Ndranghetopoli a Taranto, in manette boss e 33 affiliati. “Ci prendiamo la città”
21 Giugno 2016
Taranto: la polizia ha sgominato un clan della malavita effettuanto 33 arresti sulla base di un provvedimento della DDA (Direzione Distrettuale Antimafia) emesso dal Tribunale di Lecce. Le accusa vanno da associazione per delinquere di stampo mafioso, concorso esterno in associazione per delinquere di stampo mafioso, tentato omicidio, estorsione aggravata dal metodo mafioso, rapina aggravata, detenzione illecita di armi clandestine, danneggiamento aggravato dal metodo mafioso e altro.
Le indagini erano iniziate dopo la scarcerazione di Cosimo Di Pierro, finito ai domiciliari per motivi di salute. Gli investigatori però hanno messo l’uomo sotto controllo, con intercettazioni ambientali e telefoniche, scoprendo che andava dicendo cose tipo “dobbiamo impossessarci della città”. Da queste indagini si è ricostruita quindi la trama di una vera e propria organizzazione criminale che poteva contare su una continua disponibilità di armi ed esplosivi e che aveva la capacità di imporre il ‘pizzo‘ a commercianti e spacciatori dei quartieri “Borgo” e “Solito” di Taranto.
Di Pierro, secondo gli inquirenti, poteva contare su numerosi giovani “fedelissimi” che ne rappresentavano il braccio armato. Per rafforzare il legame tra i sodali erano previste anche cerimonie di iniziazione e di affiliazione, sulla falsariga dei rituali della ‘Ndrangheta calabrese. Secondo gli investigatori, il rituale di affiliazione al clan era articolato in più fasi: vi era una prima fase in cui veniva recitato, come una litania, il testo propiziatorio, contenente i canonici riferimenti a Mazzini, Garibaldi e Lamarmora, seguito poi dalla “punciuta”, cioè il rito della puntura dell’indice della mano, con il sangue che viene adoperato per imbrattare un’immaginetta sacra a cui viene dato fuoco.