Monti smonta il listone Fini-Casini (e forse Montezemolo)
01 Ottobre 2012
di L. B.
Quel “lasceremo ad altri il governo” suona come una iattura per chi come Casini e Fini solo ventiquattrore prima aveva annunciato con squilli di trombe il listone nazionale pro-Montibis. Il Prof. lascia intendere di non essere disposto a far da bandiera a nessuno, nonostante la frase fatidica che da qualche giorno agita le file del centrodestra e del centrosinistra: pronto a tornare a Palazzo Chigi senza passare dalle urne solo se il Paese ne avrà bisogno e se la politica me lo chiederà. Frase che il più montiano di Monti, Pier Ferdinando Casini, aveva subito raccolto e rilanciato, seguito a ruota da Fini, per mettere il cappello (politico) sull’agenda Monti e pure su quel 37 per cento di gradimento che gli italiani ‘sondati’ hanno espresso a favore di un secondo mandato tecnico.
Le parole del premier (ieri al Forum per la cooperazione) hanno l’effetto di una doccia fredda per i tanti che nei partiti della maggioranza si stanno muovendo, forse riposizionando, in vista della campagna elettorale. Ma la doccia fredda è soprattutto per il numero uno centrista e quello futurista che domenica ad Arezzo si era spinto oltre rivestendo i panni del leader politico e tracciando la direzione: lista nazionale con e per Monti.
Più prudente la posizione di Montezemolo che sul premier ha speso parole di elogio, pur tuttavia mantenendosi un certo margine di manovra nella prateria dei moderati. Casini prova a smorzare quando dice di non aver “bisogno di trincerarci dietro a lui perchè siamo sempre stati abituati a assumerci le nostre responsabilità”. Ragion per cui “presenteremo un programma con chiare opzioni programmatiche e con queste chiederemo agli italiani di darci la fiducia”.
Il punto è un altro: Casini che ha archiviato con un twitter il Terzo Polo (all’insaputa di Fini e Rutelli che lo hanno appreso poi leggendo il cingettìo casiniano) sa di non avere la forza sufficiente a intestarsi la leadership dei moderati e che il suo trend di gradimento elettorale continua a restare poco sopra il 5 per cento. Non è bastato togliere il nome dal simbolo del partito, tantomeno suonare la grancassa ai moderati delusi dal Pdl e dal Pd. Monti, evidentemente, è l’unica opzione in grado di tenere insieme quel ‘rassemblement’ di centro auspicato da Fini alla convention dei “Mille per l’Italia” e benedetto da Casini.
Forse, sono stati fatti i conti senza l’oste e ieri l’oste (alias Monti) ha ripetuto che non si candida e che è intenzionato a lasciare il governo ad altri. Mossa spiazzante, anche se secondo alcuni rumors di Palazzo, quella del Prof. potrebbe essere una tattica per non restare col cerino in mano; per non essere bruciato sul tempo e sul campo della politica; per restare super partes e non farsi tirare la giacchetta da nessuno. Un modo per freddare gli animi di chi dietro le insegne montiane prefigurava già trionfi elettorali e per ribadire che il se e il quando lo deciderà da solo. Pura tattica? Può darsi. Certo, a sei mesi dalle elezioni Monti non ha alcuna intenzione di restare sulla graticola dei montiani e degli anti-montiani.
E in effetti, il dibattito politico di questi giorni, sembra essersi avvitato sullo scontro tra le due fazioni. Scontro che, a ben guardare, tocca in modo trasversale il confronto all’interno dei partiti della ‘strana maggioranza’.
Nel Pdl il coordinatore nazionale Sandro Bondi "E’ impossibile per le forze politiche -ha argomentato il coordinatore del Pdl, Sandro Bondi- archiviare con le elezioni l’attuale governo. E’ necessario, sia pure correggendo gli errori che ci sono stati, proseguire l’opera intrapresa. In terzo luogo e’ difficile non riconoscere che a livello internazionale Monti e’ considerato una figura autorevole e di garanzia". Più diretto Franco Frattini per il quale tutto dipenderà dalla legge elettorale: se ci sarà un sistema proporzionale con le preferenze “allora ogni forza potrebbe correre per proprio conto, sostenendo i propri programmi che avranno in parte una base comune. A quel punto sarebbe possibile e naturale che a fare la sintesi tra i contributi di partiti e liste che si ispirano alla sua agenda sia Monti stesso. E sarebbe questo il passaggio attraverso il quale Monti da tecnico diventerebbe capo di un governo politico”.
