Nel decreto Sviluppo ci sono buoni strumenti per ridare fiato all’economia
05 Maggio 2011
Coniugare rigore e crescita. Un rompicapo che attanaglia Tremonti fin dal primo istante nel quale si è insediato a capo del dicastero di via XX Settembre e che si riassume in indicatore: debito pubblico/PIL. Il modo per risolvere il problema di come ridurre il numeratore è stato individuato già da tempo: riduzione del peso dello Stato nell’economia, da tradursi in una diminuzione del livello di spesa pubblica totale, attualmente in flessione ma pur sempre fisso al 49,8% del PIL, secondo gli ultimi dati forniti dal Fondo Monetario Internazionale. Un livello ancora troppo elevato.
Secondariamente, lotta senza quartiere alle politiche di deficit spending utilizzate in passato e che hanno portato all’accumulazione di uno dei più elevati stock di debito pubblico a livello internazionale. Su questa filosofia anche l’opposizione, notoriamente più vicina alle politiche keynesiane, ha dovuto riconoscere che il rigore dei conti diventa un dogma a cui si dovrà guardare nella gestione del bilancio pubblico dei prossimi decenni. Ciò che invece tormenta il Ministro è come far aumentare il denominatore. E l’inquietudine deriva dalla consapevolezza che l’azione pubblica rivolta allo sviluppo non può prescindere o da un aumento di spesa, oppure da un aumento delle entrate. Due azioni, però, che producono effetti negativi sul bilancio.
Ecco allora che il decreto sviluppo, varato oggi dal Governo, ha proprio l’intento di pensare a come aumentare questo denominatore. Analizziamo alcuni dei provvedimenti principali. Innanzitutto, le misure per l’incremento dell’occupazione. Viene previsto un credito d’imposta per agevolare le assunzioni nel Mezzogiorno, pari a 300 euro mensili per ogni lavoratore assunto a tempo indeterminato nei dodici mesi successivi all’entrata in vigore del decreto. Per le assunzioni a tempo parziale il credito d’imposta spetterà in proporzione alle ore prestate rispetto a quelle del contratto nazionale. Per quanto riguarda l’impatto sul bilancio, la copertura del fabbisogno per il triennio 2011-2013 verrà garantita dalle risorse dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale e del Fondo Sociale Europeo.
La seconda grande area di intervento riguarderà gli investimenti in ricerca scientifica. Anche in questo caso la misura prevista è quella relativa ad un credito d’imposta a favore delle imprese che investono in ricerca e innovazione coinvolgendo, mediante finanziamenti, Università, enti pubblici di ricerca, centri di ricerca oppure che, per lo stesso obiettivo, creano delle strutture interne. Il credito d’imposta è previsto in via sperimentale per il 2011 e il 2012, fruibile in tre quote di pari ammontare per ogni anno e verrà erogato per l’importo percentuale della parte degli investimenti in ricerca che eccede la media degli investimenti in ricerca effettuati nel triennio 2008-2010.
Altro grosso capitolo, quello delle opere pubbliche. Tremonti si è sempre lamentato di due cose: l’eccessiva invadenza delle norme di diritto amministrativo che dilatano a dismisura i tempi d’esecuzione delle opere e gli effetti collaterali sul bilancio delle cosiddette opere compensative, ovvero quelle non strettamente correlate all’esecuzione del progetto e che vengono realizzate per compensare le amministrazioni locali dai presunti disagi subiti. Una prassi tipicamente italiana, bollata dal Ministro con uno slogan "Il Ministero dell’Economia non è un bancomat".
