Natale a Lampedusa tra immigrati e domande senza risposta

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Natale a Lampedusa tra immigrati e domande senza risposta

25 Dicembre 2013

A Natale siamo tutti più buoni e quindi anche più disposti a credere che il trasferimento di 196 immigrati rinchiusi nel Centro di accoglienza di Lampedusa verso altre strutture della penisola, dopo la protesta del parlamentare Pd Khalid Chaouki, sia un segno di "rispetto della dignità della persona umana". Ma dopo aver ascoltato la santa messa di Papa Francesco e aver pregato con lui per gli ultimi del mondo, dopo la telefonata di solidarietà della presidente della Camera Boldrini a Chaouki, ancora qualche dubbio su tutta questa storia aperta dal video choc di Lampedusa ci resta.

La protesta di Chaouki infatti ha fatto passare in secondo piano il ‘commissariamento’ della società che fino all’altro ieri gestiva il Cda sull’isola, una Srl che non era guidata da un pericoloso leghista bensì da un uomo proveniente dal mondo delle Coop, politicamente legato al Pd siciliano e un tempo fiero comunista e sindacalista. Per quanto ci riguarda abbiamo creduto giusto non esporre l’ormai ex amministratore delegato alla gogna buonista, ma per i vertici del Pd forse è arrivato il momento di fare una riflessione più articolata su luci e ombre del "mercato dell’accoglienza".

Detto questo ci chiediamo che fine faranno gli immigrati trasferiti da Lampedusa. Sappiamo infatti che nel corso degli ultimi anni per il Cda dell’isola siciliana sono transitati sia illegali sia richiedenti asilo. Per quanto riguarda gli illegali si tratta di persone che dovrebbero essere espulse o allontanate dal nostro Paese e quindi benvenga la discussione sulla riduzione dei tempi di permanenza nei centri che si sta sviluppando nelle ultime ore.

Il ministro Kyenge ha detto che grazie al decreto sulle carceri verrà "agevolata" l’identificazione "senza il passaggio alle strutture di trattenimento". Se stiamo parlando dei Cie, il processo di espulsione sarebbe semplificato effettuandolo già in carcere per chi ci sta.

Nei 6 Cie italiani ci sono attualmente circa 450 persone. In Gran Bretagna o in Francia non aspettano certo tempi biblici per consentire alle forze dell’ordine di eseguire il rimpatrio. Dunque si rispettino i tempi previsti dalla legge e si rimandi a casa chi non può restare in Italia.

Un inciso. A far gridare allo "scandalo nello scandalo" è stata anche la vicenda dei 17 profughi eritrei rimasti rinchiusi a Lampedusa dopo essere sopravvissuti al naufragio del 3 ottobre. Anche in questo caso però, al di là della inchiesta della procura di Agrigento, vale la pena chiedersi come mai così spesso sia difficile identificare chi scappa da regimi "nordcoreani" come l’Eritrea. Abbiamo ascoltato storie di immigrati che arrivano a bruciarsi le impronte digitali pur di non farsi riconoscere, ebbene, non sarà che in certi casi si vuole nascondere la propria identità per paura delle ritorsioni che familiari, amici e parenti subirebbero in patria alla mercè di regimi tanto democratici?

Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha detto che bisogna ripensare il binomio accoglienza/ sicurezza, e va bene, ma nelle ultime ore i fanatici della porta aperta devono aver frainteso il messaggio del premier, tornando a proporre la chiusura di tutti i centri, la abolizione della Bossi-Fini e del reato di clandestinità, e tante altre cose che, spiace dirlo a Natale, non ci sembrano affatto un regalo fatto agli immigrati che in Italia lavorano onestamente e sanno come integrarsi.

Il Governo italiano quest’anno ha raddoppiato i posti per richiedenti asilo e rifugiati, 16mila persone, compresi migliaia di siriani sfuggiti alla guerra civile. Nel nostro Paese sono arrivati 43mila stranieri. Vogliamo rimpatriare almeno i 450 illegali rimasti nei Cie? Molti italiani si sono commossi alla storia degli immigrati rinchiusi a Ponte Galeria che si sono cuciti la bocca per protesta. Ebbene, secondo il ministero dell’interno 3 di loro sono ex detenuti per spaccio e uno, l’imam, ha precedenti per rapina, lesioni e tentato furto.

Del resto conosciamo bene le prediche di certi imam, come quell’Abu Omar la cui storia fece tanto indignare i difensori pacifinti dei diritti umani. Lo scorso dicembre Abu Omar è stato condannato a 6 anni. Per terrorismo.