Monti sa che la riforma Fornero non vedrà mai la luce ma fa finta di niente

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Monti sa che la riforma Fornero non vedrà mai la luce ma fa finta di niente

20 Giugno 2012

L’elevata mole del nostro debito pubblico, oggi pesante zavorra per lo sviluppo, è un’eredità della politica del passato. Questo lo sostengono in molti, e in tanti sono d’accordo. Si condivide che oggi si stia pagando quel madornale errore dei bei tempi che furono, quando i nostri generosi governanti elargivano tutto e a tutti rinviando dall’oggi al domani, dal loro presente al loro futuro (e nostro presente), il peso soprattutto finanziario (ma anche di tensione sociale) delle loro decisioni.

Ciò, con il senno del poi, si è mostrato evidentissimo specie in campo previdenziale, dove pensioni – baby e non baby – indennità e assistenze varie sono state elargite a dismisura senza pagare alcun conto, ma rinviando al domani la sistemazione delle partite debitorie. E si è mostrato presente, ma forse in una maniera meno evidente, anche nel campo giuslavoristico dove il principio del ‘non arretramento dei diritti dei lavoratori’ ha contribuito a costruire un mercato del lavoro parziale, duale, oneroso, non equo e con scarsissimo appeal per gli investimenti a confronto del contesto europeo.

Insomma, si è capito che quella enorme generosità – confusa spesso con capacità – dei nostri governanti, non era altro che la sintesi di imprudenti decisioni in quanto insostenibili. Così oggi viviamo una sorta di resa dei conti con gli scheletri nell’armadio del nostro passato: dovendo onorare le cambiali del passato, stentiamo a rialzarci e a riprendere il cammino dal fossato in cui la crisi ci ha impantanati.

Due fatti dei nostri giorni dicono che la lezione è servita a poco, con l’aggravante che l’evidenza ci arriva da Professori che al governo sono arrivati da tecnici, non da politici, proprio per evitare che, un normale governo politico, potesse ripetere simili errori nel durante di un’affannosa e rischiosa crisi economica mondiale.

Il primo fatto riguarda la questione esodati. Ieri, al Senato, la professoressa Elsa Fornero, ministro del lavoro, ha tenuto lezione sui numeri dei "lavoratori che meritano, pur con costi per la collettività, di essere salvaguardati dagli effetti del recente inasprimento dei requisiti per il pensionamento" (è la definizione di esodati del ministro), derivanti dalla riforma delle pensioni dello stesso ministro, approvata a dicembre scorso ed entrata in vigore a gennaio di quest’anno. Il ministro ha bacchettato un po’ tutti, dai giornalisti all’Inps, perché tutti utilizzano o hanno utilizzato parole, locuzioni o cifre fuorvianti dalla realtà dei fatti e dei numeri. Realtà di cui la Fornero sostiene di avere piena conoscenza: questo ci trova d’accordo, perché è naturale che così sia per un ministro della repubblica.

Ma, allo stesso tempo, ci preoccupa. Perché, se è vero che il ministro sa e sapeva della realtà dei fatti e dei numeri, non ci spieghiamo come mai questa realtà in questi sette mesi non sia apparsa mai del tutto chiara e definita. Nemmeno leggendo e rileggendo il testo normativo della riforma delle pensioni. Infatti, in un primo momento si è parlato di soli 50 mila lavoratori interessati, poi la cifra è salita a 65 mila ma, ieri, infine, per una ammissione della stessa Fornero, è salita a non meno di 120 mila. Questo dubbio viene sciolto solo se si presta attenzione alle dichiarazioni del ministro: «la non imminenza del problema» relativo alle ulteriori quote, oltre i 65 mila, di lavoratori esodati «(che riguarda pensionamenti a partir dal 2014) e l’assenza di risorse finanziarie immediatamente reperibili in un bilancio pubblico già messo a dura prova da vincoli interni e internazionali hanno indotto a ritenere che lo si sarebbe potuto affrontare nei mesi successivi. Peraltro non già con decreto interministeriale bensì con uno specifico intervento normativo inteso ad estendere la salvaguardia anche a tali lavoratori».

Una settimana fa, su questo stesso giornale online (A pagare lo scotto della questione ‘esodati’ saranno ancora le imprese, L’Occidentale del 12 giugno), ho azzardato il sospetto che il problema relativo ai 145 mila lavoratori esodati, che dal 2014 potrebbero trovarsi con una domanda di pensionamento respinta dall’Inps per carenza di risorse, potesse finire con un generalizzato aumento del costo del lavoro, per via di una clausola di salvaguardia finanziaria già prevista del decreto Milleproroghe, e che a decretare questa soluzione al problema non sarebbe stato l’attuale ministro del lavoro (Fornero), ma quello futuro designato dalle Politiche del 2013. La dichiarazione della Fornero conferma il sospetto. Ancora una volta, in perfetto stile della politica del passato, si decide rinviando al domani il peso finanziario (e di tensione sociale) delle decisioni dell’oggi.

Il secondo fatto è relativo alla riforma del lavoro. Sempre ieri, Giorgio Squinzi ha affermato che "la riforma del lavoro, fatta così, è una vera boiata". La pesante critica, tuttavia, è ammorbidita dallo stesso presidente di Confindustria che subito dopo ha aggiunto "non possiamo che prendercela così". La vera boiata, francamente, appare un’altra, cioè il fatto di approvare qualcosa di non approvabile anche per ammissione del rappresentante delle industria italiane, per semplice esercizio di stile: consentire al premier Mario Monti di presentarsi al Consiglio Ue del 28 giugno con in mano un testo normativo che mai diventerà legge, perché un accordo politico ne sancirà le modifiche. Ancora una volta, in perfetto stile della politica del passato, si decide il nulla rinviando al domani le decisioni dell’oggi.

Fino a quando si potrà continuare a fingere, portando gli errori del passato a giustificazione delle carenze e della scarsità di risolutezza e decisione dell’attuale classe dirigente? Non sono un attento politologo e ho scarsa conoscenza del passato. Tuttavia, ricordo che, in altri tempi, un ministro della vecchia politica sarebbe arrossito, se fosse stato smentito dall’Inps.