Nel Gop la stella Paul Ryan cresce sempre di più: Romney ha visto giusto
29 Agosto 2012
La corsa alla Presidenza degli Stati Uniti è cambiata improvvisamente e radicalmente con l’arrivo sulla scena di Paul Ryan. Di certo i democratici non hanno perso tempo nell’attaccare il nuovo candidato alla vicepresidenza. Non attraverso un dibattito o un’analisi delle idee e delle proposte del giovane rappresentate alla Camera dei Rappresentanti, ma con attacchi personali in certe occasioni and con ‘ads’, pubblicità che puntano a spaventare l’elettorato, principalmente quello indipendente e gli over 65. Ciononostante la statura politica di Ryan cresce di giorno in giorno.
C’è molta da dire a riguardo di Paul Ryan, una delle ‘Young Guns’ del partito Repubblicano. In numerosi articoli sull’Occidentale e sul blog di Magna Carta Londra abbiamo messo in evidenza l’operato di Paul Ryan ed il suo coraggioso Budget nel 2011 and in questo scorso Aprile. Non si tratta solo delle proposte legislative; ma è il suo modo di presentare, di discutere, la sua calma e sobrietà, la sua visione che colpiscono. È uno dei pochi politici che ha capito quale è il problema che affligge l’America (ed i paesi occidentali) – la montagna del debito pubblico e il ruolo eccessivo dello stato – ed ha un piano per risolverlo.
Molti si sono affrettati a dipingere Ryan come un radicale ed un’estremista. Persino Sergio Romano sul Corriere della Sera si è lamentato della fine dei moderati negli USA. Romano vede Ryan come un’estremista di destra. Curioso visto che alcune delle sue idee (come la riforma di Medicare verso un ‘premium-support system’) fino a dieci o quindici anni fa sarebbero state parte del lessico di quella che era la ‘terza via’ (di Clinton e Blair per ricordarsi). Ma anche se le sue idee fossero davvero ben a destra del cosiddetto ‘centrò, non c’è dubbio che Ryan è uno dei pochi politici con una visione ed un programma – che si sia d’accordo o meno sul contenuto.
Il Presidente Obama fino ad ora ha corso una campagna puramente negativa. Non sta facendo una campagna difendendo i suoi successi e le sue politiche ma solo attaccando il rivale: prima Romney sulle sue tasse, su Bain Capital e adesso Ryan sulla riforma della sanità ed i tagli alla spesa. Poche idée nuove, nessun concreto e realistic piano per risanare l’economia, niente proposte per ridurre il debito pubblico. Laddove propone qualche idea, queste sono semplicemente la continuazione delle politiche che hanno avuto poco effetto finora. Non è quindi difficile vedere come Ryan (e Romney adesso che lo ha scelto come vicepresidente) rappresentino il ‘ticket’ del cambiamento, della riforma, mentre Team Obama si erge a difensore dello status quo.
Il contributo di Ryan a questa corsa presidenziale è quindi stata molteplice. In primis egli ha dato un ‘raison d’etrè, una nuova vitalità alla campagna di Romney. Finora Romney era sulla difensiva e la sua campagna sembrava ridursi ad un referendum contro Obama. Con Ryan, adesso Romney ha un messaggio positivo, ha una storia da raccontare, ha un piano ed una visione per l’America.
In secondo luogo, Obama è adesso costretto a rispondere, si spera, con un suo piano. Finora Obama si è limitato ad una pura campagna negativa, per certi versi sporca (come lo sono tutte le campagne presidenziali in parte, incluse quelle dei Repubblicani ben s’intenda), senza una difesa di quello in cui crede, senza un piano per il suo secondo mandato. Adesso deve rispondere alla sfida lanciata dai repubblicani. È vero può vincere anche solo con una campagna negativa (è successo nel passato), ma sarebbe una vittoria di Pirro, seguita da quattro anni uguali agli ultimi due, passando da crisi a crisi.
Il terzo contributo è Paul Ryan stesso. Negli ultimi due anni è diventato volente o nolente il leader intellettuale del partito repubblicano. Non solo, è il migliore rappresentante delle idee della destra Americana ed uno dei migliori politici della nostra generazione. Il suo contributo si era già sentito nella camera dei rappresentanti ma adesso è sul palcoscenico principale – l’elezione presidenziale.
L’elezione adesso è diventata seria, adulta e fondamentale per il futuro dell’America. Adesso gli elettori hanno di fronte una scelta chiara sul futuro del loro paese. Non possono dire – come molti hanno fatto finora: ‘Obama ci ha deluso, non è il gran presidente che ci aspettavamo ma i repubblicani non hanno un candidato serio’. Adesso il partito repubblicano ha presentato una visione per l’America, che piaccia o meno: governo limitato, stabilità monetaria, regolamentazoni efficaci ma non eccessive, una politica che punta alla crescita attraverso incentivi agli individui, una politica estera che ripristini il ruolo degli Stati Uniti al centro del sistema internazionale.
La riforma sanitaria e la riduzione del deficit sono le due politiche primarie nei piani di Ryan e quindi attraggono la maggiore attenzione dei media e del pubblico. Ma Ryan non è semplicemente un ‘falco del budget’ con un interesse unico – ridurre il debito pubblico – ma ha una visione che va oltre: ridurre il debito, ridurre il ruolo dello stato, dare incentivi al settore privato,creare una economia forte e sana che sia la base per una solida politica estera che supporti il ruolo degli Stati Uniti come forza ‘indispensabile’ nel sistema internazionale. Si veda il discorso dell’anno scorso presso l’Alexander Hamilton Society. Si vedano i suoi numerosi interventi negli ultimi anni – Paul Ryan è per molti aspetti il successore di Reagan.
Sarà sufficiente per vincere? Difficile da prevedere. Adesso gli elettori Americani hanno una vera scelta ed un’onesta discussione sul loro futuro. Quello che sceglieranno avrà un impatto enorme anche qui in Europa, quindi c’è da augurarsi che scelgano bene.