
Napolitano risponde a Mantovano: con il caso Visco non c’entro

02 Giugno 2007
di redazione
Lo scorso 25 maggio, il senatore Alfredo Mantovano ha inviato una lettera aperta al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, pubblicata anche da l’Occidentale, sulla vicenda Visco. Qualche giorno dopo il Capo dello Stato ha scritto una lettera di risposta a Mantovano. Qui di seguito potrete leggere questa risposta, firmata Giorgio Napolitano, e subito dopo un breve commento dello stesso Mantovano. Infine e per memoria troverete anche il testo della lettera aperta.
Gentile Senatore,
ha destato in me notevole stupore il contenuto della lettera-aperta che mi ha diretto e che è stata pubblicata su alcuni quotidiani lo scorso 25 maggio.
Anche per la sua esperienza di magistrato richiamata nella prima parte della lettera, Ella sa bene che il Capo dello Stato non dispone di poteri di iniziativa o di intervento su alcuno degli aspetti della vicenda relativa ai trasferimenti da Milano di alti ufficiali della Guardia di Finanza e alle modalità con le quali sarebbero stati disposti.
Spetta esclusivamente al Governo prendere in esame le condotte tenute dal Vice Ministro, On. Visco, e dal Comandante Generale della Guardia di Finanza, Gen. Speciale, e darne conto in Parlamento.
Altrettanto esclusivamente spetta alla magistratura prendere notizia dei reati eventualmente configurabili a carico di soggetti a vario titolo coinvolti nella vicenda, sia nella sua fase iniziale sia in quella conseguente alle dichiarazioni acquisite nell’ambito di procedimenti instauratosi davanti la Procura Generale di Milano.
Sono in fine i titolari dell’azione disciplinare (Ministro della Giustizia e Procuratore Generale della Corte di Cassazione) gli unici soggetti legittimati a stabilire se le espressioni che sul medesimo tema sarebbero state rese da magistrati rientrino tra quelle che la normativa vigente – con elencazione tassativa – configura quali illeciti.
Cordialmente
Giorgio Napolitano
Mantovano (AN): Quirinale sia garante della correttezza istituzionale
La circostanza che il Parlamento abbia competenza a legiferare, anche su testamento biologico ed eutanasia, non ha impedito al Presidente della Repubblica nel settembre 2006 di indirizzare una lettera a Piergiorgio Welby, sollecitando le Camere a intervenire in materia; allo stesso modo, la competenza in tema di rifiuti di varie istituzioni, differenti dal Quirinale, non ha precluso qualche giorno fa la sollecitazione di quest’ultimo a provvedere. Essendo superfluo ricordare che il Capo dello Stato è, in quanto tale, Capo Supremo delle Forze Armate e Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, pongo il quesito: nel momento in cui un Governo, come quello in carica, stabilisce nei fatti il principio che va punito, e quindi va estromesso, un Comandante di un corpo di polizia che legittimamente resiste a indebite pressioni di un esponente dell’Esecutivo, tutto ciò interessa o non interessa il Presidente della Repubblica, sotto il profilo della correttezza e del buon andamento istituzionale?
Alfredo Mantovano
Senatore della Repubblica
2, giugno 2007
Lettera aperta al Capo dello Stato
Sig. Presidente,
prima di svolgere attività politica ho avuto l’onore di lavorare per circa 12 anni nella magistratura ordinaria, svolgendo prevalentemente le funzioni di giudicante penale. Quell’esperienza mi ha insegnato che la parola di un pubblico ufficiale ha un peso superiore rispetto a quella di qualsiasi altro testimone; per disattendere quanto attesta l’ultimo degli agenti di polizia giudiziaria – soprattutto se l’attestazione è rivolta all’autorità giudiziaria ed è regalmente riportata a verbale – è necessaria una rigorosissima prova contraria. Il Comandante Generale della Guardia di Finanza non è l’ultimo degli agenti di polizia giudiziaria; ha reso dichiarazioni all’autorità giudiziaria; esse sono raccolte in un verbale; quel verbale è stato da lui sottoscritto. Quelle dichiarazioni sono per legge oro colato, fino a quando qualcuno non ne dimostri la falsità. Falsità che peraltro andrebbe dimostrata anche per le altre deposizioni di alti ufficiali della G.d.F., oggi pubblicate da quotidiani, che confermano i particolari esposti dal Gen. Speciale.
Sig. Presidente, il “coro muto” di chi attende che passi il tempo e che la gente si dimentichi, fa male alla Guardia di Finanza, alla magistratura italiana, a quella correttezza istituzionale cui Ella opportunamente richiama tutti con lodevole frequenza. In base a quali ragioni il Presidente del Consiglio, e con lui l’intero Governo, ritengono chiusa questa vicenda? Come può l’Avvocato generale di Milano, che ha raccolto le dichiarazioni del Gen. Speciale, sostenere che considerazioni come quelle che mi permetto di sottoporre alla Sua attenzione sono “polemiche pre-elettorali”? Rientra nei compiti della magistratura fare valutazioni del genere? O quei compiti non prevedono piuttosto avviare le indagini per accertare l’accaduto, nell’interesse di tutti, in primis del Vice-ministro Vincenzo Visco? Come è possibile che il Procuratore generale di Milano spieghi che non c’era motivo di indagare, dal momento che il Gen. Speciale aveva negato di essere vittima di un abuso d’ufficio? Da quando la qualifica giuridica di un fatto, e l’eventuale imputazione, competono alla presunta parte offesa, e non invece al magistrato?
E quando Visco obietta che gli ufficiali dei quali aveva ordinato il trasferimento sono rimasti al loro posto, delle due l’una: o la sua richiesta era illegittima, se non proprio illecita, e allora va punita (e in ogni caso il suo autore non può restare al Governo); o era legittima, e allora è il Gen. Speciale a dover essere punito, perchè non vi ha dato esecuzione. Come dicevano i nostri Padri, tertium non datur; aggiungo: et si daretur, tertium non est silentium! Per questo, Presidente, continuo a confidare nel Suo intervento, a tutela delle Istituzioni. Con ogni ossequio
Alfredo Mantovano
Senatore della Repubblica