Nel Grand Budapest Hotel di Anderson c’è una stanza anche per voi
12 Aprile 2014
Forse non tutti conoscono l’americano Wes Anderson e non sanno che artista geniale e immaginario egli sia. I titoli dei suoi film potranno dirvi qualcosa: Moonrise Kingdom del 2012 o Il treno per Darjeeling del 2007, oppure Le avventure acquatiche di Steve Zissou del 2004, o forse I Tenenbaum del 2001. Ma se non avete mai visto una sua pellicola, descrivere lo stile, la leggerezza, la fine ironia e la qualità del suo linguaggio cinematografico non è facile.
Sarebbe come tentare di raccontare il cinema del nostro Fellini o quello del finlandese Kaurismäki: dovete vedere i loro film per capirli fino in fondo e, come loro, le opere di Anderson hanno un’impronta singolare che li rende riconoscibili e inimitabili. Una buona occasione può essere questo The Grand Budapest Hotel che ha vinto l’Orso d’argento al Festival internazionale del cinema di Berlino.
Si ispira alle opere di Stefan Zweig, scrittore e drammaturgo austriaco, che in vita raggiunse fama internazionale e fu animato da sentimenti umanistici, ma fu vittima dei nazisti che nel 1933 bruciarono tutte le sue opere: un dettaglio importante per capire l’impostazione generale della storia e i riferimenti (ironici) al tema (serissimo) dell’immigrazione.
La trama è presto detta. A cavallo tra le due guerre, Monsieur Gustave H è il concierge di un leggendario albergo di un’immaginaria città mitteleuropea ma, di fatto ne è il direttore. Diventa amico di uno dei suoi collaboratori più giovani, Zero Moustafa, che diventerà il suo protetto. La storia coinvolge il furto e il recupero di un dipinto inestimabile e la battaglia per un enorme patrimonio di famiglia.
Sembrerebbe un film semplice ma è così ricco di temi letterari, di riferimenti, di giudizi storici, di critiche sociali e politiche che non è facile coglierli uno per uno. Il tutto avvolto da un gusto estetico originalissimo che fa dell’uso del colore il segno distintivo delle sue opere. Qui Anderson usa addirittura il formato della proiezione, che cambia tre volte durante il film, per un omaggio al cinema degli anni quaranta. Quindi, non pensate a un difetto della pellicola: si tratta di un riferimento a opere come Il grande dittatore di Charlie Chaplin o a Vogliamo vivere! (To Be or Not to Be) di Ernst Lubitsch ai quali si ispira.
Completa il fascino del film una galleria di attori famosissimi e straordinari: Ralph Fiennes, F. Murray Abraham, Adrien Brody, Willem Dafoe, Jeff Goldblum, Harvey Keitel, Jude Law, Bill Murray, Edward Norton, Tilda Swinton, Mathieu Amalric e molti altri. Allora, venite al Grand Budapest Hotel. C’è una stanza anche per voi. Il soggiorno sarà rocambolesco perché la fantasia di Wes Anderson è impetuosa e travolgente, ma vivrete un’avventura fantastica che non dimenticherete facilmente.