non ci sono né angeli né demoni". Il Ministro degli Esteri Hyseni e il Presidente Tadic si sono contestati in mtutto e per tutto. Se per Tadic la parola "Kossovo" non esiste così come non c’è una identità kossovara, ma solo albanesi, serbi e turchi, secondo Hyseni i cittadini del Kossovo sono kossovari, e questo indipendentemente dalla loro etnia. Quando il ministro si è augurato che in futuro Belgrado possa aprire una ambasciata a Prishtina, riconoscendo l’indipendenza del Kossovo, il Presidente serbo si è alzato abbandonando polemicamente la sala.

Belgrado, insomma, continua a respingere l’indipendenza proclamata dal Kossovo il 17 febbraio 2008. La Serbia ha perduto il controllo della sua ex provincia ribelle nel 1999, dopo i bombardamenti della Nato tesi a mettere fine al genocidio della etnia albanese da parte dei paramilitari di Milosovic, durante la guerra anti-insurrezionale durata due anni. Dopo la dichiarazione di indipendenza del Kossovo, la Serbia ha chiesto alla Corte Internazionale di Giustizia di decidere se l’iniziativa kossovara aveva una base legale. Ultimamente, durante in incontro fra il premier kossovaro Hashim Thaci e il suo collega albanese Sali Berisha, è stata espressa la convinzione che il verdetto della Corte internazionale sarà  favorevole a Pristina, favorendo nuovi riconoscimenti della indipendenza da parte di altri Paesi. Finora l’indipendenza, proclamata unilateralmente da Pristina, è stata riconosciuta da 69 paesi, fra cui gli Usa e 22 dei 27 membri della Ue, Italia compresa. Il verdetto (non vincolante) della Cortre internazionale di giustizia è atteso nelle prossime settimane. Secondo un giornale di Belgrado verrà  pronunciato il prossimo 22 luglio.