Nel dramma siriano ormai anche al-Qaeda gioca la sua partita di potere

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Nel dramma siriano ormai anche al-Qaeda gioca la sua partita di potere

03 Agosto 2012

All’inizio della rivolta in Siria, i ribelli dell’opposizione erano per la maggior parte soldati che avevano abbandonato l’esercito siriano per la causa popolare contro il regime di Bashar Al-Assad, e cittadini siriani. In seguito (e come c’era da aspettarsi) si sono aggiunti combattenti dalla Libia, dalla Tunisia e da altri Paesi nordafricani. E sempre più al-Qaeda gioca la sua partita in Siria. La lezione irachena.

Questo almeno fino alla fine del 2011, quando è diventato evidente che queste non erano più sole a combattere. Infatti il 23 Dicembre 2011, in occasione del duplice attentato da parte del gruppo qaedista chiamato Jabhat al-Nusra e che ha lanciato veicoli carichi di esplosivo contro l’Ufficio di Sicurezza siriano a Damasco, l’operatività di al-Qaeda in Siria si è mostrata in tutta la sua drammaticità. Il peggior attacco all’infrastruttura della sicurezza da parte dell’opposizione.

Da allora integralisti islamici, salafiti e jihadisti si sono riversati in Siria dallo Yemen, dall’Arabia Saudita, dall’ Iraq (numerosi siriani vi erano accorsi a suo tempo per cacciare gli americani ed ora i terroristi iracheni vanno a “ricambiare il favore” a quelli siriani, aiutandoli a rovesciare il regime di Assad) e  dalla Giordania. Gruppi che cresceranno e si rafforzeranno anche e soprattutto con la cacciata della dinastia al potere da 40 anni fino ad oggi in Siria.

Lo stesso successore di Bin-Laden, Al-Zawahiri ha esortato i musulmani di tutto il mondo (in particolare quelli di Iraq, Giordania, Libano e Turchia) ad accorrere in aiuto dei “fratelli” siriani che stanno cercando di abbattere Bashar Al-Assad, uno dei dittatori guardiano degli "empi regimi". 

Questi combattenti (si legge terroristi!) stranieri, sono per lo più mercenari che hanno esperienza nel fabbricare bombe e acquisito abilità in battaglia nei campi d’addestramento centro-asiatici e mediorientali, avendo partecipato soprattutto alla guerra in Iraq.  Per quanto riguarda la preparazione di attentati suicidi poi, da gennaio di quest’anno ce ne sono stati 10 in Siria, più molti altri non confermati.

Naturalmente i ribelli siriani sono consapevoli che la presenza di jihadisti potrebbe alienare il sostegno internazionale alla loro causa e hanno anche avuto dei contrasti proprio con elementi jihadisti per quanto riguarda temi sociali come il divieto o meno dell’alcol, e poi riguardo al rilascio di alcuni giornalisti stranieri.

Purtroppo i fanatici sono scaltri e non solo stanno cercando di convincere i ribelli laici di non essere una minaccia per loro ( avendo imparato la lezione in Iraq, dove il gruppo terroristico Anbar si è alienato le simpatie popolari), ma stanno anche riuscendo a tirarli effettivamente dalla loro parte. Infatti, tale è l’odio che nutrono per Assad ed il desiderio di rovesciarlo, che gli oppositori laici si stanno alleando con gli estremisti, incuranti o inconsapevoli delle conseguenze per la popolazione siriana.

Perciò l’amara verità è che, in questa sanguinosa guerra civile che sta travolgendo la Siria, non ci sono da una parte gli “eroici” rivoluzionari che combattono per la libertà e dall’altra il “tiranno” Assad. Non ci sono buoni e cattivi, ma solo civili inermi massacrati, come quelli dei giorni scorsi ad Aleppo, il cui assassinio è stato prontamente e giustamente denunciato da Amnesty International, dall’Onu, e del quale in rete stanno circolando le immagini, ma omettendo di puntare il dito contro i veri responsabili: gli integralisti islamici.

C’è la morte atroce, sempre ad Aleppo, di un dirigente della sicurezza siriana, tirato fuori a forza dal suo ufficio da parte di una banda di barbuti, pestato a sangue, fatto letteralmente a pezzi e crivellato dai colpi dei mitra e dei kalashnikov dei ribelli: anche il raccapricciante video di questa esecuzione sta girando su Internet. Sono scenari simili a quelli della Libia anche prima del linciaggio di Gheddafi.

L’amara verità, analizzano alcuni esperti, è anche che gli Stati Uniti e l’Occidente sono politicamente e materialmente responsabili di quanto sta accadendo in Siria ( e di tutta la “Primavera Araba”), sostenendo pure quella che la parlamentare italiana di origine marocchina Souad Sbai definisce senza mezzi termini “disinformazione pura”  e “inganno internazionale” sulla reale situazione.

“Disinformazione pura” e “inganno internazionale” di chi non vuole affatto la libertà, ma sta esportando l’estremismo islamico anche in quel Paese, dopo averlo fatto altrove nel mondo arabo.