Nel gioco dei ministeri al Nord Bossi vuole incastrare il Cav. contro il Colle
29 Luglio 2011
“Ogni giorno ha la sua pena”, commenta un po’ sconsolato un dirigente pidiellino uscendo da via dell’Umiltà dove Alfano, nel suo primo giorno da segretario ha riunito il ‘gruppo delle regole’ per rilanciare il Pdl. La “pena” di oggi, per il Cav., si chiama Umberto Bossi che a ben guardare con la storia dei ministeri al Nord non solo si è messo di traverso a Napolitano ma sta mettendo in difficoltà il capo del governo nel suo rapporto istituzionale col capo dello Stato.
In effetti, sono giorni complicati per il premier: dopo la richiesta di ‘discontinuità’ arrivata dalle parti sociali sul versante economico, ieri la doccia fredda del monito di Napolitano sulla ‘creatura’ bossiana. Berlusconi si ritrova così a dover disinnescare un’altra mina che rischia di alimentare nuove frizioni tra Palazzo e il Colle. Il tentativo del Cav. in Consiglio dei ministri sortisce poco perché subito dopo Bossi rilancia che i ministeri stanno bene dove sono, cioè a Monza. Una posizione che evidentemente fa irritare e non poco il Quirinale, al punto da rendere noto il testo integrale della lettera di Napolitano a Berlusconi dove il presidente della Repubblica, sostanzialmente dice che esiste un regio decreto tuttora in vigore che stabilisce in Roma la capitale e la sede dei ministeri e del governo; la Costituzione peraltro dice la stessa cosa. Per Napolitano, poi, l’inopportunità dell’iniziativa voluta dalla Lega è tale proprio sul piano istituzionale perché non ce n’è traccia in Gazzetta Ufficiale e soprattutto perché non vi è stato alcun passaggio parlamentare.
Insomma, una bocciatura su tutti i fronti. Ai quali a tarda sera il leader dei lumbard replica confermando le dichiarazioni del pomeriggio: dice che in Costituzione non c’è scritto ciò che il Colle richiama e che i ministeri al Nord non si toccano. Di diverso dalle parole della mattinata ‘infuocata’ tra Palazzo Chigi e il Colle c’è solo il tentativo di smussare gli angoli quando sottolinea che la Lega sa tenere in considerazione il monito di Napolitano. Un modo per non buttare altra benzina sul fuoco che tuttavia fa alquanto sorridere perché non prima di una settimana fa era stato Bossi – in una delle fasi di disconnessione dal Cav. – a dire: meno male che c’è Napolitano. E non da ora ha sempre vantato una sorta di rapporto privilegiato, ovviamente da parte del Carroccio, con l’inquilino del Colle, vedi ad esempio quando si è trattato di far passare la riforma del federalismo.
Allora cosa è cambiato? C’è da considerare un fatto: per storia e tradizione il Carroccio riconquista il popolo del Nord quando ‘rompe’, spariglia il tavolo sul quale gioca. Con gesti eclatanti, frasi ad effetto, simbolismi. Da sempre la Lega nell’uno contro tutti si trova a proprio agio e se si considera che l’inaugurazione di due uffici nella Villa Reale di Monza non hanno poi così entusiasmato il popolo padano, è facile pensare che se si punta ad alzare il livello dello scontro e lo si fa direttamente col Colle, agli occhi del proprio elettorato si dà un’immagine diversa e si rafforza il valore e i simboli di una iniziativa. Il punto è che il Cav. non ha alcuna intenzione – né può permettersi, specie in questo momento – di aprire un nuovo fronte con il Quirinale per via di Bossi. Ieri ha provato a smussare gli angoli ma non è servito a granché. Ecco perché tra i deputati pidiellini in Transatlantico c’era aria di sconforto per il “clima d’assedio che stiamo vivendo”.
Difficile dargli torto: gli effetti della crisi economica internazionale, l’oscillazione dei mercati e le spinte degli speculatori da un lato, il caso Milanese che sfiora Tremonti il quale ieri sulla questione della casa ha scherzato dicendo “mi sono già dimesso da inquilino”, le intemperanze di un alleato che in questa fase sembra molto concentrato a giocare per conto proprio. E pure l’episodio della nomina di Belcastro (Popolo e Territorio, alias Responsabili) destinato agli Interni (al posto di Nitto Palma che ieri al Colle ha giurato da ministro insieme alla Bernini), alla fine è stato designato nel Cdm serale convocato apposta, all’Ambiente. Perché? Le voci che si rincorrono parlano di un pollice verso mostrato da alcuni ministri e in particolare dagli esponenti della Lega con in testa Maroni all’idea che un parlamentare senza esperienza possa andare a ricoprire un ruolo così delicato come quello al Viminale. Ma altri rumors parlano di un Carroccio intenzionato a portare a casa propria quella poltrona.
E il Cav.? E’ chiaro che senta il peso di tutta questa situazione – confidano alcuni fedelissimi – e tuttavia è determinato ad andare avanti. Certo, il rimpasto di governo (Nitto Palma-Bernini) è stata una mossa che gli consente di ridare slancio all’azione di governo (pure se ieri sul fronte della giustizia al Senato c’è stata bagarre tra maggioranza e opposizione sul cosiddetto ‘processo lungo’ sul quale il governo ha messo la fiducia e sul quale oggi voterà l’Aula).
L’altra mossa è stata quella di svincolare rapidamente Alfano da via Arenula per permettergli di occuparsi solo del partito. Ieri nel suo primo giorno al quarto piano di via dell’Umiltà, iniziato prestissimo alle 8,30 con l’esordio pure su facebook con la frase ‘ore 8, finalmente al partito a tempo pieno’, ha convocato il ‘gruppo delle regole’ annunciando una serie di iniziative che a settembre in poi daranno chiaro il segno della nuova fase (regole, appunto per l’elezione degli organismi dirigenti e la selezione delle candidature alle prossime amministrative, election day per scegliere i coordinatori provinciali, congressi locali, primarie, insomma porte aperte alla partecipazione). Ma la domanda è: sarà sufficiente tutto questo?