Mutui, la crisi di panico colpisce più le banche dei risparmiatori

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Mutui, la crisi di panico colpisce più le banche dei risparmiatori

Mutui, la crisi di panico colpisce più le banche dei risparmiatori

01 Ottobre 2007

Siamo nel bel mezzo di un attacco di “panico da risparmio” vecchio stile, in procinto di tramutarsi in crisi internazionale tranne che per una differenza fondamentale: i risparmi, e i risparmiatori, non sono il problema.

Malgrado le immagini dei clienti della Northern Rock qualche settimana fa, in fila di fronte alle filiali della banca inglese, in Europa e negli Stati Uniti il risparmiatore medio è tranquillo. La fiducia dei consumatori è stata ferita, prima di tutto nel Regno Unito, poi in Germania, e più recentemente nei Paesi Bassi; ma nessuno si affretta a ritirare il proprio denaro. I risparmi depositati restano in banca.

Sono piuttosto le banche a provocare il panico, oltre a soffrirne, e questo accade oramai da quasi un mese. In Russia, Spagna, Francia e Germania, così come negli Stati Uniti, le banche non concedono quasi più prestiti. Qualcosa alle grandi compagnie, molto meno al mercato monetario, e niente in assoluto l’una all’altra. Più questa situazione durerà, più diverrà grave. C’è un aspetto mancante dell’economia che dobbiamo sviluppare per rispondere alle domande che oggi le circostanze ci presentano: quando e come il famoso “breve termine” che gli economisti così spesso ci prospettano diverrà il “lungo termine” all’interno del quale vivremo? In parole più semplici, quando e come una mera insufficienza di liquidità diverrà qualcosa di più strutturale, andando ad intaccare gli scambi commerciali, il mercato internazionale e la produzione industriale? Keynes credeva che il punto di non ritorno sarebbe stato superato una volta che le compagnie avessero modificato i loro piani di investimento; e i dati sulla fiducia degli investitori resi noti questa settimana suggeriscono che i manager statunitensi stanno iniziando a rivedere i piani sottoscritti all’inizio dell’anno. Le compagnie stanno dunque smettendo di investire, e stiamo scivolando verso uno stallo della crescita?

La personale e cauta risposta che posso dare è “non ora, non ancora, forse mai”. Sono tuttavia consapevole del fatto che il mercato sia fin troppo vicino a sviluppi differenti e molto minacciosi. Il mercato finanziario viene spesso descritto come numerose tubature connesse le une alle altre, all’infinito. Il denaro “scorre”, i mercati sono “liquidi”. Ma i mercati finanziari vengono meglio compresi pensando alla trama di un tessuto: il credito intrecciato nell’economia industriale. Per essere precisi, il denaro non circola; piuttosto, se la gente ha sufficiente fiducia nei prezzi, nel valore economico e nella relativa stabilità finanziaria, allora è in grado di agire sulla base di tale fiducia e prende decisioni a lungo termine. I meccanismi del credito sono quindi “cuciti” nell’economia industriale attraverso pagamenti, commercio finanziario, revisione dei prezzi; ed attraverso l’altrettanto importante convinzione che le cose seguiteranno ad andare in un certo modo. Quando il tessuto è liso, ci sono guai all’orizzonte. Ora i mercati finanziari sono lisi.

Nello specifico, le banche in Europa e negli Stati Uniti stanno accumulando denaro, e non c’è molto che gli enti regolatori possano fare in proposito. Gli strumenti delle politiche monetarie sono stati concepiti per interagire con banche ben disposte a collaborare: solitamente, le banche si fanno riscontare dalla Banca centrale titoli di credito già presentati in precedenza, per poi intervenire sul mercato a favore del sistema creditizio. In questo momento però, le banche pensano solo a mettere da parte. La catena si è interrotta, e tutte quelle banche private – parecchie, a dire il vero – che sono giunte a dipendere dai finanziamenti wholesale stanno per affrontare serie conseguenze.

I rischi dei finanziamenti wholesale sono chiari già da tempo – gli analisti definiscono il denaro da essi risultante “sensibile alla fiducia”, perché sparisce nel nulla appena si prospettano guai all’orizzonte. Questa volta, la differenza è che molte banche, inclusa la Rock, hanno trovato quelli che a loro avviso potevano essere suoi durevoli sostituti: finanziamenti wholesale garantiti dai loro stessi beni. Solitamente, con l’espressione “obbligazioni garantite” si fa riferimento a titoli sorretti da beni dell’azienda; ora, le obbligazioni sono sempre più costruite sui mutui. Sfortunatamente, i problemi del mercato immobiliare negli USA, nel Regno Unito e ora in Australia – dove inizia a vedersi all’orizzonte un filo di fumo – hanno messo in discussione una gran parte di questi beni. Questo è male ma c’è di peggio.

Seguendo questa politica, le banche non si sono solo autofinanziate. Per aumentare i loro profitti, hanno creato strutture indipendenti -società fiduciarie – che le banche stesse finanziavano nello stesso modo. Ancora più grave, molte di queste fiduciarie erano finanziate a breve termine, con una data di scadenza di 120 giorni o inferiore. Gli analisti di Goldman Sachs stimano un debito pari a circa 1.200 miliardi di dollari, da rivedere ogni quattro o cinque mesi. L’intero affare è come un intero mercato di cambiali che fallisce.

Ci sono poche regole imprescindibili che governano il mercato finanziario. Una di esse è che è indispensabile avere un minimo regolamento di condotta, perché un mercato finanziario totalmente libero provoca rischi eccessivi e infine crollerà. Un’altra regola d’oro è che la leva finanziaria attira moltissimi imitatori. Entrambe queste nozioni hanno operato nell’ultimo decennio.

Dunque ogni grande manager in ogni grande banca del mondo -da JPMorgan alla Barclays, da Deutsche Bank alla Santander- ora guarda a questa situazione con un lieve senso di nausea. Ed accumula denaro, reso così prontamente disponibile nelle ultime settimane dalle banche centrali, perché quando arriverà il conto saranno chiamati a scegliere tra liquidazioni molto costose o prestiti forzati alle proprie creazioni.

C’è solo un modo per ristabilire l’ordine, quando i mercati sono così fortemente sottosopra. In primo luogo, le autorità devono in qualche modo riportare la fiducia; e in seguito, possibilmente molto più avanti, dovranno approvare regole severe che impediscano lo svilupparsi di questo tipo di leva finanziaria. Prima, ci si allontana dal precipizio; poi, si costruisce una staccionata.

Nella natura delle fiduciarie è insita la ripresa, e questo già sta lentamente iniziando ad accadere. Tuttavia abbiamo ancora di fronte parecchie settimane -forse mesi- di confusione. Niente ci insegna a comprendere il mondo della finanza meglio del caos, e questa classe in particolare è stata richiamata all’ordine in maniera indiscutibilmente chiara.