Neanche le Borse credono al piano Obama-Geithner

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Neanche le Borse credono al piano Obama-Geithner

11 Febbraio 2009

Il Piano Obama per il rilancio dell’economia americana è stato varato ma non si tratta solamente di quasi 850 miliardi di dollari. La cifra che sarà impegnata dal governo statunitense è pari a 2 trilioni di dollari.

A margine della votazione decisiva Timothy Geithner, il nuovo segretario al Tesoro Usa, ha spiegato i principali nodi del più grande piano di salvataggio di un sistema finanziario mai visto. «Il Financial Stability Plan è costoso, comporta l’assunzione di rischi e richiede del tempo» ha ricordato Geithner, successore di Henry Paulson. In effetti, sembra unanime la linea d’azione: anche Ben Bernanke, governatore della Federal Reserve, afferma che «per stabilizzare l’economia c’é bisogno di un’azione forte, anche se non ci sarà un risultato immediato». Ecco quindi che, insieme con il sistema di sviluppo dell’energia pulita ed il modello per la (ri)creazione di posti di lavoro, il Tesoro si mette in campo per salvaguardare il settore bancario. Due trilioni di dollari che però sono stati accolti malamente dal mercato, che ha subito forti ribassi a seguito dell’approvazione. Il Dow Jones in poche ore ha perso il 4,62%, gettando scompiglio anche in Asia, dove l’apertura dell’indice Nikkei è stata caratterizzata da una volatilità molto elevata.

Il piano di Geithner, che prende il nome di Financial Stability Plan (FSP) e sostituirà di fatto il Troubled Asset Relief Program (TARP) di Paulsoniana memoria, si articola su tre fronti: banche, credito al consumo e toxic assets.

Sul fronte bancario, ogni iniezione di liquidità sarà preposta alla valutazione tramite stress test del capitale della società richiedente. Se tale valutazione sarà negativa, quella banca non riceverà il finanziamento governativo. Sul versante del credito al consumo, si è deciso di ampliare il precedente Term Asset-backed Secutiry Loan (TALF), deciso dalla Fed nello scorso dicembre. In totale, la cifra destinata al sostenimento del mercato delle asset backed securities sarà di un trilione di dollari. Sempre a vantaggio del consumo, ulteriori 50 miliardi di dollari saranno impiegati nel processo di rinegoziazione dei mutui abitativi. Differente il discorso per l’ultimo fronte di azione, ovvero i toxic assets, gli strumenti finanziari inesegibili detenuti dalle banche e dalle società finanziarie. Attualmente si è deciso per la creazione di un fondo per l’acquisto di questi titoli, ma non si è ancora definita la sua natura, se pubblica, privata o mista. Si conosce solamente l’importo massimo erogato dal governo per quest’obbiettivo: 500 miliardi di dollari, ampliabili fino a 1000 miliardi. L’acquisizione di toxic assets tramite l’istituzione di una bad bank è l’ipotesi più accreditata, nonostante le critiche del mondo accademico ed industriale, americano e non solo.

Sul Corriere della Sera di oggi l’economista della Bocconi, Francesco Giavazzi, ricorda che con tutto quello che è stato speso finora, gli Stati Uniti avrebbero potuto riacquistare tutti i mutui americani (10,5 trilioni di dollari), garantendoli e salvaguardandoli attraverso la rinegoziazione degli stessi a tassi d’interesse più contenuti. Tal ragionamento è vero se si guarda a quanto ammontano gli interventi governativi statunitensi dal luglio 2007, quando è scoppiata la bolla. Sono infatti oltre 9 trilioni di dollari che, nel tentativo di arginare una crisi sistemica di proporzioni immani, hanno finito con l’acuirla ancora di più.

Il piano Obama-Geithner ha già trovato l’avversione delle borse, che navigano a vista (miope?) da oltre 15 mesi. L’impressione comune è che nemmeno uno strumento di tale portata riuscirà a traghettar fuori dalla crisi il sistema finanziario.