Mugabe non cede, ballottaggio in vista
10 Aprile 2008
di Anna Bono
In Zimbabwe, a 12 giorni
dalle elezioni del 29 marzo, ancora non si sa chi sarà il prossimo presidente
della repubblica. Gli unici dati disponibili restano quelli relativi alla
Camera bassa, diffusi il 3 aprile. Per la prima volta nella storia del paese, il
partito di governo del presidente Robert Gabriel Mugabe, l’Unione nazionale
africana dello Zimbabwe-Fronte patriottico (Zanu-Pf), ha perso la maggioranza
parlamentare totalizzando soltanto 97 seggi su 210, mentre la principale
fazione del partito all’opposizione, il Movimento per il cambiamento
democratico (Mdc) di Morgan Tsvangirai, ne ha conquistati 99, aggiudicandosi la
maggioranza relativa. 10 seggi sono andati alla fazione minoritaria dell’Mdc
guidata da Arthur Mutambara e infine un seggio è toccato a un candidato
indipendente.
Manca ancora la conferma
ufficiale dell’esito del voto per il Senato che è composto da 93 membri, solo
60 dei quali sono eletti dal popolo. Il 5 aprile la Commissione elettorale ne
ha assegnati 30 allo Zanu-Pf e altrettanti all’opposizione. Poiché i restanti
33 sono nominati dal capo di stato e dai capi tribali, si deve comunque
attendere la proclamazione del nuovo presidente per conoscerne i nomi.
Convinta che la Commissione
elettorale stia prendendo tempo in favore di Mugabe, l’opposizione, che
rivendica la vittoria al primo turno di Morgan Tsvangirai con oltre il 50% dei
voti, ha intrapreso la scorsa settimana un’azione legale presso la Corte
Suprema, chiedendole di ordinare alla Commissione di rendere immediatamente
noti i risultati. Ma la Corte Suprema, a sua volta, non si pronuncia e nel
frattempo la Commissione elettorale si difende spiegando di non aver ancora
ultimato il conteggio dei voti. Come se non bastasse, un suo componente ha
dichiarato che “sarebbe pericoloso se la Corte Suprema desse un ordine del
genere”.
Anche i passi
diplomatici tentati dall’Mdc non stanno dando grandi frutti. Tsvangirai è in
visita nei confinanti stati dell’Africa australe nella speranza di indurre i
loro leader a premere su Mugabe affinché si faccia da parte. Il 7 aprile, in
Sud Africa, ha incontrato Jacob Zuma, il nuovo presidente dell’African National
Congress, e due giorni dopo è stato ricevuto dal presidente dello Zambia, Levy Mwanawasa.
Ma i leader di governo africani sono sempre molto reticenti a prendere
posizione contro un loro collega in difficoltà, come dimostra il basso profilo
finora tenuto dall’Unione Africana. Il Sud Africa si è limitato a un invito
alla pazienza e lo Zambia si è rammaricato della situazione proponendo un
incontro straordinario degli stati membri della Comunità per lo sviluppo
dell’Africa australe per discutere del caso.
Intanto Mugabe non è
stato a guardare. Ha rispolverato la demagogia antioccidentale tuonando contro
i bianchi e le loro pretese sulle terre ancestrali africane e ha riarmato i
temibili “veterani” di guerra, le milizie al suo comando che nel 2000 invasero
le fattorie confiscate dal governo e aggredirono i proprietari che resistevano
all’esproprio. Pare che oltre 60 delle fattorie sopravvissute alla %E2