Negli Usa la ricetta contro la disoccupazione passa per il bisturi

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Negli Usa la ricetta contro la disoccupazione passa per il bisturi

25 Agosto 2009

Che cosa non si farebbe per ottenere un posto di lavoro in tempi di recessione. Ne sanno qualcosa gli americani, che di competitività sul lavoro la sanno lunga. Sono loro infatti ad aver trovato una risposta alla disoccupazione: riempire le sale d’attesa dei medici di chirurgia estetica. L’idea potrebbe sembrare scellerata, specialmente quando tutti gli indicatori parlano di ripresa lenta e faticosa, ma in realtà il nuovo trend ha un suo perché.

Le proiezioni negative non sono infatti riuscite a fermare gli amanti dei “ritocchini” dall’investire nella propria immagine ma, anzi, hanno indotto l’aumento della clientela. Un po’ perché si sa già che i ricconi di turno non vanno mai del tutto in bancarotta;  un po’ perché, secondo i dati dell’ “Academy of Facial Plastic and Reconstructive Surgery”, negli States sembrare più giovani e attraenti darebbe una mano consistente per riuscire a rientrare nel mondo del lavoro, una volta superata la crisi.

L’Academy rivela che circa il 75 per cento dei pazienti che si sono sottoposti a lifting negli ultimi tempi “lo fanno per restare competitivi nel mondo del lavoro”. Negli Stati Uniti, infatti, non è obbligatorio indicare la data di nascita nei curriculum di lavoro e, di conseguenza, la prima impressione è fondamentale. Ne sa qualcosa Francesco Bernardini, chirurgo di Genova, specialista in oculoplastica, e socio dell’ “American Academy of Ophtalmology” e dell’ “American Society Oculoplastic reconstructive surgery”: “Negli Stati Uniti, durante i colloqui di lavoro, l’apparenza è molto importante. Dimostrare meno anni quindi può essere determinante, visto che dopo una certa età si è tagliati fuori”.

Quando la ricollocazione sul lavoro è più difficile – specialmente per i cinquantenni o per le madri che, dopo tanti anni, decidono di riprendere a lavorare – presentarsi al colloquio con un aspetto giovane e curato può fare davvero la differenza. Ricorrere al bisturi non sarebbe più l’estremo rimedio quando le amatissime creme alle uova di caviale né le miracolose iniezioni di botulino non riescono a soddisfare la necessità di “sentirsi meglio con se stessi”, bensì l’anticamera della "bellezza artificiale". Un vero e proprio investimento economico a lungo termine, se è vero che i soldi spesi saranno recuperati grazie al nuovo lavoro. “La chirurgia estetica può anche migliorare l’autostima nelle situazioni lavorative facendo acquistare maggiore sicurezza in se stessi”, tiene a sottolineare Alessandro Gennai, chirurgo plastico di Bologna e socio dell’ “European academy of plastic surgery” (Eafps).

Fatto sta che, per ragioni occupazionali o per migliorare la propria autostima, il settore del bisturi non conosce la crisi. Lo dimostrano anche i dati di un sondaggio americano dell’E-Poll Market Research che confermano i numeri diffusi dall’American Society of Plastic Surgeons: il 63 per cento delle 1.000 intervistate tra i 18 e i 34 anni e il 73 per cento delle signore tra i 35 e i 49 anni giudica positivamente il ricorso agli interventi chirurgici destinati a correggere le imperfezioni del corpo e i segni del tempo. Le donne restano le clienti più assidue dei chirurghi estetici ma il 70 per cento di loro non avrebbe nulla da ridire se anche il partner si sottoponesse a qualche ritocchino. Nel 2008 i medici chirurghi hanno eseguito oltre 12 milioni di interventi di chirurgia plastica a scopo estetico, il 9 per cento in più rispetto all’anno precedente.

Anche in Italia il settore va a gonfie vele. A sottoporsi a interventi sono soprattutto donne, di età compresa tra i 35 e i 55 anni, appartenenti a tutte le fasce sociali. In aumento impiegate e insegnanti. Tra gli interventi più richiesti, la correzione delle palpebre superiori cadenti e la mastoplastica additiva (aumento del seno). Non mancano gli uomini, soprattutto trentenni, che prestano molta attenzione al viso: sono aumentati infatti i trattamenti di tossina botulinica, le blefaroplastiche (interventi nelle palpebre superiori) e i lifting endoscopici. Il maggiore incubo estetico dei maschietti sono le borse palpebrali inferiori e le rughe naso-geniene, quelle tra le guance e il naso. Secondo i sondaggi, poi, gli italiani sarebbero più propensi a tagliare le spese delle vacanze, dell’arredamento, del tempo libero, dell’abbigliamento, dell’auto e degli alimentari, ma non per l’estetica.

C’è poi chi va un po’ troppo lontano ed è disposto a tutto per realizzare fantasie infantili contribuendo, allo stesso tempo e senza badare a spese, al buon andamento del settore della chirurgia estetica. E’ il caso di Nileen Namita, artista 49enne che ha deciso di ricorrere alla chirurgia estetica per assomigliare alla regina Nefertiti: “Era da quando ero piccola che volevo assomigliare a Nefertiti” racconta oggi spiegando che, dopo un ciclo di psicoterapia (che, forse, non deve esserle servito di molto…), ha capito di “essere la reincarnazione della regina dell’Antico Egitto”. “Avevo delle visioni: riuscivo a immaginarmi dove viveva, le sue stanze, persino il cibo che mangiava”, ha spiegato Nileen. Una storia bizzarra che giunge da Brighton (Inghilterra) e che dimostra fino a che punto si può arrivare per modificare il proprio aspetto: Nileen ha infatti speso la bellezza di 200mila dollari per sottoporsi a 51 interventi di chirurgia plastica e rimodellare tutto il suo corpo in funzione dell’antica bellezza del Nilo. Tra le altre cose, si è fatta rifare il naso 8 volte, ha avuto 3 impianti al mento, 5 lifting agli occhi, 3 lifting al viso, 2 interventi alle labbra. Il tutto, nel giro di una ventina d’anni. Ma l’artista non è ancora soddisfatta: “I lavori sono ancora in corso, e prevedo altri interventi”.

Un annuncio che, almeno per il suo chirurgo plastico (e il suo borsellino), suona sicuramente come una buona notizia.