“Nel Lazio tifo Polverini, ma la sua candidatura denota le debolezze del Pdl”
14 Gennaio 2010
La voce decisa, le idee chiare e quel pelo sullo stomaco necessario per passare indenne tante legislature di questa Seconda Repubblica. Uomo dalle mille evoluzioni Mario Baccini. Ex Udc con lo sguardo sempre puntato lontano. Tra i promotori di quella CDL che portò Berlusconi sul trono per la seconda volta e regalò a lui il Ministero della Funzione pubblica. Mai fermo, mai domo, sempre deciso nel far sentire la sua voce. Pronto a lasciare l’ovile quando la convivenza con Casini non era più possibile. Candidato rivale di Alemanno nella corsa al Campidoglio, poi suo alleato per sconfiggere lo spauracchio Rutelli e ora attento osservatore dell’operato della nuova Giunta, cui non risparmia nulla. Ha sopportato il lento appassire della sua Rosa Bianca e poco dopo, da buon ex Dc, è saputo rispuntare come un fungo nella politica che conta. Cuore cattolico del Pdl e pronto sostenitore di Renata Polverini. Unica, per lui, in grado di mettere d’accordo le correnti moderate, ma anche simbolo della debolezza territoriale di un partito incapace di far valere le proprie ragioni.
Baccini, da ex militante dell’Udc, come spiega la scelta del partito di Casini di sostenere il Pdl nella candidatura di Renata Polverini alla presidenza della Regione?
Perché il programma del partito è molto chiaro: sostenere, sia a destra che a sinistra, tutti quei candidati che possano essere un terreno fertile per una futura alleanza nel post-Berlusconi. Non è una valutazione legata esclusivamente ad un doppio filo, come qualcuno vuole far intendere. La strategia del leader dell’Udc è molto chiara.
Quindi si mira a costruire un’alternativa di governo?
Esatto. L’appoggio una volta al centrodestra ed una volta al centrosinistra significa questo: alleanze strutturali, territoriali, regionali che possano servire un domani per una coalizione più omogenea.
Quale quadro politico si cela dietro la candidatura di Renata Polverini?
Intanto c’è una dichiarazione sostanziale di abdicazione dal ruolo politico della classe dirigente laziale. La designazione dell’ex segretario dell’Ugl, che io ho fortemente sostenuto, significa proprio questo: rinunciare ad una candidatura politica da parte del centrodestra laziale. E questo mostra tutte le difficoltà del ceto dirigente del Pdl della nostra regione a proporre un proprio uomo od una propria donna.
Lei lascia intendere che sul nome della Polverini possa non esservi una piena convergenza di opinioni da parte di tutti gli alleati.
La candidatura della Polverini è una supplenza utile, che porterà dei risultati utili. Ciò non toglie che la classe dirigente del Pdl del Lazio debba fare Mea Culpa.
Come sono politicamente interpretabili le candidature di Renata Polverini e di Emma Bonino alla presidenza della Regione Lazio?
Le designazioni di Renata Polverini per il centrodestra e di Emma Bonino per il centrosinistra evidenziano tutte le difficoltà di partiti ormai tali solo sulla carta, che non hanno più alcun riferimento territoriale. Parlo in particolare di quelli a livello regionale. Si tratta, a mio parere, del preavviso di un nuovo corso politico.
Quale sarà il contraccolpo della candidatura di Renata Polverini sul ruolo politico del Sindaco di Roma?
Appare evidente che la leadership di Alemanno subisce uno stop significativo. Perché con la candidatura di Renata Polverini ed, in particolare, con l’ingresso dell’Udc nell’alleanza di centrodestra per la regione, il ruolo del Sindaco risulta ridimensionato in modo sensibile.
Nelle elezioni regionali saranno decisivi i voti dei romani. Ritiene che quanto si sta facendo oggi a Roma con la nuova giunta possa risultare decisivo per spingere i cittadini della capitale a sostenere la candidatura di Renata Polverini?
Assolutamente no. Sono, invece, convinto che la candidatura della Polverini debba andare oltre il centrodestra, per cercare di raccogliere anche il voto dei cattolici che con la Bonino, ovviamente, non si ritrovano.
Lei si è presentato come candidato sindaco nelle ultime elezioni amministrative, segno del suo grande attaccamento al territorio. Da semplice cittadino come giudica l’operato della giunta Alemanno?
Siamo ancora all’anno zero. Mi sembra che al di là degli eccellenti risultati di alcuni singoli assessori, l’iniziativa della Giunta romana debba ancora vedere i suoi frutti. Non credo che in questo momento si possano portare all’incasso risultati positivi, spero che nel prossimo futuro si possa fare. In ogni caso diamo tempo al tempo, è ancora presto per stilare bilanci.
Il nuovo corso capitolino ha fatto della sicurezza il suo cavallo di battaglia, la direzione imboccata può essere quella giusta?
Tutte le iniziative per la lotta alla macro e microcriminalità vanno poste in relazione con l’operato del Ministero dell’interno, del Prefetto di Roma e delle forze dell’ordine. In questo campo non si possono dare particolari meriti o demeriti alla Giunta, considerato che relativi i compiti si svolgono, principalmente e con grande efficienza, a livello nazionale.
Con i fondi derivanti dal decreto “Roma Capitale” come cambierà la vita della città?
Più che fondi arriveranno molti immobili. Sono convinto che gestire una città come Roma non sia semplice, ma dall’altra parte sono sicuro che per farlo occorra uscire dall’ordinaria amministrazione e pensare in grande, mettendo al fianco dell’istituzione comunale personalità di spicco che abbiano una grande capacità progettuale, per volare più in alto di quanto si sia fatto sinora.
Quali questioni ritiene che possano accomunare il cammino di Roma e della Regione Lazio in futuro?
Sabato consegnerò mattina al candidato Presidente Polverini il resoconto del lavoro svolto in questi ultimi due anni in tutta la regione da Lazio 2010. Credo che si possa sposare una comune identità sia regionale che di Roma solo su un tema: l’ingresso deciso sull’economia sociale di mercato con l’obbiettivo di porre al centro del sistema il servizio alla persona, con minori costi e migliore qualità. Tutto il resto sono soltanto fantasie politiche.