‘Ndrangheta: 47 arresti eccellenti tra i “colletti bianchi”
06 Novembre 2013
di redazione
Questa mattina si è conclusa l’operazione della Guardia di Finanza, su mandato della Dda di Reggio Calabria, denominata "Araba Fenice" che ha portato all’arresto di 47 persone tra cui noti professionisti e imprenditori arrestati perché accusati di collegamenti con la mafia. Sequestrate 14 società e beni per un valore di circa 90 milioni ed effettuate oltre 90 perquisizioni tra Calabria, Piemonte, Veneto, Lombardia e Puglia.
Alla guida della Euroedil c’era ufficialmente la commercialista Francesca Marcello, di fatto però, tutti gli affari erano curati da Giuseppe Stefano Tito Liuzzo, mafioso del quartiere Arangea di Reggio Calabria. La commercialista firmava ogni cosa che Liuzzo e i suoi gli chiedessero di firmare: acquisti, assunzioni, pratiche, bilanci ed era ripagata con lavori gratuiti in casa. Ora, quei favori, gli sono costati l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione e peculato. La guardia di Finanza ha così svelato i rapporti di avvocati, commercialisti, bancari e imprenditori con gli uomini dei clan reggini.
Il procuratore di Reggio, Federico Cafiero de Raho, ha spiegato che “non si tratta semplicisticamente di ‘ndrangheta ma della ‘ndrangheta più pericolosa, quella in giacca e cravatta che sporca il mercato legale, grazie alle complicità che da quello stesso mercato arrivano”. Le cosche colpite dall’operazione, tutte reggine ma operanti sul territorio nazionale, Ficara-Latella, Rosmini, Fontana Saraceno, "Ficareddi", Condello, Micolò Serraino erano dedite, in particolare, alla realizzazione e gestione di opere di edilizia privata, e responsabili dei reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, intestazione fittizia di beni, abusivo esercizio dell’attività finanziaria, utilizzo ed emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, favoreggiamento, peculato, corruzione, illecita concorrenza ed estorsione, tutti aggravati dalle modalità mafiose.
Secondo quanto scoperto dalla Comando della Guardia di Finanza, guidato da Alessandro Barbera, i clan erano in grado di ottenere informazioni riservate. La chiave d’accesso a certe stanze era garantita dall’avvocato Mario Giglio che incontrava gli esponenti delle forze dell’ordine per fornire informazioni preziose ai boss.