MPS, no Bce a proroga ricapitalizzazione. Titolo crolla, ora aiuti di Stato

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MPS, no Bce a proroga ricapitalizzazione. Titolo crolla, ora aiuti di Stato

MPS, no Bce a proroga ricapitalizzazione. Titolo crolla, ora aiuti di Stato

09 Dicembre 2016

La Bce ieri ha negato a Monte Paschi Siena la proroga di 20 giorni chiesta per chiudere a gennaio l’aumento di capitale da 5 miliardi di euro. Si rafforza quindi l’ipotesi di un intervento dello Stato che metterebbe sul piatto una garanzia tra i tre e i cinque miliardi di euro sull’aumento di capitale. MPS però continua a tenere aperta una porta alle soluzioni di mercato e ad una eventuale riapertura della conversione dei bond al pubblico retail: 40 mila risparmiatori (2 miliardi di obbligazioni subordinate) che fino ad ora non hanno potuto aderire alla conversione visti i paletti messi da Consob a tutela dei piccoli investitori. 

Da Mps fanno sapere di non aver “ricevuto alcuna comunicazione da parte della Banca Centrale Europea”, come comunica il Cda che si è riunito ieri pomeriggio a Milano. Ma la notifica del Consiglio di Vigilanza della Bce arriverà presto, serve qualche giorno per eventuali osservazioni del Consiglio dei Governatori. “La Banca prosegue pertanto tutte le attività propedeutiche al completamento” dell’aumento di capitale, afferma la nota, con il cda che è “stato aggiornato a domenica” alle 16. La decisione della Bce è stata anticipata da Reuters, ripresa da Bloomberg e successivamente confermata in Italia, scatenando una bufera in Borsa.

Mps ha chiuso con un crollo del 10,55%, a 19,5 euro, tra scambi pari al 7,7% del capitale ma sotto pressione anche finite anche alcune delle obbligazioni subordinate che potrebbero essere chiamate a contribuire al salvataggio dell’istituto. Il bond in mano ai piccoli risparmiatori ha registrato un calo dell’8,2%, a quota 50, metà del prezzo a cui è stato collocato allo sportello. Mps aveva motivato la richiesta di rinviare l’aumento con il “mutato contesto di riferimento”, cioè con l’avvio di una crisi di governo che rendeva impossibile ottenere impegni da parte degli investitori come il Qatar, che guarda al boccone italiani. 

La Bce dunque si mostra inflessibile non credendo quindi alla fattibilità del piano messo in campo. La necessità di mettere in piedi una rete di sicurezza che scongiuri il bail-in ha spinto l’amministratore delegato di Mps, Marco Morelli, e il presidente, Alessandro Falciai, a recarsi a Roma per incontrare il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, alla presenza degli advisor Jp Morgan e Mediobanca. Padoan si è poi recato a Palazzo Chigi per discutere con il premier dimissionario Matteo Renzi, alla presenza anche del ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, mentre Morelli e Falciai sono tornati a Milano per fare riunire il Cda. Mps potrebbe giocare un’ultima carta per scongiurare l’intervento dello Stato facendo partire l’aumento la prossima settimana. Se l’operazione fallisse non resterebbe che lo Stato. 

Ma a questo punto la palla passerebbe alla politica e si dovrà capire chi si assumerà la paternità di un decreto salva Mps. L’intervento dello Stato dovrebbe garantire tra i 3 e i 5 miliardi sull’aumento da 5 miliardi che Mps deve lanciare. Se anche questa operazione dovesse fallire, l’intervento pubblico seguirebbe la procedura Europea, che prevede il coinvolgimento di azionisti e obbligazionisti per rispettare le regole sugli aiuti di Stato. Una scelta che non sarebbe indolore, commentano gli analisti.