Concentrato sulle priorità dell’offerta politica Gaetano Quagliariello, vicepresidente dei senatori Pdl, convinto del fatto che “il governo ha avviato una fase di rinnovamento che non va dispersa. Nell’ambito economico serve che il mondo moderato operi con più decisione a difesa del risparmio e delle iniziative delle famiglie, per tagliare il debito e per razionalizzare e diminuire la pressione fiscale”. Detto questo, aggiunge di non credere alla crescita per decreto perché “la crescita c’è se si pongono le persone nelle condizioni di investire e di intraprendere. Solo dopo questo percorso si pone la questione del Monti bis sì o no”. Insomma, prima la ricetta per l’Italia, cioè quale programma prevedere per il governo del Paese; poi la questione Monti-bis.
Il presidente dei deputati Fabrizio Cicchitto taglia corto sui commenti di giornata: “Allo stato l’ipotesi appare un’operazione virtuale. Da virtuale diventerebbe reale qualora Monti scendesse in campo alle prossime elezioni. Invece un Monti bis virtuale, ipotizzato alla vigilia di una campagna elettorale, ha il senso di proporsi nel caso di una situazione stallo in seguito ad un confuso risultato elettorale. Non si può fare a meno di sollecitare qualcosa di più chiaro e di più netto”. Netto il giudizio dell’ex An Altero Matteoli: “Chi non si presenta davanti agli elettori non è legittimato a guidare il governo del Paese. Nessuna preclusione personale per Monti ma senza il voto degli italiani nessuno può diventare presidente del Consiglio”.
Nel Pd, la pattuglia dei filo-montiani mostra segni di insofferenza rispetto alla chiusura di Bersani, ben riassunta ieri da Nicola Latorre, vicepresidente dei senatori democrat: “Nascondersi dietro Monti, che ha già dichiarato di non volersi candidare è un modo fin troppo evidente per dissimulare la debolezza di un’offerta politica. Monti ha svolto un lavoro prezioso per l’Italia, evitando al Paese di precipitare nel baratro. Le elezioni non saranno una seduta spiritica in cui evocare l’anima di chi non c’è. Saranno l’inizio di una nuova fase in cui torna centrale la politica democratica e governerà chi ha il consenso degli elettori”. Tutto l’opposto di ciò che da giorni vanno ripetendo il senatore liberal Giorgio Tonini e l’ex Margherita Giuseppe Fioroni. Il primo: “Chi meglio di Monti può incarnare l’agenda Monti e dare continuità alla ritrovata dignità internazionale dell’Italia?”. Il secondo: “Mi auguro che Monti faccia un altro regalo all’Italia” individuando “prima del voto i modi e le forme che ritiene opportuni per essere presente alle prossime elezioni”.
Non solo la politica: anche l’imprenditoria e il mondo sindacale si interrogano su quello che da una settimana sembra diventato il grande dilemma. Dopo l’endorsement di Marchionne sul Prof., ieri il leader di Confindustria Squinzi ha osservato che “non è una questione di persone perchè per governare una intera legislatura ritengo sia necessario un governo che abbia ottenuto una base elettorale maggioritaria”. Come a dire: se vuole tornare a Palazzo Chigi, si misuri nelle urne. Il Monti-bis piace invece al segretario della Cisl Bonanni secondo il quale per il quale “per avere stabilità nel Paese, serve alla guida del governo una personalità riconosciuta nel mondo, in Europa e in Italia. E di una personalità che gode di questo credito internazionalmente e tra i nostri cittadini ce n’è uno solo: Mario Monti”.
La partita non è certo chiusa ‘qui e ora’. La frase di Monti è chiara ma non è detto che sia definitiva. Un segnale interessante per mettere a fuoco meglio lo scenario pre-voto sarà il Forum dei cattolici a Todi al quale – solo un anno fa – hanno partecipato due personalità che un mese dopo hanno giurato da ministri nelle mani di Napolitano: Passera e Riccardi. Il primo in pole nel borsino del toto-premier; il secondo dato nella rosa dei papabili per la presidenza della Pisana (Regione Lazio) o per la poltrona più alta del Campidoglio.
Tutto, in attesa della legge elettorale. Nuova o vecchia?