Mubarak usa la polizia ma la rivolta in Egitto continua in piazza e sul web
26 Gennaio 2011
Continua in modo inarrestabile il braccio di ferro tra dimostranti e governo in Egitto. All’alba di quello che le forze d’opposizione hanno denominato “il secondo giorno di collera” i militanti dei partiti antigoverno sono scesi nelle piazze di diverse città per chiedere a gran voce la fine del regime di Hosni Mubarak e condizioni di vita migliori.
La protesta di ieri, motivata dal rincaro dei prezzi oltre che dalla richiesta di democrazia, si è estesa a macchia d’olio in tutto il paese e già si fa il computo delle prime vittime: 5 considerando la morte avvenuta stamane di uno dei manifestanti che ieri aveva riportato delle gravi ferite durante gli scontri di 24 ore fa.
Ma l’esortazione continua dei dimostranti alla mobilitazione nazionale non si arresta. “Tutti devono recarsi a Piazza Tahir per impadronirsene ancora”, si legge sulla pagina del gruppo Facebook “Movimento 6 aprile” che guida le proteste. La replica del ministero dell’Interno egiziano non si è fatta attendere: “Non permetteremo alcun movimento provocatorio, raduni di protesta, marce o manifestazioni”.
Sì, perché la protesta esplosa violentemente ieri, ha trovato ancora una volta il suo punto di aggregazione sul web. A capire la forza dei social network è stato proprio il movimento giovanile raccolto nel profilo Fb, che conta più di 20 mila amici, e che ha veicolato le notizie sul movimento popolare sorto ieri sulla scia della recente rivoluzione tunisina.
Diverso è invece l’approccio al web dei partiti storici dell’opposizione egiziana. Sia i Fratelli Musulmani che il partito al-Wafd preferiscono comunicare attraverso i propri siti internet. E’ infatti sulla home page di al-Wafd che ieri è stata data la notizia della prima vittima degli scontri al Cairo. Così come è avvenuto in Tunisia, anche in questa nuova rivolta egiziana emerge con frequenza l’utilizzo dei video postati su Youtube come forma di contro informazione. E’ sulla più famosa piattaforma di video sharing del web che ieri è apparso il filmato nel quale veniva mostrato l’agente di polizia, ucciso dalla calca nel corso della manifestazione di ‘Maidan al-Tahrir’, mentre veniva portato in ospedale. Il potenziale pericolo rappresentato dal web in questa fase della vita politica egiziana è stato subito percepito dalle autorità del Cairo che ieri hanno cercato di oscurare molti siti di informazione locali.
A finire tra le maglie della censura preventiva egiziana c’è stato anche il social network Twitter che è stato oscurato nel paese arabo mentre erano in corso le manifestazioni, proprio per impedire la diffusione in tempo reale delle notizie provenienti dalle diverse piazze del paese. A un giorno di distanza, infatti, alcuni giornali locali mostrano foto di poliziotti che sparano ad altezza d’uomo o che caricano selvaggiamente i manifestanti. La diffusione di queste notizie in tempo reale tramite Twitter, quando cioè la folla era ancora in strada, avrebbe potuto rendere ancora più esplosiva la forza delle manifestazioni di ieri.
Per il Cairo le manifestazioni antigovernative rappresentano “una sfida spudorata” all’autorità dello Stato, sono le prime in 30 ani di regime del presidente Hosni Mubarak. E’ quanto ha sottolineato in una nota il ministero dell’Interno egiziano, stando a quanto ha riportato il sito web del quotidiano al-Masry al-Youm. Nella nota, il ministero ha invocato la fine delle proteste per evitare “ripercussioni negative sulla sicurezza pubblica”. In un commento rilasciato ai media egiziani, il ministro dell’Interno egiziano, Habib al-Adli, ha comunque precisato che la polizia “è stata in grado di dissaduere dal compiere violazioni della sicurezza”.
L’acuirsi della tensione in Egitto preoccupa gli Stati Uniti, il principale alleato del Cairo. La Casa Bianca ha esortato “il governo egiziano a recepire le aspirazioni del popolo portando avanti le riforme politiche, economiche e sociali che possono migliorare la vita della gente e aiutare l’Egitto a prosperare. Gli Usa sono impegnati a lavorare con l’Egitto e il popolo egiziano per raggiungere questi obiettivi”. Da Parigi il ministro degli Esteri Michele Alliot-Marie ha espresso rammarico “per le vittime”.
Si tratta insomma di una febbre contagiosa, difficile da contenere quella che si sta espandendo sulla sponda sud del Mediterraneo. Dopo aver coinvolto Algeria, Tunisia, Albania e Libano, il ‘virus rivoluzionario’ è tornato da dove aveva iniziato a propagarsi all’inizio dell’anno: in Egitto.