Montezemolo si prepara ad uscire di scena tra i fischi e le macerie

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Montezemolo si prepara ad uscire di scena tra i fischi e le macerie

14 Gennaio 2008

Allo scadere
del suo mandato Luca Cordero di Montezemolo cerca di governare la sua uscita
senza subire uno smacco totale. Eppure la situazione non si presenta
felice. 

Alberto
Bombassei, patron della Brembo e vice di Montezemolo, ha detto che si è aperto
uno spazio tra governo, imprenditori e sindacati addirittura dalle
caratteristiche storiche. Ma Bombassei, pur imprenditore di grande valore e
confindustrialista assai ragionevole, è in una fase un po’ destabilizzata
perché ha dovuto rinunciare alla corsa alla presidenza, cerca un nuovo ruolo,
prova un po’ di affanno e non calibra bene le posizioni.

In realtà
quello che sta avvenendo sul fronte sindacale e governativo presenta alcuni
aspetti preoccupanti: la proposta di una pianificazione statale di stipendi e
prezzi, l’idea non di usare la concertazione per dialogare (lasciando al
Parlamento il suo ruolo guida) ma di sostituire la concertazione alle assemblee
elettive “luogo dove prevalgono le lobby” (così ha detto il pur assai assennato
Raffaele Bonanni ), una discussione in cui alcuni interlocutori – non solo di
Rifondazione (che peraltro guidano il ministero del Welfare) ma persino
Guglielmo Epifani – evocano la tragedia della Thyssen di Torino come caso
esemplare di cedimento alle ragioni della produttività, l’affermazione di un
uomo assolutamente mite come Luigi Angeletti che bisogna difendere solo i
redditi bassi da lavoro dipendente perché gli altri sono di evasori. 

Tutto questo
clima di demagogia, sfrenato dirigismo, antiparlamentarismo, di “classe contro
classe” preparano una situazione piena di tensione. E non è un caso che in una
vertenza che magari sta arrivando (stancamente) alla conclusione, quella per il
contratto dei metalmeccanici, si giunga persino ad attuare blocchi stradali:
come solitamente succede (ed è grave che succeda) nelle lotte più esasperate.

E’ evidente
che Confindustria non può non sfruttare le aperture del governo ad alleggerire
le tasse sui redditi bassi: un provvedimento in sé ragionevole e anche utile a
diminuire la tensione sindacale. E’ anche sempre opportuno, poi, raccogliere
qualsiasi disponibilità a favorire crescite della produttività, che oggi
passano soprattutto da una più efficace contrattazione aziendale. Non si
comprende, però, come questi provvedimenti che si annunciano comunque di minima
portata, possano offrire un’occasione storica. E perché si debbano dare generose
coperture a un governo essenzialmente mosso dall’esigenza di far vincere ai
governisti il congresso di Rifondazione, a tenere legata la Cisl al partito
democratico, a usare la Cgil per calmare Fabio Mussi e altri simili obiettivi
di “risanamento”. 

Ma, al di là
delle difficoltà di Bombassei, il problema sta in Montezemolo che rifiuta di
darsi una seria strategia di relazioni industriali, ed è spinto dai puri
interessi strategici della Fiat a tenere un buon rapporto con la Cgil
(strategia su cui al Lingotto comincia a maturare, però, qualche dubbio) e per
il resto pensa sempre a scelte più che altro di immagine. Rischiando, peraltro,
gravi figuracce: soprattutto quella di rafforzare il clima anti-imprese 
da sempre diffuso in Italia e che solo qualche anno fa era stato in parte
modificato. La sua ultima intervista, della settimana scorsa sul Sole 24 ore,
che chiedeva nuovi sgravi fiscali per le imprese (pur in sé assolutamente
necessari nel medio periodo) ha trasmesso l’immagine di una persona impotente,
subito spernacchiata da tutti e che deve poi rincorrere il presidente del
Consiglio per dare l’impressione di contare ancora qualcosa.

Montezemolo
è ormai in uscita, non esageri nel lasciare ruderi ai suoi successori.