Montezemolo: addio amaro a Confindustria
14 Aprile 2008
di redazione
Il 18 aprile Luca Cordero di Montezemolo reciterà il suo
addio ufficiale a Confindustria. Lo farà alla sua ultima assemblea che si terrà
al Lingotto. Tema dell’incontro: “Cambiare per crescere”. Già nei giorni scorsi
si sono potuti cogliere i toni amari del presidente uscente. “Non possiamo più
permetterci altri quattro anni di immobilismo” ha detto. Intendeva prendersela
con i sindacati e i politici. Ma qualcuno ha letto in quelle parole quasi un
auto epitaffio della sua presidenza. Anche perché erano collegate a un
messaggio (siamo pronti ad accordi separati sul sistema di contrattazione) che
contraddiceva l’essenza della leadership confindustriale di questi quattro
anni: basta agli accordi separati, la Cgil è un partner affidabilissimo, le
radicalizzazioni damatiane sono state dannose per l’industria e vanno
cancellate.
Dopo quattro anni di slogan di questo tipo, ora si arriva a
profilare intese solo con chi ci sta, prese di posizioni dure e così via. Anche
dall’ambiente più integrato al montezemolismo, il cosiddetto piccolo
establishment con la sua corazzata rappresentata dal Corriere della Sera,
vengono messaggi di divorzio con Guglielmo Epifani, che era stato il cocco di
via Solferino pure nel momento delle critiche più puntute al governo Prodi.
Comunque vada il voto, anche Walter Veltroni ha detto che bisognerà puntare sulla
contrattazione articolata. Il leader del Pd
cercherà di valorizzare i settori modernizzanti del sindacato più di
sinistra, legandosi agli ambienti riformisti (in lista ha Achille Passoni che
dopo qualche ventata di massimalismo tardocofferatiano, è tornato alle sue
radici, e potrebbe aiutare una delle sindacaliste più sveglie e moderne,
Valeria Fedeli, leader dei tessili Cgil, a scalare la segreteria
postepifaniana) e neutralizzando corporativisticamente il corpaccione
cigiellino, che oggi tende ad avere il suo centro nel pubblico impiego, con
Paolo Nerozzi, già vero numero due di Corso d’Italia, candidato chiave del Pd.
Ma la via della trasformazione riformista della Cgil (più
difesa del corporativismo dell’amministrazione pubblica) è lunga e si scontrerà
violentemente con l’atteggiamento radicale prevalente nella categoria
industriale più forte, i metalmeccanici della Fiom-Cgil. Da qui la previsione
di scintille nelle relazioni industriali, con un ritorno (dopo gli
scavalcamenti montezemoliani pro-Cgil) di Cisl e Uil a posizioni più
indipendenti.
La Confindustria marcegagliana si sta attrezzando a questo
nuovo scenario: non è un caso che a sostituire il montezemoliano impazzito
Massimo Calearo alla testa di Federmeccanica dovrebbe venire un uomo
espressione della linea tradizionale dei meccanici confindustriali, quella pre-Montezemolo,
Pierluigi Ceccardi. Tra l’altro un mantovano: il che senza dubbio testimonia
anche l’attenzione particolare di Emma Marcegaglia per questo settore. Un
tentativo di Alberto Bombassei di sostenere un candidato più legato a lui,
Giancarlo Dallera, è finito in niente.
Oltre Federmeccanica, stanno andando a posto i vari pezzi
della squadra marcegagliana: significativa la scelta veneta per Antonio
Costato, presidente di Confindustria di Rovigo, giovane, colto, leader di un
gruppo affermato in Italia ed Europa, Grandi molini italiani.
Fuori corsa per la presidenza di viale dell’Astronomia gli
ultimi dei “progressisti”, Aldo Fumagalli e Anna Maria Artoni, tramonta anche
l’ipotesi per vicepresidente con delega al Mezzogiorno del montezemoliano
Gianni Lettieri: al suo posto dovrebbe passare Cristiana Coppola. Con la
Coppola e la Marcegaglia, dovrebbe farcela anche la formidabile Federica Guidi –
nonostante che Diego Della Valle spari tutte le sue cartucce a sostegno di
Cleto Sagripanti – alla guida dei Giovani industriali (al posto di un altro
montezemoliano impazzito: Matteo Colaninno). Trasformando così, tra l’altro,
viale dell’Astronomia nella “zona più rosa” d’Italia.