Nel futuro di Marco Rubio c’è il Senato e forse la corona del GOP
26 Ottobre 2010
La domanda che ti devi porre è sempre questa: vuoi essere eletto per essere qualcosa oppure vuoi fare qualcosa?”. La giornalista di Fox News annuisce come fanno tutti i giornalisti, forse convinta, forse no. Ci sono candidati che cercano di convincerti a lungo nella speranza di muoverti a empatia e fiducia, senza mai riuscirci; e poi c’è il candidato che ci riesce al primo colpo. Una sola volta basta. Un bel sorriso e una faccia onesta. E non c’è niente in quella di Marco Rubio che ti possa far pensare a promesse non mantenute. Se poi a questo aggiungi dei tratti del viso gradevoli e una narrativa politica nascente, il gioco è fatto. E’ Marco Rubio il candidato repubblicano favorito alla conquista del seggio senatoriale della Florida, l’underdog che più di un anno fa ha lanciato il suo “fatti sotto”- bring it on- al governatore dello stato del sud, Charlie Crist.
“Non avrei mai creduto che un giorno avrei visto un conservatore nella parte dell’insorgente in una delle primarie repubblicane”, disse Rubio quando si rese conto che un certo establishment repubblicano gli tirava contro sostenuto da un sondaggio Mason-Dixon che dava Rubio a meno ventotto punti percentuali rispetto a Crist nella corsa alla nomination. “Vedrete, tra un anno analizzerete un quadro tutto diverso”. Rubio ha avuto ragione e ha vinto la sua sfida. Non solo ha conquistato la nomination repubblicana contro tutti i pronostici (facendo imbufalire Charlie Crist che a quel punto ha deciso di correre comunque da indipendente), ma secondo gli ultimi sondaggi si accinge a conquistare con un margine di almeno dieci punti percentuali il seggio senatoriale dello Florida. Crist, il governatore che due anni or sono John McCain aveva addirittura preso in considerazione come “running mate” alla Casa Bianca (preferendogli poi Sarah Palin) è oramai considerato una novità politica già da rottamare.
Per Rubio dunque è quasi certa la sua elezione al Senato, in quella Washington DC che il repubblicano definisce, nel suo spot elettorale più riuscito, “a mess”, un casino. Tra le sue proposte interessante quella di introdurre un limite costituzionale di spesa pubblica a livello federale (balanced budget amendement), già presente in alcune carte costituzionali di certi stati federati statunitensi (vi ricorda niente il dibattito? Il vincolo di pareggio di bilancio costituzionalizzato nella Grundgesetz tedesca? Ebbene, una cosa del genere). Rubio adora i tagli alle tasse dell’era Bush e vorrebbe estenderli a tutti i redditi, senza distinzione; si batte per ridurre il ruolo dello Stato federale nella vita economica e sociale della nazione e per questo non dispiace affatto al movimento del Tea Party, che anzi lo ha molto aiutato nel portarlo al trionfo in seno al GOP, senza che lui si trascinasse su certe posizioni estreme che caratterizzano il movimento. “Sono Repubblicano, mi sento Repubblicano e resto Repubblicano” ha recentemente ricordato, sottraendo un argomento a quanti, tanto in campo democratico che in campo repubblicano, erano pronti a etichettarlo come l’estremista del Tea Party.
Nonostante sia in campagna elettorale da più di un anno e mezzo, non è stanco. Anzi ammette, con la faccia da bravo ragazzo che lo contraddistingue, che si sente fortunato per il solo fatto di poter parlare con le persone ogni giorno e di poter spiegare loro quello in cui crede.
Marco Rubio è nato a Miami trentanove anni fa, da una coppia di rifugiati cubani che nel 1959 raggiunsero le coste statunitensi della Florida, lasciando Cuba alle loro spalle e con essa la sua tragica rivoluzione castrista. L’esperienza dei suoi genitori ha avuto un forte impatto sulle sua vita, e il candidato Rubio non ha paura di rammentarlo:” Mi ricordo quando abitavamo a Las Vegas e alcune persone insultavano i mie genitori, dicendo loro di tornare da dove venivano. Ma questa non è la migliore America, perché in molti, moltissimi casi, gli americani hanno saputo dare un’occasione ai miei genitori, hanno saputo aiutarli”. Non scorda suo padre che lavorava di notte come barman e sua madre che ha lavorato come donna delle pulizie negli alberghi. E certamente non scorda suo zio, a cui Rubio deve il suo interesse nella storia e la politica americana. "Ci leggeva i libri ad alta voce e noi tutti lo stavamo ad ascoltare".
Non ha paura di essere patriottico Marco, nonostante sia una americano di prima generazione. Anzi parte significativa della sua ‘narrativa politica’ enfatizza proprio il fatto che ”gli Stati Uniti sono la più grande nazione nella storia dell’umanità. E questo non per la forza delle nostre forze armate, o per la ampiezza delle nostre frontiere, ma perché questo è un luogo di compassione, dove le persone possono vivere le proprie libertà fino in fondo.”
Avvocato, laureato alla Miami University, sposato con una ex-cheerleader dei Miami Dolphins da cui ha avuto molti figli, Rubio è oramai l’astro nascente della politica statunitense in campo conservatore. Ha ricevuto molti, moltissimi endorsement di peso. Tra i più significativi quello di Jebb Bush, ex governatore della Florida, che lo considera “il genere di leader che il partito repubblicano dovrebbe avere. Un uomo capace di dare speranze. Un ottimista che non scorda i nostri principi. Non un pessimista, uno con solo un principio ispiratore ovvero quello di attaccare il Presidente. Rubio ha un messaggio basato sull’eccezionalismo statunitense. Il fatto che noi USA siamo un posto speciale. Non speciale per il nostro governo o chissà per cos’altro. Siamo speciali perché la nostra società remunera gli obiettivi raggiunti, l’iniziativa, la famiglia. E’ molto reaganiano se lo senti parlare. Penso che Marco Rubio ci aiuterà a rinnovare il partito, cosa che non è affatto scontata, anche nel caso di un buon risultato alle elezioni di midterm.” Non è questo un endorsement di chi lo vede già presidenziabile?
Anche il guru politico di George W. Bush, Karl Rove, lo considera un politico di razza, uno su cui puntare, tanto da essere finito sulla graticola dei media liberal statunitensi per essersi fatto distributore di fondi elettorali nelle sue disponibilità provenienti da corporations avverse alla Casa Bianca, donando somme alla campagna di Rubio. Politics is Politics! Il 2 novembre il Senator-to-Be Rubio sarà portato in trionfo nella Washington DC da raddrizzare e a cui bisogna far spendere meno. I suoi rapporti con Sarah Palin, l’altra icona repubblicana adorata dal Tea Party, non sono zuccherosi. Fanno campagna insieme, si aiutano contro l’avversario comune. Come evolveranno lo vedremo. Ma quali che saranno i risultati, che i repubblicani prendano uno o tutti e due i rami del Congresso, Rubio al Senato sarà una bella scommessa e una risorsa per un Grand Old Party che voglia tornare a vincere nel paese.