Molti i dubbi ma la Spagna non abbandona il Libano

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Molti i dubbi ma la Spagna non abbandona il Libano

25 Giugno 2007

Dopo la morte dei sei soldati spagnoli avvenuta ieri a causa dell’esplosione di un’autobomba nel sud del Libano, il numero  complessivo delle vittime  spagnole  impegnate in missioni internazionali sale a quota 135. Il ministro della Difesa Alonso, nel corso della prima dichiarazione rilasciata dopo l’attentato,  ha marcato una netta differenza rispetto alla politica messa in atto all’indomani della vittoria di Zapatero che, come si ricorderà, portò ad un immediato ritiro delle truppe dall’Iraq.

Dopo aver espresso la sua vicinanza ai familiari delle vittime, il ministro, ha infatti  sottolineato la volontà del governo di non abbandonare la missione. Dichiarazioni simili sono giunte anche dal ministro degli Esteri Moratinos e dallo stesso premier. All’interno del paese sembra minima la strumentalizzazione dell’accaduto per accrescere i consensi. Diciamo minima e purtroppo non inisistente, poiché se da un lato il PP, non sconfessando l’operato del governo, lo ha soltanto invitato ad adottare le massime misure di sicurezza per la protezione dei militari impegati nelle varie missioni internazionali, dall’altra  Izquierda Unida, il partito rappresentante della sinistra radicale, cercando di capitalizzare le istanze pacifiste espresse a livello sociale, ha invece chiesto al ministro della Difesa di riferire al Congresso le cause dell’accaduto, spostando così l’attenzione più sulle presunte responsabilità del governo – in termini di sicurezza delle truppe – che sulle conseguenze internazionali dell’attentato.

L’Europa e gli Stati Uniti hanno immediatamente  espresso sentimenti di solidarietà nei confronti del governo Zapatero. Tra le posizioni più rilevanti risultano quelle tenute dagli Stati Uniti, dalla Francia e da Israele. Forse temendo un ripensamento dell’impegno spagnolo, la Rice ha sottolineato l’importanza del ruolo dell’Unifil per la pace in Libano,  il ministro degli Esteri francese Kouchner ha evidenziato l’urgenza della messa in atto di una linea politica condivisa da parte dei 28 paesi coinvolti nella missione, e particolare da parte dei membri dell’Unione Europea, mentre la ministra degli Esteri israeliana, Tzipi Livni, si è spinta oltre le diffuse dichiarazioni di solidarietà, offrendo l’aiuto del suo paese alla Spagna.

L‘impressione generale nella penisola iberica è che non sia stato un’attentato isolato ma che sia l’inizio di una campagna di destabilizzazione del Libano e di una reazione contro la missione dell’Unifil. Ci si interroga sugli autori dell’attentato e del perché esso sia stato diretto contro la Spagna, considerata per i suoi precedenti come l’anello debole  della difesa europea. Sembra escludersi la responsabilità diretta Hezbollah, anche se è difficile credere che i suoi vertici non siano a conoscenza di quanto accade e di chi opera in quelle zone.

Gli sguardi sembrano allora  concentrarsi sulle attività di Fatah Al -Islam, un gruppo legato alla rete del terrorismo internazionale di Al Queda che già pochi giorni fa  aveva minacciato le truppe Onu. Varie informazioni  non ufficiali accreditano la possibilità  di una crescita di attacchi contro le missioni di pace, e fonti libanesi – dopo la cattura di guerriglieri nel sud del Libano – dichiarano di temere altri piani terroristi contro l’Unifil.  Il clima si fa incandescente e gli interessi dell’Iran e della Siria per il controllo del Libano lasciano presagire un’altra estate calda nel Paese dei Cedri.