Mosul, le forze irachene all’Isis: “Arrendetevi o morirete”
01 Novembre 2016
I primi militari iracheni, dichiara il generale Wissam Araji, dovrebbero essere già impegnati a Karama, nella periferia della città che lo Stato Islamico ha indicato coma la sua capitale irachena. Un collega lo smentisce: stiamo arrivando, ma non siamo ancora dentro Mosul.
A Bazwaya l’entusiasmo dei soldati della Golden Division è evidente: “Domani a Mosul, domani a Mosul”, ripete Mohamed, ventenne di Diyala. Le bandiere con il ritratto di Ali, cugino del Profeta, e di suo figlio Hussein, martire nella battaglia di Karbala, testimoniano il senso di rivalsa degli sciiti è un carburante potente per l’offensiva. Due anni fa la resistenza dei soldati governativi, in ampia superiorità numerica e di armamenti, si era liquefatta davanti all’avanzata di un gruppo non irresistibile di miliziani ben motivati. Adesso la situazione si è capovolta, gli uomini dello Stato Islamico sembrano intimiditi, circolano foto di jihadisti arrestati mentre cercano di fuggire all’accerchiamento vestiti da donna o nascosti nel doppio fondo di un furgoncino.
Ma la battaglia di Mosul non è per niente finita: lo scontro nella città è molto più difficile per un esercito che vuole comunque salvaguardare la vita del milione di civili presenti in città. Mentre ammoniva gli uomini dell’isis perché si arrendessero – “o morirete tutti”-, il premier Haidar al Abadi ha suggerito alla popolazione di chiudersi in casa.
Ieri le forze speciali irachene avevano preso il controllo definitivo del villaggio di Bazwaia, l’ultimo sulla strada Erbil-Mosul, l’accesso più diretto alla capitale dello Stato islamico, e il punto in cui le truppe si sono avvicinate di più in modo stabile. Secondo l’Intelligence dei Peshmerga curdi l’Isis ha cercato di contrattaccare con autobombe suicide ma è stato bloccato da missili anti-tank.
I curdi e il governo di Baghdad annunciano da giorni la sollevazione della popolazione di Mosul, uno sviluppo che renderebbe molto più agevole l’assalto al centro urbano, densamente popolato e fortificato, difeso da 6-7 mila jihadisti: un ostacolo molto più ostico rispetto ai villaggi in gran parte cristiani e curdi, quasi del tutto spopolati, che sono stati riconquistati finora.
L’idea di un lungo e sanguinoso assedio è stata paventata dallo stesso Al-Amiri: “Temiamo che Mosul possa diventare un’altra Aleppo, anche se speriamo che non succeda”. I jihadisti rimasti dentro Mosul sono combattenti esperti, addestrati e già votati al martirio. In più, sono totalmente privi di scrupoli nell’usare i civili come scudi o organizzare tutte le possibili trappole.