Ecco allora che il decreto interviene su due fronti: semplificazione delle norme contenute nel Codice dei contratti pubblici e riduzione delle spese relative alle opere di compensazione. Per quanto riguarda il primo ambito, il testo del decreto prevede una stretta sulle cosiddette "offerte anomale" previste dalla UE per le quali verrà prevista l’esclusione automatica. Vengono inoltre ridotte le cause di esclusione dalle gare d’appalto per dolo o colpa, che fino ad ora sono inserite in un coacervo di articoli del Codice, riguardanti dichiarazioni sostitutive e informazioni, rilascio di certificazioni, rilevanza della posizione del socio all’interno della società. Nuovo termine anche per gli espropri, che viene elevato a sette anni. Via libera anche all’introduzione di nuovi bandi-tipo che le stazioni appaltanti dovranno approvare.
Per quanto riguarda il filone delle opere compensative, invece, cala la scure sull’ammontare erogato dallo Stato, ora fissato al 2 per cento dell’opera. Inoltre, tali opere dovranno essere strettamente connesse all’opera core. Tempi difficili quindi per gli amministratori locali che chiedono in cambio della costruzione di una strada o di una ferrovia nuove piste ciclabili, sottopassi, ponti e quant’altro. Se una opera è ritenuta fondamentale per lo sviluppo del Paese si farà al costo dell’opera. Lapalissiano.
Nuove norme anche in relazione all’edilizia privata. Anche in questo caso è prevista la semplificazione dei procedimenti amministrativi per l’esercizio dell’attività edilizia con l’introduzione dell’istituto del silenzio assenso per il rilascio del permesso di costruire da presentare allo sportello unico e dell’estensione della SCIA ad ambiti precedentemente coperti dalla DIA, nonché un nuovo piano di social housing da 2,7 miliardi di euro previsto per la costruzione di nuovi alloggi.
Sempre in riferimento all’obiettivo di alleggerire il peso della pubblica amministrazione nei confronti dei cittadini, un importante capitolo è riservato all’introduzione dell’illecito disciplinare nei confronti dei dipendenti pubblici che esercitano un eccesso di controlli nei confronti delle imprese. I controlli amministrativi, inoltre, effettuati sotto forma di accesso, dovranno essere unificati, semestrali e dovranno avere una durata massima di quindici giorni, eccezion fatta per i controlli relativi alla salute, alla giustizia e quelli volti a prevenire e fronteggiare situazioni d’emergenza.
Infine, nuove norme sono previste anche per i controlli amministrativi unificati, per limitare l’importo totale nella parte variabile delle remunerazioni dei banchieri, quando la Banca d’Italia lo ritenga necessario per il mantenimento di una solida base patrimoniale e la possibilità di rinegoziare i mutui casa fino ad un importo massimo di 150mila euro.
Nel complesso, il decreto prosegue sulla via della riforma amministrativa volta alla semplificazione dei procedimenti e alla riduzione dei costi, sia per gli operatori economici che per la pubblica amministrazione, dovuti alle lungaggini burocratiche attualmente esistenti. Un passo importante, in attesa dell’intervento più incisivo ed atteso, quello della modifica costituzionale dell’articolo sulla libertà d’impresa, che dovrà istituzionalizzare il principio secondo il quale le norme amministrative non devono costituire un vincolo ai soggetti che un’impresa vogliono costituire.
Importante anche il tetto sulle spese compensative, nonostante questa norma potrà creare delle tensioni tra Stato ed amministrazioni locali, che dovranno d’ora in poi trovare nel bilancio dell’ente territoriale i fondi per finanziare le opere in precedenza sovvenzionate dall’autorità centrale. Meno opere secondarie, più grandi opere, questa la filosofia del Ministero. Infine, l’ambizioso piano di social housing ricorda in un certo senso il famoso "piano Fanfani" di edilizia popolare del 1949, quando in una Italia appena uscita dalla guerra vennero costruite 75.000 abitazioni da assegnare a lavoratori, con effetti positivi sull’occupazione nel settore edilizio. L’obiettivo finale, come ricordato dal sottosegretario al Ministero delle infrastrutture e trasporti Mantovani, "è quello di ridurre il disagio sociale esistente attorno al problema casa".