Nel discorso di Obama al Cairo c’è una resa al terrorismo (di 200 anni fa)
24 Giugno 2009
Era dalla metà del Seicento che i pirati barbareschi dei possedimenti ottomani in Nordafrica taglieggiavano le potenze europee, e quando arrivarono le “grosse anatre” americane da spennare anche gli Stati Uniti. Navi sequestrate, equipaggi presi in ostaggio, lauti riscatti. Alla fine del XVIII secolo la situazione per gli Usa era diventata insostenibile. Il presidente Washington aveva cercato di trovare un accordo con gli stati barbareschi ma i suoi emissari erano stati puntualmente ridicolizzati.
Il futuro presidente Jefferson, che in quel periodo era stato inviato da Washington nel Mediterraneo per trovare una soluzione diplomatica alla crisi, comprese qual era la situazione e propose di creare una forza militare multinazionale fra le potenze europee e gli Usa per combattere il terrorismo di allora. Gli europei preferirono continuare a pagare il tributo ai “Barbary States”, un po’ come fanno oggi sotto altre forme. Qualche anno dopo Jefferson avrebbe guidato vittoriosamente la guerra dichiarata in modo unilaterale dagli Usa contro la pirateria islamica.
Nel frattempo al presidente Washington era succeduto il buon John Adams, citato da Obama come la stella polare della sua ricerca di un “terreno comune” con il mondo islamico. “L’Islam è sempre stato una parte della storia americana – ha detto Obama nel discorso del Cairo – Firmando l’Accordo di Tripoli del 1796, il nostro secondo presidente, John Adams, scrisse: gli Stati Uniti non hanno nel proprio carattere alcun sentimento di inimicizia verso la legge, la religione e la tranquillità del mondo islamico”. Il Trattato di Tripoli come modello di soluzione della questione palestinese e di quella iraniana, dunque. Ma le analogie storiche sono sempre pericolose.
All’epoca di Adams gli Usa pagavano una serie di tributi pari ad almeno 650.000 dollari ai Paesi berberi. Lo strozzinaggio comprendeva anche i riscatti (4.000 dollari per ogni passeggero) e un discreto quantitativo di armi in pegno. Le famiglie dei sequestrati aspettavano ansiosamente il ritorno dei loro cari sui moli di Salem, Newport e Boston. Il 10 giugno del 1797, Adams firmò il trattato di pace fra gli Stati Uniti d’America, il Bey e i rappresentanti dello stato barbaresco di Tripoli. Gli Usa si piegavano alle volontà del Pascià impegnandosi a pagare un’imposta che nel corso degli anni sarebbe progressivamente aumentata insieme agli equipaggi che continuarono ad essere depredati e presi in ostaggio. L’acquiescenza di Adams verso i pirati fu tale che, tre anni dopo i negoziati, il Bey di Tripoli poteva permettersi il lusso di catturare la fregata George Washington e di costringere il capitano ad ammainare la bandiera a stelle e strisce alzando quella barbaresca.
Su "New Republic", Martin Peretz ha mostrato come i pirati e gli stati che li proteggevano continuarono ad avere un atteggiamento sprezzante nei confronti del governo americano fino a quando gli Stati Uniti non decisero di usare la forza. Ci vollero 15 anni per sconfiggere il terrorismo nel Mediterraneo e il presidente Jefferson ci riuscì, a differenza della distensione proposta da Adams. I fatti e le date sono queste. Ma Obama se ne rende conto quando paragona il trattato di Tripoli al nuovo piano per il Medio Oriente? Come tanti professori al riparo delle loro cattedre, il presidente preferisce interpretare la Storia e farne una “narrazione” adatta a sostenere qualcuno dei suoi argomenti morali.